Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3695 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. III, 13/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 13/02/2020), n.3695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14331/2017 proposto da:

C.M., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALDO

MOSCARDINO;

– ricorrente –

contro

CA.DI.LE.MA.CR., domiciliata ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCO DELL’AVERSANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 280/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.M., conduttore di un immobile ad uso non abitativo adibito ad esercizio commerciale di bar sito in (OMISSIS), ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Campobasso n. 380 del 30/12/2016 che, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla locatrice Ca. avverso la sentenza del Tribunale di Isernia, ha ritenuto che non fosse da riconoscere all’istante un importo di Euro 49.351,29 quale danno per la perdita dell’avviamento commerciale ed ha ridotto l’importo dovuto al conduttore in conseguenza di lavori straordinari nell’immobile, liquidato dal primo giudice in Euro 150.921,00, ad Euro 54.937,28, oltre interessi e rivalutazione. La locatrice aveva intimato il rilascio del locale perchè il Comune di Pozzilli doveva eseguire lavori di manutenzione straordinaria, ai quali la stessa locatrice aveva fatto seguire una disdetta alla prima scadenza del contratto. In conseguenza della mancata disponibilità dell’immobile il C. aveva risentito di gravi danni all’esercizio della sua attività commerciale e ne aveva chiesto il ristoro. Il Giudice di primo grado aveva liquidato in suo favore la somma di Euro 150.921,00 a titolo di mancato godimento dell’immobile, mancato guadagno, perdita dell’avviamento commerciale ed indennità di avviamento commerciale. Il Giudice d’Appello ha invece riformato la sentenza di primo grado ritenendo che il conduttore non avesse diritto al risarcimento del danno ma ad una riduzione del corrispettivo ai sensi dell’art. 1584 c.c.. Ha espressamente escluso l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale con una motivazione afferente la sola disciplina fiscale. Avverso la sentenza, che ha in parte compensato le spese del primo grado del giudizio ed integralmente compensato quelle d’appello, C.M. ricorre affidandosi ad un unico motivo di ricorso. Resiste la Ca. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente censura l’impugnata sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver errato nel negare all’attore la liquidazione dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, pur in presenza di tutti i presupposti per la sua liquidazione.

1.1 Il motivo è fondato non per omesso esame di un fatto decisivo ma perchè in realtà denuncia che la motivazione è perplessa e, quindi, del tutto apparente.

La pronuncia si riferisce esclusivamente ad una normativa fiscale e non motiva affatto sulle ragioni per le quali l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, che spetta al conduttore quale compenso per la perdita derivante dall’interruzione della sua attività commerciale, non sarebbe dovuta. Il Giudice ha infatti negato il danno da perdita dell’avviamento commerciale non per l’insussistenza dei necessari presupposti di fatto e di diritto ma unicamente perchè ha ritenuto inapplicabile la normativa di riferimento adottata dal giudice di primo grado e cioè il D.P.R. n. 460 del 1996. Anche a voler ritenere che il giudice di primo grado avesse errato nell’applicare il D.P.R. n. 460 del 1996, non per questo il giudice d’appello poteva negare tout court l’indennità ma avrebbe dovuto riconoscerla quantificandola sulla base di altri e diversi criteri forniti dalla relazione del CTU. Ciò anche alla luce dell’apprezzamento mostrato dal giudice sulle risultanze della CTU svolta in primo grado che aveva fornito al giudicante elementi adeguati e sufficienti e dunque idonei a formare il suo convincimento senza procedere ad ulteriori atti istruttori.

Trova applicazione al caso la giurisprudenza di questa Corte che, in relazione al vizio di insufficiente motivazione logica della sentenza, ha statuito: “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Un. 22232 del 3/11/2016, Cass., 6-5, n. 13977 del 23/5/2019).

2. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione, la sentenza impugnata cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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