Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3713 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. II, 15/02/2011, (ud. 22/12/2010, dep. 15/02/2011), n.3713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13173-2005 proposto da:

CAPITANERIA PORTO (OMISSIS) in persona del Capo del Circondario

Marittimo e Comandante del Porto pro tempore, MINISTERO

INFRASTRUTTURE TRASPORTI in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

e contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 67/2004 del GIUDICE DI PACE di SANT’ANGELO DI

BROLO, depositata il 24/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2010 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.G., legale rappresentante della società titolare dello stabilimento balneare “(OMISSIS)”, in comune di (OMISSIS), proponeva innanzi al giudice di pace di S.Angelo di Brolio opposizione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23 avverso l’ordinanza di ingiunzione n. 582/83 emessa dal Capo del Circondario Marittimo e Comandante del Porto di (OMISSIS) in data 3.11.2003, con la quale gli era stata irrogata la sanzione di Euro 1.032,29 per la violazione dell’arti 164 codice della navigazione, non avendo egli ottemperato a varie prescrizioni di un’ordinanza balneare del 12.6.2000, non avendo in postazione, il binoloco, VHF, battello di salvataggio completo di mezzo marinaio, gli estremi della concessione dal lato est, salvagente con 30 mt. di cima e cassetta di pronto soccorso.

Con sentenza n. 67 del 24.5.2004 il giudice di pace accoglieva l’opposizione, e, richiamando Cass. penale n. 361/99 (rectius, 5755/99), riteneva che la sanzione prevista dall’art. 164 c.n. il fosse inerente a trasgressioni delle disposizioni legislative e regolamentari concernenti l’uso del demanio marittimo, mentre nel caso di specie si trattava di violazioni di norme poste a tutela e salvaguardia della sicurezza e dell’incolumità di bagnanti.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre l’Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza e difesa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con unico motivo d’impugnazione.

La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con unico motivo d’impugnazione parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1164 c.n., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1.- Nell’ambito dell’art. 1164 c.n., che punisce chiunque non osservi una disposizione di legge o regolamento, ovvero un provvedimento legalmente dato dall’autorità competente relativamente all’uso del demanio marittimo, il bene demaniale noti rileva – sostiene nella sua fisicità, quale res materialis, ma per l’utilità economica o sociale da esso ritraibile, di talchè ogni volta che l’autorità regolamenti l’uso del bene il relativo provvedimento investe sempre le modalità attraverso le quali è lecito trarre dal bene il beneficio atteso, ed ha ad oggetto quelle attività umane che, per esplicarsi, necessitano l’uso – ordinario, speciale o eccezionale – del bene stesso.

Tutte le prescrizioni rivolte alla disciplina di queste attività sono dunque necessariamente prescrizioni sull’uso del bene, nel senso che, nello specifico in questione, disciplinare l’attività di gestione di uno stabilimento balneare vuoi dire disciplinare l’uso del demanio.

1.2. – La base giuridica dei provvedimenti come l’ordinanza emessa dalla Capitaneria di Porto di (OMISSIS), l’infrazione alla quale ha determinato remissione del provvedimento ingiuntivo, risiede nell’art. 30 c.n., che attribuisce all’amministrazione dei trasporti e della navigazione l’uso del demanio marittimo e l’esercizio dei relativi poteri di polizia. La reciproca relazione di rimando tra le due norme porta ad affermare che l’art. 164 c.n. sanziona, in sostanza, la violazione degli atti emessi in base all’art. 30.

A conclusioni non dissimili si perviene considerando il bene protetto dall’art. 164 c.n., comprensivo, oltre che del demanio in sè, anche di tutti gli interessi che a vario titolo sono implicati nel relativo uso, anche quando tali interessi riguardano la sicurezza e la salute delle persone.

