Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3707 del 13/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.13/02/2017),  n. 3707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4384-2015 proposto da:

MANIFATTURE ARGENTINO SRL, in persona del rappresentante legale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DI TRASTEVERE, 259,

presso lo studio dell’Avvocato LUCA BRANCHICELLA, che la rappresenta

e difende unitamente all’Avvocato LUIGI CRUSCO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, SCIPLINO ESTER ADA VITA E LELIO MARITATO,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 849/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 22/05/2014, depositata il 07/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE, (delega verbale dell’Avvocato

SGROI ANTONINO), difensore del controricorrente, il quale si riporta

agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 7 agosto 2014 la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della decisione del Tribunale di Cosenza che l’aveva accolta, rigettava l’opposizione proposta dalla Manifatture Argentino s.r.l. nei confronti dell’INPS ed avente ad oggetto il verbale di accertamento n. 504 del 28.2.2006 con il quale gli ispettori dell’istituto avevano contestato: che quattro dipendenti della società erano stati immessi al lavoro in data antecedente a quella registrata nei libri regolamentari ed alla comunicazione alla sezione circoscrizionale; la violazione del principio della retribuzione virtuale di cui alla L. n. 389 del 1989, art. 1.

La Corte territoriale, per quello che ancora rileva in questa sede, osservava, con riferimento alla valutazione della prova sull’omissione contributiva relativa al lavoro irregolare, che le dichiarazioni rese dai dipendenti della società agli ispettori (di avere iniziato a lavorare in date non coincidenti con quelle risultanti dai libri aziendali) erano maggiormente attendibili di quelle dai predetti rilasciate successivamente (ai Carabinieri dell’ispettorato del lavoro).

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Manifatture Argentino s.r.l. affidato a due motivi.

L’INPS resiste con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

In sostanza si assume che la Corte di appello non aveva valutato che il verbale di accertamento ispettivo impugnato proveniva dalla stessa parte che vantava un diritto di credito verso la società ricorrente mentre i verbali di accertamento dei Carabinieri erano di un organo terzo in quanto deputato all’esecuzione dei controlli senza che dagli stessi scaturisse un diritto di credito in favore dell’ente accertatore.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

Il primo in quanto non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, nella formulazione “ratione temporis” applicabile alla presente controversia (quindi, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134, essendo stata pubblicata l’impugnata sentenza dopo 11 settembre 2012) come interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014).

Ed infatti si risolve nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto, nonostante il formale richiamo contenuto nell’intestazione a violazione di legge, articola censure che finiscono con il denunciare una errata od omessa valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti onde ottenere una rivisitazione del merito della controversia non ammissibile in questa sede.

Invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento) o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c, n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della relazione in quanto conforme a numerosi precedenti di questa Corte e, dunque, dichiara inammissibile il ricorso.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale duello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravarne (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2017

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