Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3697 del 15/02/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 3697 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso 7574-2015 proposto da:
POTITO CARBURANTI SRL , in persona del 1.r.p.t. sig.
ALFREDO POTITO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DUILIO 6, presso lo studio dell’avvocato CARMELO
MONTANA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE
RUTA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
2017
2580

DICIESSE

PETROLEUM

SRL

in

persona

dell’amministratore unico e legale rappresentante
dott. ROBERTO DI LEO, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PIETRO GIANNONE 28, presso lo studio
dell’avvocato EMANUELE TESTAFERRATA, che la

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Data pubblicazione: 15/02/2018

rappresenta e difende giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –

nonchè contro
TOTALERG SFA ;

avverso la sentenza n. 2919/2014 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 25/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO
DELL’UTRI;

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– intimata

Rilevato che la Total Italia s.p.a. (ora TotalErg s.p.a.) ha convenuto la Diciesse Petroleum s.r.l. dinanzi al Tribunale di Milano al fine
di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito
dell’inadempimento della società convenuta al contratto per la fornitura, in via esclusiva, a beneficio delle stazioni di servizio gestite dalla
Diciesse, di carburante e materiale commerciale dietro corrispettivo;

più potuto adempiere alle obbligazioni derivanti dal contratto dedotto
in giudizio dalla Total essendo stata improvvisamente e illegittimamente estromessa dalla gestione delle stazioni di servizio dalla Potito
Carburanti s.r.I., dalla quale aveva in precedenza ottenuto la concessione in godimento di dette stazioni;
che, in forza di tali premesse, la Diciesse ha chiamato in causa la
stessa Potito al fine di sentirsi manlevare dalle conseguenze pregiudizievoli dell’eventuale accoglimento delle domande proposte dalla Total,
che, nel costituirsi a sua volta in giudizio, la Potito ha dedotto di
aver dovuto sollevare la Diciesse dalla gestione delle stazioni di servizio per avere quest’ultima violato i termini della procura generale in
forza della quale ne aveva ottenuto la disponibilità, avendo gestito
dette stazioni di servizio in modo arbitrariamente autonomo e autoreferenziale, trascurando di provvedere alla dovuta contemplatio domini
nei rapporti con i terzi e, principalmente, con la stessa Total;
che, a tale riguardo, la Potito ha rilevato come tra la stessa e la
Diciesse già pendesse, dinanzi al Tribunale di Campobasso, un giudizio promosso per l’accertamento degli inadempimenti reciprocamente
contestati dalle due parti e per l’adozione delle conseguenti statuizioni risolutorie e risarcitorie;
che, in ragione di tale ultima circostanza, la Potito, ha invocato, in
via preliminare rispetto al domandato rigetto della domanda di manleva proposta dalla Diciesse, l’accertamento, da parte del Tribunale di

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che, costituitasi in giudizio, la Diciesse ha evidenziato di non aver

Milano, del rapporto di continenza esistente tra la causa introdotta
con la domanda di manleva proposta dalla Diciesse e quella già pendente tra le stesse parti dinanzi al Tribunale di Campobasso, con la
conseguente dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Milano e
la trasmissione degli atti al Tribunale di Campobasso;

volesse sospendere, ex art. 295 c.p.c., la causa pendente dinanzi a
sé, tenuto conto del rapporto di pregiudizialità tra la ridetta domanda
di manleva e la controversia già proposta dinanzi al Tribunale di
Campobasso;
che il Tribunale di Milano, rigettata l’eccezione riferita alla competenza, e disattesa l’istanza di sospensione, in accoglimento delle domande proposte dalla Total, ha condannato la Diciesse al risarcimento
dei danni provocati alla Total in conseguenza del relativo inadempimento, nonché la Potito al risarcimento, ex art. 2043 c.c., del danno
sofferto dalla Total per la mancata restituzione di talune attrezzature
di sua pertinenza, e, in accoglimento della domanda di manleva della
Diciesse, ha condannato la Potito a tenere indenne la Diciesse dalle
conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’accoglimento della domanda principale della Total;
che, sull’appello principale della Potito e su quelli incidentali della
Diciesse e della Total, la Corte d’appello di Milano, con sentenza resa
in data 25/7/2014, tra le restanti statuizioni, ha sostituito la condanna della Potito al risarcimento del danno per equivalente in favore
della Total con quella avente ad oggetto la restituzione delle attrezzature alla stessa non riconsegnate, confermando, nel resto, la decisione del primo giudice;
che, avverso la sentenza d’appello, la Potito Carburanti s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione,
illustrati da successiva memoria;
che la Diciesse Petroleunn s.r.l. resiste con controricorso;

