Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3696 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2010, (ud. 23/12/2009, dep. 17/02/2010), n.3696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14804-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

R.O.A., già elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI 109, presso lo studio dell’avvocato DA RIVA GRECHI

FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI MATTEO ELIA,

giusta delega a margine del controricorso e da ultimo domiciliato

d’ufficio presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13 3/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/02/2006 R.G.N. 1290/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/12/2009 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato ROBERTA TORTORA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Como, depositato in data 24.4.2004, R.O.A., premesso di essere dipendente del Ministero dell’Economia inquadrato nella nona qualifica funzionale, esponeva che dal 1 luglio 1998 al 31 maggio 2001 aveva svolto mansioni dirigenziali, continuando a percepire la retribuzione propria del (OMISSIS) livello di appartenenza. Chiedeva pertanto la condanna del Ministero convenuto al pagamento delle maggiori retribuzioni dovutegli a fronte dell’esercizio di tali mansioni superiori.

Con sentenza in data 2.7.2004 il Tribunale adito condannava il Ministero convenuto alla corresponsione delle differenze reclamate in relazione al periodo dal 1 luglio 1998 al 31 dicembre 1999.

Avverso tale sentenza proponeva appello il Ministero dell’Economia, lamentandone la erroneità sotto diversi profili e rilevando in particolare che ai sensi del D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20 tra le mansioni proprie della nona qualifica funzionale rientrava anche la reggenza di un ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare. Chiedeva quindi il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 22.12.2005, rigettava il gravame condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia con un articolato motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso il lavoratore intimato.

Diritto

Col predetto motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., del D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20 e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

In particolare rileva che il D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, comma 1, prevedeva, tra le mansioni “tipiche” del personale ministeriale inquadrato nella (OMISSIS) qualifica funzionale, quelle di “sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimento”, e quella di “reggenza dell’ufficio in attesa della designazione del dirigente titolare” senza limiti temporali di sorta, essendo unica condizione la vacanza del posto dirigenziale.

E con D.M. 2 febbraio 1998, n. 2592/IX in sede di disciplina del trattamento accessorio spettante ai reggenti di uffici dirigenziali in attuazione della previsione di cui al del D.L. n. 79 del 1997, art. 12, comma 3 era stata riconosciuta agli stessi una retribuzione di posizione, nella medesima misura stabilita per i dirigenti, con esclusione di ogni aumento del “trattamento retributivo stipendiale che resta quello contrattualmente stabilito per la qualifica rivestita”.

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, appariva evidente l’erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata che aveva ritenuto inapplicabile l’ipotesi contemplata dall’art. 20, lett. b) (reggenza dell’ufficio), interpretando detta previsione nel senso della necessaria temporaneità dell’incarico.

Rilevava altresì che valore dirimente assumeva la pronuncia adottata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 115 del 10.4.2003 che, in caso analogo, aveva ritenuto la conformità alla Costituzione della normativa di un ente locale che aveva riconosciuto ai soggetti che svolgevano temporaneamente mansioni superiori a quelle della qualifica di appartenenza un trattamento complessivamente inferiore a quello previsto per coloro che svolgevano tali funzioni in ragione della loro superiore qualifica.

Il ricorso non è fondato.

Questa Corte si è pronunciata su analoghe fattispecie regolate dall’accordo collettivo per il comparto ministeri con le sentenze 30.1.2009 n. 2534, 22.2.2008 n. 4675, 9.9.2008 n. 22932, 5.10.2007 n. 20899 e 17.4.2007 n. 9130 che hanno fissato i seguenti principi:

1) Nel pubblico impiego privatizzato il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, stabilito dal D.Lgs. n. 29 del 1993 art. 56, comma 6, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25, è stato soppresso dal D.Lgs. n. 378 del 1998, con efficacia retroattiva. Tale retroattività si desume dal rilievo che l’ultimo periodo del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, comma 6, disponeva che fino alla attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore. Trattasi, con ogni evidenza, di una disposizione di carattere transitorio, non essendo formulata in termini atemporali, come avviene per le norme ordinarie, ma con riferimento alla data ultima di applicazione della norma stessa. Il D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, comma unico, nel disporre “Al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 23, art. 56, comma 6, ultimo periodo, sono soppresse le parole “a differenze retributive o”, viene ad incidere sulla regolamentazione applicabile all’intero periodo transitorio. La portata retroattiva di detta disposizione risulta, peraltro, conforme alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha ritenuto l’applicabilità anche nel pubblico impiego dell’art. 36 Cost., nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonchè alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali.

2) Il D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, (contenente le norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 marzo 1987 relativo al comparto del personale dipendente dei Ministeri), in tema di reggenza da parte del personale appartenente alla nona qualifica funzionale del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare, deve essere interpretato, ai fini de rispetto del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., e dei principi generali di tutela del lavoro (artt. 35 e 36 Cost.; art. 2103 c.c., e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52), nel senso che l’ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità (“in attesa della destinazione del dirigente titolare”), con la conseguenza che a tale posizione può farsi luogo in virtù della suddetta specifica norma regolamentare, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura, cosicchè, al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali (in tal senso, Cass. sez. lav., 9.9.2008 n. 22932).

Ad entrambi i detti principi questa Corte intende qui dare continuità condividendone i criteri decisori, evidenziando che, in relazione alla presente fattispecie, non è necessario determinare l’arco temporale ritenuto congruo per l’espletamento della procedura per la copertura del posto di dirigente, perchè nel caso di specie il periodo complessivo di svolgimento di mansioni dirigenziali si appalesa sicuramente superiore ad ogni tollerabile spatium deliberandi.

Deve ritenersi pertanto che la reggenza dell’ufficio è consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di questa specifica ipotesi contemplata dalla norma regolamentare, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali e correttamente il giudice del merito ne ha ritenuto la sussistenza con riguardo ad una vacanza protrattasi per un arco di tempo di quasi tre anni (dal luglio 1998 al maggio 2001).

Nè la situazione può ritenersi mutata per effetto del CCNL Comparto Ministeri 16.2.1999, stante la sostanziale identità della disposizione concernente lo svolgimento delle superiori mansioni dirigenziali.

Del tutto inconferente infine si appalesa il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 2003 atteso che tale pronuncia riguarda genericamente la questione dello svolgimento da parte dei dipendenti della Pubblica Amministrazione di mansioni superiori rispetto a quelle della qualifica di appartenenza, e pone il principio che il temporaneo svolgimento delle mansioni superiori comporta che tali maggiori adempimenti siano sempre aggiuntivamente compensati rispetto alla retribuzione della qualifica di appartenenza, ma non impone la piena corrispondenza al complessivo trattamento economico di chi sia titolare di quelle funzioni.

Diversa è l’ipotesi presa in esame nel caso di specie laddove, alla stregua della previsione contenuta nella norma di cui al D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20, comma 1, si verte in tema non già semplicemente di espletamento di mansioni superiori, bensì dello svolgimento della specifica funzione dirigenziale della “reggenza dell’ufficio”; e tale reggenza, siccome rilevato dalla costante giurisprudenza sul punto, costituisce una ipotesi di specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità (“in attesa della destinazione del dirigente titolare”), con la conseguenza che a tale posizione, qualora siano stati rispettati i principi della straordinarietà e temporaneità e sia stato quindi aperto il procedimento di copertura del posto vacante, non si collegano gli effetti propri dello svolgimento di mansioni superiori; per contro, al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di specifiche mansioni dirigenziali (come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata).

Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento.

A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 18,00, oltre Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 23 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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