Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 371 del 13/01/2021

Cassazione civile sez. I, 13/01/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 13/01/2021), n.371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23125/2015 proposto da:

Therapic Center, in persona dell’amministratore pro tempore,

domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

Saetta Concetta, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASL NA (OMISSIS), in persona del commissario pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Isonzo n. 42, presso lo

studio dell’avvocato Antonella Puoti, rappresentata e difesa

dall’avvocato Carlo Puoti, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2996/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

7/10/2020 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza 2996/2015 del 2.7.2015 la Corte d’Appello di Napoli, attinta in gravame dalla Therapic Center s.r.l., ha confermato il deliberato in prima istanza con cui era stata accolta l’opposizione proposta dalla Azienda Sanitaria Locale Napoli (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo fattole notificare dalla Therapic al fine di conseguire il pagamento del conguaglio dovuto a fronte del 35% delle prestazioni specialistiche effettuate in favore di assistiti dell’ASL nei mesi di (OMISSIS).

Rigettando l’appello – inteso a denunciare l’erroneità dell’impugnata decisione per aver legittimato l’applicazione retroattiva della regressione tariffaria in guisa della quale l’ASL, facendo rilevare il superamento del tetto di spesa accordato all’istante per l’anno 2007, aveva potuto opporre un proprio controcredito di maggiore importo il giudice territoriale, richiamandosi alla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha affermato che “in ragione del carattere autoritativo e pubblicistico della potestà programmatoria regionale, il ritardo negli adempimenti di natura procedurale, quale quello dedotto in causa, non esclude la potestà dell’amministrazione di applicare la regressione tariffaria allo scopo di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati, nè comporta l’obbligo, per la amministrazione sanitaria, di acquistare prestazioni sanitarie impiegando risorse superiori a quelle disponibili, permanendo, fondamentale ed ineludibile, la esigenza del contenimento della spesa pubblica sanitaria nei limiti fissati dalle delibere regionali di programmazione”.

Per la cassazione di detta decisione la Therapi si vale di due motivi di ricorso, ai quali resiste l’intimata con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente reitera la doglianza già rapportata al giudice d’appello ed insiste, denunciando la violazione dell’accordo inter partes e delle norme di fonte regionale disciplinanti la materia, sulla lesione del principio di affidamento cui darebbe seguito l’applicazione retroattiva della regressione tariffaria a fronte dell’obbligatorietà dell’attività prestazionale e della conseguente erogazione di essa in favore degli assisiti. “Al contrario di quanto sostenuto nella sentenza gravata, la medesima A.S.L. da un lato si è resa inadempiente rispetto agli obblighi procedimentali assunti in relazione al rispetto del tetto di spesa, dall’altro lato ha continuato ad autorizzare le prestazioni presso strutture private, quindi, acquistando prestazioni sanitarie superiori alle risorse disponibili per poi pretendere la restituzione del pagamento di tali prestazioni, ad esercizio già ampiamente concluso, in quanto ha adottato tardivamente le regressioni tariffarie ben oltre un anno dopo la chiusura dell’esercizio di riferimento, in violazione dello schema contrattualistico di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992”.

3.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

3.2. Inammissibile si rivela nella prima allegazione poichè esso, senza confrontarsi con le ragioni della decisione, ripropone in questa sede le medesime censure già vagliate e disattese dal giudice del gravame. Onde se ne impone la regolazione alla stregua del dettame secondo cui “con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poichè in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4″ (Cass., Sez. I, 24/09/2018, n. 22478).

3.3. Infondato è invece nella seconda allegazione. Come questa Corte ha già avuto occasione di affermare in relazione ad una vicenda in cui la medesima questione era stata dedotta sotto il profilo della violazione del canone della buona fede, “la ricorrente in realtà non contesta di aver superato i tetti di spesa, e dunque non contesta che, in base alle determinazioni regionali, ha diritto ad una somma minore di quella pretesa inizialmente. Solo ritiene che questa regressione del suo credito è stata comunicata con ritardo, dunque si duole di una negligenza che comunque non incide sull’ammontare di quanto effettivamente spetta a rimborso delle prestazioni sanitarie. Con la conseguenza che la tardività della comunicazione non ha sacrificato l’interesse della ricorrente al corrispettivo, che, si ripete, era quello oggettivamente rientrante entro le soglie, e non altro; e quel corrispettivo è rimasto tale anche se la comunicazione della decurtazione non è stata tempestiva. La eventuale violazione dell’obbligo di buona fede… non è affatto in contrasto con il programma contrattuale, ossia con gli impegni assunti dalle parti e con lo scopo prefissato dalle medesime, poichè è accettato che, in caso di superamento dei tetti di spesa, la regressione va operata; cosi che la sua tardiva comunicazione non ha influenza alcuna sul programma contrattuale consensualmente stabilito” (Cass., Sez. III, 22/11/2019, n. 30510).

3.4. L’assunto in diritto enunciato dal decidente d’appello riposa poi su un consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, 27/02/2018, n. 1206; Cons. Stato, 17/05/2012, n. 2876; Cons. Stato, 13/04/2011, n. 2290) rispetto al quale non fa eccezione il precedente richiamato di segno apparentemente contrario in quanto, come sottolinea indirettamente lo stesso passaggio motivazionale di esso riprodotto nel ricorso (“non si versa qui in ipotesi di mera intempestività della fissazione dei tetti di spesa”), oggetto di discussione era nell’occasione l’introduzione di un nuovo criterio in grado di comportare con efficacia retroattiva una sensibile riduzione del tetto di spesa a suo tempo determinato, rappresentato, segnatamente, dalla decurtazione dell’importo dei tickets dal tetto di spesa in precedenza assegnato.

4. Il secondo motivo di ricorso lamenta un vizio di omessa o insufficiente motivazione sul fatto costituito dall’inadempimento o ritardato adempimento degli obblighi di monitaraggio gravanti sull’ente erogante ed è come tale inammissibile essendo stato il vizio denunciato espunto dal catalogo dei vizi cassatori declinato dall’art. 360 c.p.c..

5. Il ricorso va dunque respinto. Spese alla soccombenza e doppio contributo ove dovuto.

PQM

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in Euro 4200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

 

 

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