Ulteriore conferma del fatto che anche tali aspetti siano considerati dalla disciplina in materia di uso dei beni demaniali, è dato da ciò, che l’art. 59 reg. att. c.n. dispone che il capo del circondario per i porti e per le altre zone demaniali marittime e di mare territoriale della sua circoscrizione, regola con propria ordinanza tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza dei porti, nonchè le varie attività che si esercitano nei porti e elle zone comprese nella circoscrizione.

1.3. – Infine, quanto al precedente di legittimità penale che ha orientato la decisione del giudice di prime cure, va osservato che esso è stato pronunciato quando l’art. 164 c.n. era norma incriminatrice penale, e che se in allora la soluzione accolta poteva sembrare più liberale, in un’ottica di “diritto penale minimo”, attualmente la situazione si inverte, perchè in mancanza di uno strumento sanzionatorio amministrativo, gli unici rimedi all’inosservanza dei provvedimenti legalmente adottati dall’autorità competente in materia sarebbero la revoca della concessione ovvero la sanzione prevista dall’art. 650 c.p., il che, conclude la parte ricorrente, appare un esito paradossale.

2 – Il motivo è fondato.

2.1. – Giova premettere che il precedente di Cass. penale n. 5755/99 si riferisce essenzialmente all’ipotesi di reato di cui all’art. 650 c.p. (contestata in quella fattispecie per l’inosservanza di un’ordinanza del Capo del Circondario Marittimo), la cui configurabilità fu esclusa sotto molteplici aspetti, e che solo da ultimo questa S.C. ebbe in allora a esaminare anche l’ipotesi della riconducibilità della fattispecie all’art. 164 c.n., ritenendo tuttavia che tale articolo si riferisse alle sole violazioni riguardanti disposizioni legislative o regolamentari, ovvero provvedimenti amministrativi concernenti l’uso del demanio marittimo (come nelle ipotesi, esemplificate sempre nella citata Cass. penale, dell’ingiunzione della Capitaneria di porto di sgombrare l’area demaniale marittima abusivamente occupata con opere murarie, oppure della violazione dell’ordinanza dell’autorità marittima che vieti la sosta di veicoli in zona portuale, o, ancora, ed in senso più generale, dell’inottemperanza di provvedimenti emanati in vista della tutela degli interessi pubblici relativi al demanio marittimo).

2.2. – Tale conclusione non pare condivisibile a stregua della presupposta nozione di uso del bene demaniale, che appare ingiustificatamente limitativa.

E’ noto che i beni demaniali sono suscettibili, oltre che di uso diretto per opera dello stesso ente (pubblico territoriale) proprietario, anche di godimento da parte della collettività, e in tale seconda ipotesi si suole distinguere tre diverse tipologie d’uso, ossia quello comune, che consiste nel godimento indifferenziato da parte dei componenti della comunità e che avviene in maniera conforme alla destinazione del bene; quello eccezionale, che si svolge in maniera non corrispondente alla normale destinazione e che sottrae il bene stesso all’uso comune per riservarlo, secondo un regime di eccezione, ad un soggetto determinato; e quello speciale, che pur essendo conforme alla normale destinazione del bene pubblico avviene in maniera più intensa a favore di determinati soggetti in base ad un titolo particolare, avente per lo più natura autorizzativa o concessoria.

In quest’ultima categoria di uso è compreso quello svolto attraverso l’attività di stabilimento balneare (cfr. C.d.S. n. 5566/06), che soggiace all’esercizio della polizia demaniale e al relativo potere di ordinanza previsto dall’art. 59 disp. reg. c.n., al pari di ogni altra forma di godimento del bene pubblico, incluso quello comune.

Ciò appare evidente sol che si consideri che l’uso speciale, non sottraendo il bene alla sua destinazione, ma implicando semplicemente un suo godimento più intenso da parte del soggetto destinatario del provvedimento permissivo, deve svolgersi in maniera compatibile con le residue possibilità di utilizzazione da parte della collettività.

