Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3707 del 25/02/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3707 Anno 2016
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 19561-2012 proposto da:
EQUITALIA NORD SPA , SOCIETA’ CON SOCIO UNICO,
soggetta all’attività di direzione e coordinamento di
EQUITALIA SPA, in persona del suo Amministratore
Delegato e legale rappresentante pro tempore Rag.
GIANCARLO ROSSI, quale incorporante della soc.
EQUITALIA ESATRI SPA, elettivamente domiciliata in
2432

ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio
dell’avvocato ANTONINO V.E. SPINOSO, rappresentata e
difesa dall’avvocato CARLO DALL’ASTA giusta procura
speciale a margine del ricorso;

1

Data pubblicazione: 25/02/2016

- ricorrentecontro

GNUTTI EMILIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA N.5, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI ARIETA, che lo rappresenta e

procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587;
– intimato –

avverso la sentenza n. 496/2012 del TRIBUNALE di
BRESCIA, depositata il 21/02/2012, R.G.N. 12955/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2015 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato ANTONINO SPINOSO per delega;
udito l’Avvocato GIOVANNI ARIETA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

difende unitamente all’avvocato RENATO SIRNA giusta

Svolgimento del processo

1.-Con la sentenza depositata in data 21 febbraio 2012, il
Tribunale di Brescia, accogliendo l’opposizione agli atti
esecutivi proposta da Emilio Gnutti avverso la cartella di
pagamento notificata in data 2 luglio 2010 da Equitalia

motivazione e condannava l’opposta al pagamento delle spese
di lite, che liquidava, in favore dell’opponente, nella
somma complessiva di C 10.834,11, compensandole tra
l’opponente ed il Ministero della Giustizia (chiamato in
giudizio quale ente impositore).
2.-

Avverso la sentenza Equitalia Nord S.p.A., quale

incorporante della società Equitalia Esatri S.p.a., propone
ricorso straordinario affidato a due motivi.
Emilio Gnutti si difende con controricorso.
Il Ministero della Giustizia non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione
l.- Preliminarmente, rispondendo ad apposita sollecitazione

contenuta nel controricorso, si dà atto dell’ammissibilità

Esatri S.p.a., ne dichiarava la nullità per carenza di

del ricorso, dovendosi qualificare come opposizione agli
atti esecutivi quella proposta avverso la cartella
esattoriale per difetto di motivazione, e per tale motivo
accolta dal giudice di merito.
Malgrado, come pure rilevato dal resistente, il Tribunale
non abbia espressamente qualificato l’azione, e perciò la (i72

3

qualificazione spetti a questa Corte, quale giudice
dell’impugnazione (così Cass. n. 26919/09 e, tra le altre,
Cass., ord. n. 3338/12), va condiviso quanto sul punto
dedotto dalla ricorrente, che richiama l’art. 111 Cost.,
in riferimento all’art. 617 cod. proc. civ., per sostenere

A riscontro di siffatta conclusione è sufficiente il
richiamo dei numerosi precedenti di legittimità in tema di
rimedi esperibili avverso la cartella di pagamento,
notificata

quale atto propedeutico all’inizio del

procedimento di riscossione coattiva. Qualora questa abbia
ad oggetto pretese di natura diversa da quella tributaria,
come nella specie, avverso la cartella esattoriale, sono
esperibili, oltre all’eventuale rimedio c.d. recuperatorio
(attinente al merito della pretesa), l’opposizione
all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., allorché si
contesti la legittimità dell’iscrizione a ruolo per difetto
di un titolo legittimante o per il sopravvenire di fatti
estintivi dell’obbligo ovvero l’opposizione agli atti
esecutivi ex art. 617 cod, proc. civ., qualora si deducano
..

vizi formali della cartella o degli atti presupposti (cfr.
già Cass. n. 15049/05 e n. 2819/06, oltre a tutta la
giurisprudenza successiva, riguardante prevalentemente le
opposizioni a sanzioni amministrative;

nonché Cass.

n.