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che, in via gradata, la Potito ha richiesto che il Tribunale di Milano

che la TotaErg s.p.a. non ha svolto difese in questa sede;
considerato che, con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli
artt. 39, 102 e 103 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 2 c.p.c.), nonché
per violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., anche sotto il
profilo dell’illogicità manifesta e dell’irriducibile contraddittorietà della

corte territoriale erroneamente regolato la risoluzione del rapporto di
continenza tra la domanda di manleva proposta dalla Diciesse e la
causa pendente dinanzi al Tribunale di Campobasso, e per aver erroneamente disatteso l’istanza di sospensione del giudizio pendente dinanzi a sé in conseguenza del rapporto di pregiudizialità esistente rispetto alla controversia instaurata dinanzi al tribunale molisano;
che, in particolare, la corte territoriale avrebbe omesso di rilevare
la scindibilità della causa relativa alla domanda di manleva proposta
dalla Diciesse nei confronti della Potito, rispetto alla principale domanda risarcitoria proposta dalla Total nei confronti della Diciesse, in
tal modo superando la dedotta impossibilità di trasferire l’intera controversia dinanzi al Tribunale di Campobasso in ragione del rilevato
carattere esclusivo della competenza convenzionalmente stabilita in
favore del Tribunale di Milano in relazione ai rapporti contrattuali tra
la Total e la Diciesse;
che, sotto altro profilo, la corte territoriale avrebbe altresì erroneamente escluso il rapporto di pregiudizialità tra la causa pendente dinanzi al Tribunale di Campobasso e la causa riferita alla domanda di
manleva avanzata dinanzi a sé, attesa l’immediata e diretta rilevanza
della qualificazione del rapporto tra la Potito e la Diciesse ai fini della
decisione sulla ridetta domanda di manleva;
che il motivo è infondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come l’esigenza del simulta-

neus processus sancita dall’art. 32 c.p.c. con riguardo alla contestuale

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motivazione (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la

definizione della causa di garanzia con quella principale (cfr., al riguardo, Sez. U, Sentenza n. 24707 del 04/12/2015, Rv. 638109 01, segnatamente nella parte in cui ha specificato l’irrilevanza, ai fini
dello spostamento di competenza di cui all’art. 32 c.p.c., della natura
‘propria’ o ‘impropria’ della garanzia dedotta in giudizio), debba ritenersi adeguatamente coordinata con la disciplina del fenomeno della

come nel caso di specie, la domanda di garanzia;
che, infatti, secondo il dettato di cui al co. 2 dell’art. 39 c.p.c., là
dove il giudice preventivamente adito non sia competente per la decisione della causa legata da rapporto di continenza con una causa successivamente proposta dinanzi ad altro giudice, lo stesso è tenuto a
dichiarare la continenza e a fissare un termine per la riassunzione
della causa dinanzi al giudice successivamente adito;
che, con particolare riguardo al rapporto di continenza con una
causa proposta successivamente che sia anche legata da connessione
per ragioni di garanzia ad altra causa proposta dinanzi a un giudice
diverso dal primo, la circostanza che il giudice preventivamente adito
non sia competente per la conoscenza della causa successivamente
proposta discende dallo stesso disposto dell’art. 32 c.p.c., ai sensi del
quale il giudice della causa principale è altresì competente per la causa di garanzia contestualmente proposta;
che, nel caso di specie, non essendo neppure contestato il rilievo
(positivamente riscontrato dal giudice a quo) dell’assoluta incompetenza del Tribunale di Campobasso a conoscere della domanda principale proposta dalla Total nei confronti della Diciesse dinanzi al Tribunale di Milano (in ragione della convenuta esclusività della competenza di quest’ultimo), la circostanza che la domanda di garanzia introdotta dalla Diciesse dinanzi al medesimo Tribunale di Milano sia contenuta nella diversa domanda pendente dinanzi al Tribunale di Campobasso, comporta che quest’ultimo avrebbe dovuto dichiarare la

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continenza di cui all’art. 39 c.p.c., laddove detta continenza riguardi,

continenza e fissare i termini per la riassunzione dinanzi al Tribunale
di Milano, ai sensi dell’art. 39, co. 2, c.p.c.;
che, pertanto, accertata la piena competenza del Tribunale di Milano a conoscere della domanda di garanzia proposta dalla Diciesse
contro la Potito (ex art. 32 c.p.c.) e la vis actractiva generata da
quest’ultima sulla causa (legata da rapporto di continenza) proposta

