Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3711 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 11/10/2020, dep. 12/02/2021), n.3711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11898-2019 r.g. proposto da:

A.A. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Roberto

Ricciardi, con cui elettivamente domicilia in Caserta, Viale Lincolm

n. 77, presso lo studio dell’Avvocato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro, rappresentato e difeso, ex

lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, depositata in

data 12.3.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 dal Consigliere Dott. AMATORE Roberto.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da A.A., cittadino del Ghana, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bologna, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato a (OMISSIS), nel Ghana; li) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese, perchè, incolpato dell’incendio colposo di un campo, era stato minacciato di morte dal proprietario del fondo dato alle fiamme.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e contraddittorio, anche sulle riferite modalità di fuga dal Ghana e di imbarco dalla Libia per approdare sulle coste italiane; b) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva in radice tale possibilità.

2. La sentenza, pubblicata il 12.3.2019, è stata impugnata da A.A. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di omessa ed insufficiente motivazione, nonchè di omesso esame di circostanze decisive, con violazione del dovere di cooperazione istruttoria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 10 Cost., comma 3, della direttiva 2011/95/UE, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c..

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 Il primo motivo è inammissibile perchè non censura in alcun modo la ratio decidendi posta a sostegno della decisione di diniego della richiesta protezione internazionale, anche in relazione alla richiesta protezione sussidiaria, e della invocata protezione umanitaria, e cioè il giudizio di non credibilità del racconto, avendo in realtà il ricorrente proposto censure, incentrate sulla lamentata violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria officiosa, censure, dunque, del tutto decentrate rispetto alle ragioni e alle argomentazioni adottate dalla corte felsinea per rigettate la richiesta tutela protettiva.

4.2 Il secondo motivo di censura è del pari inammissibile perchè articolato con valutazioni in fatto, peraltro solo genericamente riformulate, volte a richiedere a questa Corte di legittimità una rivalutazione del merito della decisione, tramite la rilettura degli atti istruttori, scrutinio quest’ultimo che – come è noto – è inibito a questa Corte.

4.3 II terzo motivo è inammissibile perchè del tutto avulso da un critica mirata al provvedimento impugnato, contenendo peraltro riferimenti al giudice impugnato (“giudice partenopeo”) e alla situazione soggettiva del richiedente (“regime di apartheid”), che evidenziano una errata lettura del provvedimento impugnato da parte del redattore della odierna impugnazione.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

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