25757/08 e n. 25208/09, oltre a tutta la giurisprudenza

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l’ammissibilità del ricorso straordinario.

successiva

riguardante

le

opposizioni

a

pretese

contributive).
Con la sentenza n. 21080/15, relativa a fattispecie analoga
alla presente, questa Corte ha avuto modo di rilevare che,
in materia di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei

consolidato ascrive
motivazione della

«orientamento oramai

al vizio di forma la mancanza di
cartella esattoriale, in quanto si

risolve in una carenza dei requisiti formali minimi di
validità

della

stessa, cioè delle indicazioni necessarie

per identificare il credito e per rendere possibile la
difesa di merito [A» Ritenuto quindi che l’orientamento
dovesse essere ribadito onde individuare

i rimedi

esperibili avverso la cartella di pagamento notificata per
il recupero delle spese di giustizia (oggetto anche del
presente giudizio), nella sentenza appena citata si
affermato il seguente principio di diritto: «nella
disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo
delle entrate non tributarie, di cui al d.lgs. n. 46 del
1999, l’opposizione agli atti esecutivi – con la quale si
fanno valere i vizi di forma dell’atto esecutivo, ivi
compresa la carenza di motivazione della cartella
esattoriale – è prevista dall’art. 29, secondo comma, che
per la relativa regolamentazione rinvia alle “forme
ordinarie”. Ne consegue che l’opposizione agli atti

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contributi previdenziali, un

esecutivi prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi
entro venti giorni dalla notificazione della cartella
esattoriale,
D’altronde, risulta dagli atti che lo stesso opponente
Gnutti aveva intitolato il proprio atto di citazione

opposizione ad esecuzione ex art. 615 c.p.c. e, in quanto
occorra, agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. con istanza
di sospensione”.
Il ricorso straordinario avverso la sentenza del Tribunale
è perciò ammissibile.
2.-

Col primo motivo si deduce violazione e/o falsa

applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ. in relazione
all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., perché, secondo la
ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la
carenza di legittimazione passiva dell’Agente della
riscossione. Sostiene che il vizio di motivazione della
cartella esattoriale sarebbe imputabile all’ente
impositore, e non al concessionario, dal momento che questi
è obbligato a formare la cartella, secondo un modello
ministeriale e con contenuto predeterminato, riproducendo
quanto l’ente impositore indica nell’iscrizione a ruolo,
che è atto riservato a quest’ultimo.
2.1.- Il motivo è infondato.

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dinanzi al Tribunale di Brescia come “atto di citazione in

Si

rinviene

nella

giurisprudenza

di

legittimità

l’orientamento per il quale, in tema di disciplina della
riscossione coattiva mediante iscrizione nei ruoli,
nell’ipotesi di giudizio relativo a vizi propri di un atto
proveniente dal concessionario, oggi Agente della

legittimazione passiva spetta a quest’ultimo, con onere
dello stesso, ove destinatario dell’impugnazione, di
chiamare in giudizio l’ente impositore se non voglia
rispondere delle conseguenze della lite (cfr. Cass. n.
5832/11). Il principio, affermato con riferimento al
processo tributario regolato dal d.lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546, ben può essere applicato anche quando il
procedimento di riscossione coattiva di cui al D.P.R. n.
602 del 1973 venga seguito per la riscossione di entrate di
natura non tributaria ai sensi del decreto legislativo n.
46 del 26 febbraio 1999. Anche in tale eventualità
l’individuazione del soggetto legittimato passivamente va
fatta tenendo conto dell’atto impugnato e dei motivi di
impugnazione: quando oggetto della controversia è
l’impugnazione di atti che si assumono viziati per vizi
formali intrinseci agli atti medesimi, come nel caso di
impugnazione della cartella di pagamento per vizi propri,
l’atto va impugnato chiamando in causa l’Agente della
riscossione, dal quale l’atto oggetto di impugnativa è

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riscossione, quale è la cartella di pagamento, la

predisposto. Questo principio consente al destinatario
dell’atto di rivolgere la sua contestazione nei confronti
di colui che, avendo emanato l’atto, appare anche come
autore dei vizi intrinseci dell’atto stesso, senza che il
destinatario si debba fare carico dell’imputabilità di

Né in senso contrario può essere invocato il precedente di
legittimità indicato in ricorso, nel quale l’affermazione
secondo cui

“[…]11 vizio di motivazione, essendo la

cartella riproduttiva del ruolo, è imputabile all’ente
impositore e non al concessionario”

(Cass. S.U. n.