denza dell’inderogabilità della competenza del Tribunale di Milano sulla domanda principale proposta dalla Total e dell’esigenza del simultaneus processus dettata dal testo dell’art. 32 c.p.c. tra causa principale e causa di garanzia, deve ritenersi che fosse piuttosto il Tribunale di Campobasso a dover procedere, ai sensi dell’art. 39, co. 2,
c.p.c., alla dichiarazione della continenza e fissare i termini per la riassunzione dinanzi al Tribunale di Milano al fine di evitare il potenziale conflitto di giudicati;
che, conseguentemente, esclusa la violazione, ad opera del giudice a quo, delle regole sulla competenza, e preso atto della rinvenibilità, all’interno del sistema, dei meccanismi di composizione dei rischi
connessi al potenziale conflitto di giudicati (secondo i principi più sopra richiamati), deve escludersi che il Tribunale di Milano fosse positivamente tenuto a sospendere il giudizio sulla domanda di garanzia
proposta dalla Diciesse, ex art. 295 c.p.c., al fine di evitare il ridetto
potenziale conflitto;
che, con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
nonché degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c., anche sotto il profilo
dell’illogicità e contraddittorietà della motivazione (in relazione all’art.
360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale dettato una motivazione meramente apparente nel merito della controversia tra Diciesse e Potito, trascurando di procedere a un’attenta e corretta interpretazione del rapporto tra le due società, alla luce della ricca ar-

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dinanzi al Tribunale di Campobasso in ragione della combinata inci-

gomentazione processuale della Potito e delle relative produzioni documentali, al fine di dedurre l’intrinseca sussistenza dell’obbligo della
contemplatio domini a carico della Diciesse in esecuzione del contratto concluso tra le parti, certamente qualificabile alla stregua di un
mandato con rappresentanza, e non già di un contratto atipico assi-

dice a quo;
che, con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché
degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c., anche sotto il profilo dell’illogicità
manifesta e dell’irriducibile contraddittorietà della motivazione (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la Corte d’appello di
Milano erroneamente condannato la Potito alla restituzione del materiale della Total asseritamente rimasto nella propria disponibilità, trattandosi di affermazione contrastante con l’accertamento del rapporto
tra la Diciesse e la Potito alla stregua di un affitto di azienda, dovendosi, in tal caso, piuttosto procedere alla condanna della Diciesse alla
restituzione delle cose alla stessa originariamente concesse in comodato, quale diretta responsabile della gestione delle stazioni di servizio rifornite dalla Total;
che entrambi i motivi sono infondati, quando non inammissibili;
che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso
le censure indicate (sotto entrambi i profili di cui all’art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c.), la società ricorrente si sia sostanzialmente spinta a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli
elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i
limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art.
360 n. 5 c.p.c. (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;
che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la

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milabile a un affitto d’azienda, come erroneamente attestato dal giu-

denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già
della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art.
360, n. 3, c.p.c.), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della Potito, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il

so, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal
giudice a quo;
che con specifico riguardo all’asserita violazione dell’art. 132
c.p.c. – preso atto che, a seguito alla riformulazione dell’art. 360, n.
5, c.p.c. (disposta dall’art. 54 del di. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012) non sono più ammissibili
nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il
sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola
verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art.
111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi (che si convertono in
violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità
della sentenza) di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di
“motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il
vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un
“fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e
che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia -, varrà rilevare come, nel caso di specie, la corte territoriale abbia proceduto all’esame di tutti i punti controversi dedotti dalle parti e
agli elementi di prova dalle stesse offerti, provvedendo alla costruzione di un’articolazione argomentativa idonea a integrare gli estremi di
una motivazione giuridicamente corretta, siccome dotata di sufficien-

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profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontrover-

te congruità sul piano logico-formale e di adeguata linearità, sì da escludere il ricorso di alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede;
che, quanto al preteso vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., varrà
ribadire come lo stesso possa ritenersi denunciabile per cassazione,
unicamente là dove attenga all’omesso esame di un fatto storico,

o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra
le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
che, sul punto, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt.
366, co. 1, n. 6, e 369, co. 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il
fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia
stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora
il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di
tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza n. 8053
del 07/04/2014, Rv. 629831);
che, pertanto, dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è consentito richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della causa, le odierne doglianza della Potito devono ritenersi inammissibili,
siccome dirette a censurare, non già l’omissione rilevante ai fini
dell’art. 360 n. 5 cit., bensì la congruità del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo risulta aver
elaborato in modo completo ed esauriente, tanto con riguardo alla
qualificazione del rapporto giuridico tra Potito e Diciesse, quanto con

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principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza

riferimento ai rispettivi obblighi delle parti e alle circostanze di fatto
poste a fondamento delle rispettive responsabilità contrattuali ed extracontrattuali;
che, pertanto, sulla base delle considerazioni sin qui illustrate, rilevata la complessiva infondatezza dei motivi d’impugnazione,
dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente con-

troricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo
la liquidazione di cui al dispositivo, oltre alla condanna al pagamento
del doppio contributo ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del d.P.R.
n. 115 del 2002;

P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate
in euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%,
agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile della Corte Suprema di Cassazione del 18/12/2017.

danna della società ricorrente al rimborso, in favore della società con-

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