Nella specifica ipotesi della concessione di stabilimento balneare, l’uso speciale in favore del concessionario deve contemperare, per sua stessa definizione, l’interesse di quest’ultimo all’esercizio di un’attività imprenditoriale e quello della generalità dei consociati a fruire di un comodo accesso al mare e dei servizi offerti dallo stabilimento stesso, di guisa che non è ipotizzarle l’attività del concessionario se non nel contesto del più generale uso comune del litorale balneabile. Ogni atto dell’autorità amministrativa competente per il circondario marittimo, emesso tanto in forma di ordinanza, quanto di provvedimento particolare e a destinatario predeterminato, mira a regolare le attività umane che implicano l’uso – sia speciale che comune, sia per fini economici che per finalità ricreative, salutari, di svago ecc. – del bene demaniale, in modo che l’una utilizzazione avvenga nel rispetto dell’altra e degli interessi reciprocamente sottesi.

Ciò è di particolare evidenza ove si consideri che l’uso speciale svolto dall’esercente uno stabilimento balneare, essendo retto da un provvedimento di tipo concessorio soggiace ad obblighi protettivi della sicurezza dei bagnanti, vale a dire di quella collettività di persone che sul medesimo bene esercita l’uso comune.

Proprio la pari inerenza degli atti di polizia demaniale ad ogni tipologia di uso, dimostra che l’attività amministrativa di governo del circondario marittimo incide su tutti gli aspetti dell’utilizzazione dei beni pubblici che sono compresi in esso, a tutela dell’interesse sia dell’ente proprietario, sia dei consociati, ed esclude, dunque, che l’art. 64 c.n. possa essere interpretato come norma posta a presidio della sola integrità del bene pubblico, e non anche delle persone che, a vario e legittimo titolo, ne fanno l’uso.

2.3. – Nè tale interpretazione può essere posta in dubbio in considerazione del fatto che le prescrizioni imposte dall’autorità amministrativa marittima hanno di mira soprattutto la protezione dell’integrità delle persone fisiche che si trovino in mare. Ciò non solo perchè la disciplina dei beni demaniali si applica, in quanto compatibile, al mare territoriale, benchè quest’ultimo costituisca res communis omnium (cfr. Cass. n. 848/75), ma anche in quanto l’autorità marittima ha il potere di imporre obblighi che incidono sull’uso speciale della spiaggia oggetto di concessione, subordinandolo all’osservanza di prescrizioni di tipo modale che obbligano il concessionario senza sospendere l’efficacia del titolo permissivo, obblighi la cui violazione non può che essere sanzionata ai sensi dell’art. 164 c.c., in base al piano raccordo con la norma dell’art. 30 c.n., attributiva dei potere amministrativo.

3. – Per quanto fin qui considerato, il ricorso va accolto.

Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice di pace, che si designa in quello di Milazzo, il quale riesaminerà la fattispecie attenendosi al seguente principio di diritto: “in materia di concessione di stabilimento balneare, i provvedimenti emessi dall’autorità amministrativa competente per il circondario marittimo nell’esercizio dei poteri di polizia demaniale previsti dall’art. 30 c.n., e art. 59 disp. reg. c.n., incidono tanto sull’uso speciale del concessionario, quanto sull’uso comune di ogni altro consociato, potendo riguardare tutti gli aspetti sia dell’utilizzazione del demanio marittimo propriamente inteso, sia dell’uso pubblico del mare. Pertanto, la norma dell’art. 1164 c.n., che sanziona l’inosservanza di disposizioni di legge o regolamento, e di provvedimenti legalmente dati dall’autorità competente in relazione all’uso del demanio marittimo, deve interpretarsi nel senso che la violazione sussiste anche nel caso di inottemperanza di prescrizioni imposte ai concessionari per la sicurezza, l’integrità o la salute delle persone fisiche”.

3.1. – Il giudice di rinvio provvederà, altresì, in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al giudice di pace di Milazzo, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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