11722/10) non è fatta al fine di individuare il soggetto
legittimato passivamente rispetto all’impugnazione del
contribuente, quanto piuttosto al fine di regolare i
rapporti interni tra ente impositore e concessionario.
In conclusione, va affermato che, in tema di riscossione
coattiva mediante iscrizione a ruolo di entrate di natura
non tributaria, qualora il debitore abbia impugnato la
cartella

di

emessa

pagamento,

dall’Agente

della

riscossione, per motivi che attengono a vizi della cartella
medesima, compreso il vizio di motivazione, l’impugnazione
deve essere rivolta nei confronti dell’Agente della
riscossione, il quale ove assuma che il vizio sia
imputabile all’ente impositore può estendere il giudizio a
quest’ultimo.

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questi a soggetti diversi dall’autore dell’atto.

Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato.

3.

Col secondo motivo si deduce violazione e/o falsa

applicazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212
e degli artt. 156 e 157 cod. proc. civ.
Giova premettere che il Tribunale ha dato atto che il

una sentenza penale di condanna e da provvedimenti di
liquidazione del compenso al custode giudiziario nominato
nello stesso processo penale ed ha ritenuto che la cartella
di pagamento avrebbe dovuto indicare gli estremi dei
provvedimenti giudiziari al fine di consentire al debitore
di identificare quale fosse la ragione creditoria azionata.
Ha quindi asserito che la cartella di pagamento avrebbe
indicato soltanto la causale del credito come riconducibile
ad un atto giudiziario, senza indicare quale fosse questo
atto, in particolare senza menzionare né la sentenza penale
di condanna (cui era riferita, nel
addebiti”, la somma di
multe e ammende”)

e

“dettaglio degli

70.000,00, dovuta per “recupero di

né i provvedimenti di liquidazione del

compenso del custode (cui era riferita, nel
degli addebiti”,

“dettaglio

la somma di E 62.748,23, dovuta a titolo

di “cassa depositi e prestiti – cassa ammende”). Ha altresì
affermato che non risultava che l’opponente avesse avuto
conoscenza dei provvedimenti giurisdizionali posti a
fondamento della pretesa impositiva. Ha perciò concluso

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debito dell’opponente Gnutti traeva la propria origine da

dichiarando la nullità della cartella di pagamento per
carenza di motivazione.
3.1.-

La ricorrente non censura il giudizio concernente

siffatta carenza, quindi non censura l’affermazione della
nullità della cartella di pagamento per vizio di

avrebbe dovuto ritenere la sanatoria della nullità per
raggiungimento dello scopo, ai sensi degli artt. 156 e 157
cod. proc. civ., indicati in rubrica. Supporta questa
censura col richiamo alla stessa sentenza a Sezioni Unite
n. 11722/10, che il Tribunale di Brescia ha posto a
fondamento della decisione.
Allo scopo, la ricorrente evidenzia che i contenuti
dell’atto di opposizione e degli atti successivi depositati
dall’opponente dimostravano che: erano stati individuati,
sin dal primo atto, i procedimenti giudiziari da cui si
erano originate le pretese ereditarie; erano state
formulate contestazioni specifiche in merito a queste
ultime, delle quali l’opponente si era dichiarato
eventualmente

debitore

solo

in

parte;

ulteriori

. informazioni erano state fornite dal Ministero nel corso
del giudizio; di queste si era avvalso l’opponente nelle
difese successive (memoria istruttoria e comparsa
conclusionale).

