Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3692 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. III, 15/02/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 15/02/2011), n.3692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. armano Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1120/2009 proposto da:

S.G.C. S.R.L. SOCIETA’ GESTIONE CREDITI (già S.G.C. S.P.A. SOCIETA’

GESTIONE CREDITI) (OMISSIS), in qualità di procuratrice speciale

della S.P.V. VENEZIA S.P.A., in persona dell’Amministratore e Legale

rappresentante Dott. M.F. elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ISONZO 42-A, presso lo studio dell’avvocato

REALI Achille, che la rappresenta e difende giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI CREMA S.P.A., INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A., BANCA

POPOLARE DI NOVARA S.P.A., BANCA POLARE DI LODI S.P.A., A.

G., ITALFONDIARIO S.P.A. (OMISSIS), CARIVERONA BANCA

S.P.A., CONDOMINIO RESIDENZA DEL CANTONE, BANCO LARIANO S.P.A., BANCO

DI SAN GEMINIANO E SAN PROSPERO, CASSA DI RISPARMIO DI TORINO S.P.A.,

BANCO AMBROSIANO VENETO S.P.A., CARIPLO S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8739/2008 del TRIBUNALE di MILANO Sezione

Terza Civile, emessa il 26/6/2008, depositata il 02/07/2008, R.G.N.

12111/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/01/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato ACHILLE REALI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La SGC Società Gestione Crediti srl proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 512 c.p.c., al progetto di distribuzione, nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare promossa da Centro Factoring (poi rimandante) nei confronti di A.G., con l’intervento di SGC srl e di Italfondiario spa.

Contestava il mancato riconoscimento, nel progetto del 27.4.2005, del privilegio ipotecario, alla somma costituita da interessi maturati sul capitale di cui all’atto di intervento, nonchè delle spese amministrative e per diritti di commissione.

Si costituiva il solo Italfondiario che contestava la fondatezza dell’opposizione.

Con sentenza del 2.7.2008, il tribunale di Milano accoglieva parzialmente l’opposizione con riferimento ai soli diritti di commissione e spese amministrative.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi la SGC Società Gestione Crediti srl.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione, ex art. 360, nn. 3 e 5, del disposto di cui a all’art. 2855 c.c., comma 2, in relazione all’art. 113 c.p.c, per errata o falsa applicazione di norme di diritto e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il motivo non è fondato.

Il giudice del merito ha accertato che il credito in esame, per interessi in relazione ad un contratto di mutuo fondiario dichiarato risolto per inadempimento del debitore, ha natura moratoria, e non corrispettiva, con il conseguente suo riconoscimento in sede chirografaria.

Il principio è stato correttamente affermato e motivato.

L’iscrizione di un credito per capitale al passivo concorsuale – ma lo stesso principio vale in materia di esecuzione individuale come nella specie – fa collocare nello stesso grado anche il credito per interessi maturato limitatamente alle due annate anteriori e a quella in corso alla data di dichiarazione di fallimento o del pignoramento, ma soltanto quando corrispettivi.

Infatti, l’art. 2855 c.c., fa riferimento – come si desume dalla espressione usata nel secondo comma, ove si fa menzione dell’iscrizione al passivo concorsuale di un capitale che produce interessi, ai soli interessi compensativi, che costituiscono una remunerazione del capitale, e non a quelli moratori, i quali trovano il loro presupposto in un ritardo imputabile al debitore (Cass. 30.8.2007 n. 18312; Cass. 17.9.1999 n. 10070).

L’estensione – per i crediti assistiti da ipoteca – della prelazione agli interessi nei limiti contemplati dall’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, trova, poi, applicazione anche nei riguardi dei crediti per mutuo fondiario, soggetti alla disciplina del R.D. 16 luglio 1905, n. 646, successivamente integrata dal D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7 e dalla L. 6 giugno 1991, n. 175 (non applicandosi, nella specie – per essere il contratto di mutuo fondiario stato concluso con atti 10.12.1991 e 19.2.1992 -, le nuove norme di cui al D.Lgs. 1 Settembre 1993, artt. 38 e 41, in vigore dal 1 gennaio 1994, e la cui efficacia si estende ai soli contratti conclusi successivamente a tale data).

La relativa disciplina, infatti, non interferisce sui principii che regolano il concorso dei creditori, sia nel fallimento, sia nell’esecuzione individuale; e ciò perchè gli stessi principii sono posti dalla legge senza alcun limite o riserva di disposizioni contenute in altre leggi speciali.

Pertanto, l’iscrizione di crediti per capitale fa collocare nello stesso grado il credito per interessi maturato limitatamente alle due annate anteriori e a quella in corso alla data del pignoramento (o della dichiarazione di fallimento, equiparata al pignoramento), ma soltanto nella misura legale, senza che a tale principio possano derogare le norme sul credito fondiario.

E poichè l’art. 2855 c.c., fa riferimento – come già detto – ai soli interessi compensativi, è esclusa, ai fini della applicazione della norma in esame all’ipotesi di credito fondiario, ogni possibilità di assimilazione delle due categorie di interessi, non rilevando in senso contrario la circostanza che il citato D.P.R. n. 7 del 1976, art. 14, sulla disciplina del credito fondiario, stabilisca che gli interessi moratori, in caso di mancato pagamento delle rate di ammortamento, siano dovuti di diritto dal giorno dalla scadenza.

Una tale espressione non può, infatti, essere intesa se non nel senso che, nelle ipotesi considerate, non è necessario un apposito atto di costituzione in mora (v. anche Cass. 29.8.1998 n. 8657).

Con il secondo motivo denuncia la violazione, ex artt. 36, nn. 3 e 5, del disposto di cui alla L. 6 giugno 1991, n. 115, art. 18, in relazione all’art. 113 c.p.c., per errata o falsa applicazione di norme di diritto e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il motivo, al limite della inammissibilità per la generica formulazione del quesito, è, comunque manifestamente infondato, per le ragioni già evidenziate con l’esame del primo motivo.

Peraltro, deve evidenziarsi che il richiamo alla sentenza n. 3938 del 2007 di questa Corte non è pertinente.

In quella sentenza, infatti, si faceva questione soltanto sull’applicazione, al caso in esame, della disciplina di cui al R.D. 16 luglio 1905, n. 646, art. 43, (T.U. sul credito fondiario), ovvero di quella di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 161, comma 6; e la Corte ha soltanto ritenuto che per l’applicazione della disciplina precedente era sufficiente la ricorrenza di una delle due evenienze previste dall’art. 161 richiamato: che si trattasse di contratti già conclusi o di procedimenti esecutivi in corso, e non di entrambe.

Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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