Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3699 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 17/02/2010), n.3699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17132-2006 proposto da:

D.S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,

BIONDI GIOVANNA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce alla

copia notificala del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 224/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/02/200 r.g.n. 1578/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 30.1 – 7.2.2006, accolse parzialmente il gravame proposto da D.S.L. nei confronti dell’Inps e, ritenuto sulla scorta delle risultanze della rinnovata CTU che le patologie da cui l’assicurata era affetta (trombocitopenia autoimmune con esiti di splenectomia, ipertensione arteriosa in buon controllo terapeutico, gozzo tiroideo normofunzionante) avevano comportato uno stato di invalidità superiore ai due terzi con decorrenza dal gennaio 2005, riconobbe il diritto dell’assicurata all’assegno ordinario di invalidità con decorrenza dal 1 febbraio 2005.

Avverso l’anzidetta sentenza D.S.L. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’Inps ha depositato procura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale:

– abbia aderito alle conclusioni del CTU, quanto alla decorrenza dello stato invalidante, facendo esclusivo riferimento all’ultimo esame ematologico del 18.7.2005, benchè la diagnosi di piastrinopenia grave risultasse formulata già in data 24.3.1999 e fosse quindi già presente alla data della domanda amministrativa del 26.4.2000;

– abbia del tutto trascurato di considerare la pur accertata patologia artrosica.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 222 del 1984, artt. 1 e 2), nonchè vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale, in relazione sia al diritto all’assegno ordinario di invalidità, sia a quello alla pensione ordinaria di inabilità, non abbia considerato l’idoneità allo svolgimento non solo dell’attività in atto espletata, ma anche delle altre compatibili con le attitudini fisiche e psicologiche dell’interessata ed in grado di assicurarle accettabili livelli di vita.

2. I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, siccome fra loro strettamente connessi.

2.1 Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, nei giudizi in materia di invalidità pensionabile, nel caso in cui il giudice del merito si basi sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, affinchè i lamentati errori e lacune della consulenza tecnica determinino un vizio di motivazione della sentenza denunciabile in cassazione, è necessario che siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche, o affermazioni illogiche o scientificamente errate, e non già semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e quella della parte (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3519/2001; 11054/2003;

17324/2005). E’ stato inoltre reiteratamele affermato che il tenore letterale della L. n. 222 del 1984, art. 2 non legittima un’interpretazione che ammetta alla pensione di inabilità solo i soggetti impossibilitati ad espletare qualsiasi attività lavorativa, anche non proficua, dato che, alla luce dei precetti contenuti negli artt. 1 e 38 Cost., deve ritenersi che il lavoro che non consente il conseguimento della prestazione previdenziale è quello che, espletato in attività confacenti alle attitudini dell’assicurato e non dequalificanti, abbia il requisito della remunerati vita, e sia quindi idoneo ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa ai sensi dell’art. 36 Cost. (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4046/2004;

1026/2001; 9326/1994; 2397/1993).

2.2 Nel caso che ne occupa il CTU nominato in grado d’appello, alle cui conclusioni ha aderito la sentenza impugnata, ha evidenziato che la “grave trombocitopenia idiopatica” da cui è affetta l’odierna ricorrente, stante la grave carenza di piastrine, la espone a rischio di emorragie, rischio “accentuato da eventuali traumi fisici, a cui la perizianda è esposta con relativa facilità in virtù dell’attività di bracciante agricola”, non dovendo essere “trascurata anche la possibilità di eventuali infezioni virali, che possono insorgere a causa delle condizioni atmosferiche in cui è costretta a prestare la propria opera, svolta sempre all’aperto e spesso in condizioni climatiche sfavorevoli, come in autunno e inverno”, ha altresì osservato che “il continuo uso del cortisone, che rappresenta l’unica terapia efficace nel controllare la malattia, causa una depressione delle difese immunitarie, rendendo quindi più facile l’insorgenza di infezioni, che determinano inevitabilmente un’ulteriore riduzione dei valori piastrinici ad elevato rischio di pericolose emorragie”.

Rilevato che l’ultimo esame ematologico esibito, del 18.7.2005, aveva evidenziato una concentrazione piastrinica pari a 24.000, “decisamente molto bassa anche in relazione ai precedenti controlli effettuati, e documenta un peggioramento del tempo della malattia”, il CTU ha osservato che “se si considera che la stessa malattia risulta certamente inemendabile, non suscettibile neanche di miglioramento e comunque sempre a rischio di complicanze anche fatali per la vita della persona, risulta difficile pensare che un soggetto in tali condizioni possa svolgere in maniera proficua e continua l’attività di bracciante agricola, oppure ogni altra attività confacente alle sue attitudini, intendendosi per tale quella che possa essere svolta dall’assicurato, per età, capacità ed esperienza, senza esporre ad ulteriore danno la sua salute”.

Premessi tali accertamenti, il CTU ha concluso che il complesso morboso da cui l’odierna ricorrente è affetta “riduce a meno di 1/3 la capacità di lavoro dell’istante in attività confacenti alle sue attitudini” e che pertanto, considerato l’evoluzione peggiorativa nel tempo, “si ritiene di poter fissare la decorrenza dello stato invalidante con sufficiente approssimazione al mese di gennaio 2005”.

2.3 Osserva il Collegio che le conclusioni del CTU, fatte proprie dalla Corte territoriale, risultano censurabili sotto molteplici aspetti:

– se è pur vero che il più recente esame aveva documentato un peggioramento della patologia, la mancata indicazione delle precedenti risultanze impedisce di comprendere in base a quale ragionamento lo stato invalidante sia stato individuato con decorrenza dal mese di gennaio 2005;

– al contempo non è dato comprendere perchè tale stato invalidante sia stato escluso per il periodo precedente, dato che la stessa CTU indica che già nel 2000 i sanitari dell’Inps, pur negando l’invalidità, avevano diagnosticato la trombocitopenia idiopatica cronica;

– il CTU ha evidenziato una modesta limitazione del rachide lombare, ma non ha minimamente spiegato perchè di tale patologia non sia stato tenuto conto ai fini dell’indagine demandatagli;

– rispetto alla ritenuta sostanziale incapacità di proficuo svolgimento dell’attività esercitata di bracciante agricola e di ogni altra attività confacente alle attitudini dell’assicurata – rilievo che depone per la sussistenza dell’inabilità lavorativa di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 2 – appare illogico e contraddittorio ritenere la sussistenza di un’invalidità solo parziale, con conseguente riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità ai sensi dell’art. 1 della stessa Legge.

I motivi svolti risultano dunque fondati.

3. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al Giudice indicato in dispositivo, che, previa, se ritenuta necessaria, rinnovazione della CTU, procederà a nuovo esame, provvedendo altresì sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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