Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3712 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 14/02/2020), n.3712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32200-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTENERO

SABINO, 30, presso lo studio dell’avvocato FRANCO AGOSTINELLI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MOLISANNIO SPA, V.F.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1511/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 10 maggio 2013 il Tribunale di Benevento rigettò l’opposizione proposta da P.A. avverso il d.i. n. 784/04, emesso su ricorso di Molisannio Mutua Scarl (cui è subentrata Molisannio S.p.a. per cessione di ramo di azienda, v. sentenza impugnata p. 6) e, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta avverso lo stesso d.i. da V.F., revocò nei confronti di quest’ultima il d.i. opposto, condannando la V. al pagamento di Euro 37.647,64 in favore della Molisannio S.p.a., condannò il P. a rimborsare alla V. il 50% della somma da questa dovuta alla predetta società e regolò le spese tra le parti.

Avverso tale sentenza P.A. propose gravame sostenendo che erroneamente il Tribunale avrebbe desunto la sua qualità di fideiussore dalla sola lettura dell’effetto bancario prodotto, da lui firmato “solo a seguito di estenuanti insistenze operate” dalla V., all’epoca ancora sua moglie, “per soddisfare necessità proprie della stessa”, evidenziando che agli atti non si rinveniva alcun contratto di fideiussione da lui sottoscritto e che la firma della cambiale avrebbe potuto “indicare una delle svariate figure sintomatiche individuate nei rapporti economici (avallante, terzo datore, accollo ed altri) che comportano effetti ben diversi tra di loro”. Dedusse l’appellante che, infatti, il suo nome non compariva nel piano di rientro legato al mutuo chirografario, in quanto le obbligazioni nei confronti della Molisannio sarebbero state assunte esclusivamente e personalmente dalla V..

Inoltre, sostenne il P. che il Tribunale avrebbe errato pure nel porre a suo carico l’obbligo di rimborsare alla V. il 50% di quanto da costei dovuto alla Molisannio S.p.a., asserendo che “una simile decisione verte sui rapporti personali tra gli ex coniugi che nulla hanno a che vedere con il rapporto principale” e che “gli accordi assunti in sede di separazione… non potevano essere trattati nel giudizio di primo grado”.

Molisannio S.p.a. si costituì chiedendo il rigetto del gravame mentre V.F. rimase contumace.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 29 marzo 2018, rigettò l’impugnazione, condannò l’appellante alle spese di quel grado e diede atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello versato per l’appello, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

Avverso la sentenza della Corte di merito P.A. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva preliminarmente il Collegio che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.), di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile (come nella specie, v. p. 4), appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti (come nella specie, risultando il ricorso notificato a V.F. presso l’avv. Togo Verrilli indicato come difensore e domiciliatario, laddove, invece, dalla sentenza impugnata la medesima risulta contumace in quel grado), la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso alla V., atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. 8 febbraio 2010, n. 2723; Cass., sez. un., 22 marzo 2010, n. 6826 e Cass., ord., 13 ottobre 2011, n. 21141; Cass., ors., 4/07/2019, n. 17900).

2. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1284,1346 e 1815 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il ricorrente sostiene che: 1) le clausole di determinazione degli interessi corrispettivi sulle rate di ammortamento scadute non prevedevano criteri prestabiliti tra le parti ed elementi estrinseci obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse; 2) nel caso all’esame V.F. possedeva la copia contrattuale senza l’indicazione del tasso di interesse, come risulterebbe dagli atti del primo grado di giudizio; 3) il Giudice di prime cure non avrebbe approfondito la questione, tanto da incorrere nelle lamentate violazioni.

Assume il ricorrente che, a sua volta, la Corte di appello aveva ritenuto che “… per di più, la società ricorrente ha anche prodotto copia del contratto chirografario di mutuo stipulato con V.F., sottoscritto come garante anche da P.A. (nello spazio sottostante all’indicazione “firma del coniuge per obbligazione solidale” e, ancora, per approvazione delle clausole ex art. 1341 e 1342 c.c., sotto l’indicazione “firma degli avallanti”)” senza preoccuparsi minimamente delle nullità emerse nel corso del giudizio, sia sul rapporto fideiussorio (ad avviso del P., inesistente) sia sull’ordinaria diligenza della Molisannio per l’erogazione del mutuo chirografario e soprattutto sulle contestate pattuizioni degli interessi, parte integrante e necessaria del contratto.

2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non essendo stato riportato il tenore delle clausole contrattuali cui si fa riferimento nel motivo nè essendo stato precisato quando il contratto in cui le stesse sono state previste sia stato prodotto e dove esso sia attualmente reperibile (l’indicazione “atti del primo grado”, di cui al motivo in parola, è generica).

3. Con il secondo motivo si lamenta “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

Sostiene il ricorrente che il Giudice di prime cure, basandosi solo su alcune emergenze processuali e sorvolando su altre risultanze probatorie, avrebbe fornito una ricostruzione della vicenda oggetto della controversia non corretta. Infatti, secondo il ricorrente, il Tribunale e, successivamente, la Corte di appello non si sarebbero pronunciati sulla nullità delle clausole, parte integrante del contratto di mutuo chirografario e della fideiussione, ma, al contrario, avrebbero avallato situazioni incerte emerse nel corso di causa su una questione sostanziale e non marginale, penalizzando il P., che non avrebbe avuto alcun tipo di rapporto diretto e personale con la Molisannio S.p.a. e si sarebbe ritrovato, tuttavia, con un debito illegittimo di dimensioni insostenibili.

Inoltre, secondo il ricorrente, nel motivare la sentenza affermando che “… a fronte di tale impegno contrattuale, specificatamente riferito ai rapporti in corso con la società anzi detta, le argomentazioni svolte dall’appellante sono del tutto inconferenti: se l’accordo raggiunto in sede di separazione consensuale attiene ai debiti contratti da V.F. con la società sopra indicata, la sede per far valere l’impegno assunto dal P. non può che essere quella giudiziale nella quale la società agisce per il recupero dei propri crediti…” la Corte territoriale avrebbe errato, “in quanto una simile decisione risulta insufficiente e contraddittoria, vertendo su rapporti personali tra ex coniugi, nulla a che vedere con il rapporto principale. Gli accordi assunti in sede di separazione non potevano, infatti, trovare ingresso nè accoglimento nel predetto giudizio, in lapalissiano conflitto di giudicato”.

3.1. Il secondo motivo è parimenti inammissibile, in quanto con lo stesso il ricorrente, lungi dal proporre delle doglianze nel rispetto del paradigma legale di cui al novellato art. 360 codice di rito, n. 5, ripropone, come peraltro chiaramente indicato già nella rubrica del motivo all’esame, inammissibilmente lo stesso schema censorio del n. 5, nella sua precedente formulazione, inapplicabile ratione temporis.

A quanto precede va aggiunto che il mezzo all’esame difetta pure di specificità per le medesime ragioni già evidenziate in relazione al primo motivo.

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

5. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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