10

q

motivazione. Piuttosto, assume che il giudice di merito

La ricorrente sostiene che, non solo l’opponente avrebbe
dimostrato di avere avuto piena conoscenza dei presupposti
impositivi, ma non avrebbe né allegato né provato alcun
concreto pregiudizio derivato al suo diritto di difesa a
causa del preteso vizio di motivazione della cartella

esistente, si sarebbe sanata per raggiungimento dello
scopo.
4.- Il motivo è fondato.
Va premesso che questa Corte di Cassazione con la sentenza
S.U. n. 11722/10, già citata, ha espresso il principio di
diritto per il quale

«La cartella esattoriale che non

segua uno specifico atto impositivo già notificato al
contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il
quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria,
deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente
impositivo, e contenere, quindi, gli elementi
indispensabili per consentire al contribuente di effettuare
il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione.
Tale motivazione può essere assolta “per relationem” ad
altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione,
del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente
indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione
dello stesso

su bollettini o albi

ufficiali che

eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché

1•

impugnata. Quindi la nullità di quest’ultima, ove

il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità

e

l’atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già
integrale e legale conoscenza per effetto di precedente
notificazione o pubblicazione, non deve essere
necessariamente allegato alla cartella secondo una

comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, (c.d. Statuto
del contribuente) – sempre che in essa siano indicati nella
cartella i relativi estremi di notificazione o di
pubblicazione. (Fattispecie in tema di riscossione di
contributi consortili ai sensi dell’art. 21 del r.d. 13
febbraio 1933, n. 215).».
Il principio è stato espresso con riferimento al
procedimento di riscossione coattiva seguito per le entrate
di natura tributaria e ben si spiega qualora, come
precisato anche nella massima, la cartella di pagamento
«costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente
impositore esercita la pretesa

tributarla».

Pertanto,

necessiterebbe di approfondimento la sua applicazione al

interpretazione non puramente formalistica dell’art. 7,

diverso caso -come è quello di specie- di pretese
• creditorie non tributarie che trovano il loro fondamento in
atti, quali la sentenza penale di condanna ed

i

provvedimenti di liquidazione dei compensi agli ausiliari
del giudice, per cui sono previste forme di comunicazione
ai destinatari idonee a renderli edotti dell’esistenza

12


1

dell’ammontare dei crediti dell’amministrazione. Rispetto a
questi ultimi, quindi, la cartella esattoriale, di regola,
non è il primo atto col quale l’ente impositore porta a
conoscenza la sua pretesa.
Tuttavia, la questione resta estranea alla presente

ha presupposto, l’applicazione che di quel principio ha
inteso fare il giudice di merito.
4.1.-

Però, col ricorso si è evidenziato come, con la

stessa sentenza a S.U., si sia affermato un altro
fondamentale principio, per il

quale

«Il difetto di

motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio
ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione
senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di
pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di
nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal
contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere
piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per
averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare
e specificamente provare quale sia stato in concreto il
pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo
diritto di difesa>>.
Quest’ultimo principio è stato ribadito da Cass. n. 3516/12
ed è stato posto a fondamento di numerose altre decisioni

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decisione perché la ricorrente non ha contestato, ma anzi

di questa Corte Suprema (cfr., tra le altre, Cass. n.
2373/13 e n. 21177/14).
5.- Orbene, nella specie, la cartella di pagamento indicava
esattamente l’ente creditore nella

«Corte d’Appello di

Brescia – Ufficio Recupero Crediti, Via San Martino della
[…omissis…]>>, con

l’indicazione del ruolo, del responsabile del procedimento
di iscrizione a ruolo e la descrizione degli importi a
ruolo nei termini su indicati.
Non vi è specifica contestazione -né peraltro

è stato

messo in discussione dal Tribunale, come si dirà- che la
sentenza penale recante la condanna di Emilio Gnutti al
pagamento della multa fosse stata a quest’ultimo
notificata, e comunque dallo stesso conosciuta, così come
il provvedimento della Corte d’Appello di Brescia che,
applicando l’indulto, aveva ridotto l’importo della pena
pecuniaria alla somma di

e 70.000,00 pretesa a titolo di

multa con la cartella di pagamento impugnata.
Piuttosto, il Tribunale afferma che

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