Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3691 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. III, 15/02/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 15/02/2011), n.3691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. armano Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1080/2009 proposto da:

I.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DEI NAVIGATORI 22 D, presso lo studio dell’avvocato

PERNISCO EMILIA, rappresentato e difeso dall’avvocato CARNEVALE

Leonida giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.C. (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

G.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DE

ANGELIS, rappresentato e difeso dall’avvocato BONACCORSI DI PATTI

DOMENICO giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

I.R. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 288/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA –

Sezione Seconda Civile, emessa il 21/12/2007, depositata il

24/01/2008, R.G.N. 1774/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato LEONIDA CARNEVALE;

udito l’Avvocato DOMENICO BONACCORSI DI PATTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. Con sentenza del 1974, passata in giudicato, la proprietà di un immobile veniva trasferita ex art. 2932 c.c., a I.R., a condizione che pagasse, in luogo di G.C., le rate di mutuo gravanti sull’immobile. Con sentenza del Tribunale del 1997, passata in giudicato, l’ I. – rimasto contumace nel giudizio iniziato nel 1993 – veniva condannato a restituire al G. l’immobile in argomento, non avendo adempiuto agli obblighi imposti dalla precedente sentenza.

L’azione proposta dall’ I. nel 1999, per far valere la nullità della notifica dell’atto di citazione del giudizio concluso nel 1997, veniva dichiarata improcedibile dal tribunale (sentenza del 2001), atteso che avrebbe dovuto proporre appello.

1.1. Avverso la sentenza del 1997 l’ I. proponeva ricorso per revocazione dinanzi al Tribunale, ex art. 395 c.p.c., n. 3, deducendo di aver ricevuto (22 giugno 2002) – solo successivamente al passaggio in giudicato e da un collaboratore del proprio pregresso difensore defunto – un plico contenente la prova dei pagamenti.

Il Tribunale, su eccezione del G., dichiarava improcedibile il ricorso, ex art. 399 c.p.c., per omesso tempestivo deposito dell’originale dell’atto di citazione in revocazione.

La Corte di appello, adita dall’ I. nel contraddittorio con il G., ritenuta la procedibilità della domanda non essendo imposto dall’art. 399 c.p.c., il deposito dell’originale, rigettava la revocazione nel merito (sentenza del 24 gennaio 2008).

2. L’ I. ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, corredati da quesiti; illustrati da memoria.

Con il controricorso il G. ha proposto ricorso incidentale con un motivo, corredato quesito, per violazione dell’art. 399 c.p.c..

Si discute, quindi, della procedibilità della domanda di revocazione e del rigetto della stessa.

3. L’esame del ricorso incidentale è logicamente preliminare, nonostante lo stesso venga qualificato come condizionato.

E’ pacifico tra le parti che l’ I. depositò la velina dell’atto di citazione in revocazione, con procura, ai fini della tempestiva iscrizione a ruolo e che depositò l’originale solo all’udienza di prima comparizione.

Con il ricorso incidentale, il G., sostiene l’improcedibilità della revocazione ex art. 399 c.p.c., essendo necessario il deposito dell’originale.

Sino ad ora, la Corte non ha avuto occasione di pronunciarsi espressamente sul punto.

Invece, il profilo del deposito della copia, al posto dell’originale, è emerso corposamente rispetto alla improcedibilità prevista per l’appello, dall’art. 348 c.p.c., in riferimento agli artt. 347 e 165 c.p.c., nel caso di pluralità di convenuti. In questi casi l’improcedibilita è stata esclusa; il deposito della copia ritenuto necessario (Cass. n. 17958 del 2007) e, a determinate condizioni, integrante irregolarità (Cass. n. 17666 del 2009; Cass. n. 25640 del 2010).

D’altra parte, sempre in riferimento all’appello, è stata esclusa l’improcedibilità nel caso di processo con un convenuto e di costituzione nei dieci giorni dalla notifica, mediante deposito di copia dell’atto di citazione notificato, e di successivo deposito dell’originale (Cass. n. 23027 del 2004). Questa decisione è la prima ad ammettere la possibilità della costituzione in giudizio mediante tempestivo deposito della copia notificata, in un periodo in cui la Corte non era ancora pervenuta alla conclusione che, nel caso di appello nei confronti di pluralità di convenuti, l’atto depositato in fase di costituzione non può non essere in copia (Cass. n. 17958 del 2007). Afferma il principio che il deposito, al momento della costituzione in giudizio dell’appellante, di una copia dell’atto di appello notificato – e non dell’originale (depositato dopo la scadenza del termine prescritto per la costituzione) – non comporta, ove non sia in discussione la conformità tra i due atti, la sanzione dell’improcedibilità del gravame, in quanto non determina la nullità della costituzione stessa, ma integra una mera irregolarità rispetto alle modalità stabilite dalla legge, non conseguendo a tale violazione alcuna lesione dei diritti della controparte.

Ritiene il collegio che, anche ai fini richiesti dall’art. 399 c.p.c. – dove l’originale della citazione non è espressamente richiesto – il deposito della copia, invece dell’originale, costituisca una mera irregolarità, non integrante lesione dei diritti di controparte;

ferma restando la conformità tra i due atti e il deposito dell’originale all’udienza di comparizione.

Il ricorso incidentale deve essere, pertanto, rigettato.

4. Nel merito, la Corte di appello, sia pure con motivazione stringata, ha rigettato la richiesta revocazione ritenendo non assolto l’onere della parte attrice di dimostrare una situazione di fatto tale da giustificare la mancata conoscenza dell’esistenza dei documenti; questa costituisce la ratio decidendi fondante della decisione. L’ulteriore argomentazione, basata sulla mancata illustrazione delle ragioni per cui l’ I. rimase contumace nel giudizio definito con la sentenza sottoposta poi a revocazione, nonostante sia preceduta da “soprattutto”, è evidentemente ininfluente. Infatti, per fondare il rigetto della domanda di revocazione, è sufficiente, da solo, il mancato assolvimento dell’onere probatorio in ordine all’incolpevole ignoranza della conoscenza dell’esistenza dei documenti.

4.1. Con i primi tre motivi, esaminabili congiuntamente per la stretta connessione che li caratterizza, il ricorrente principale censura la ratio decidendi fondante della decisione impugnata.

Sostiene che la sentenza è errata, avendo ritenuta necessaria la prova diretta dell’ignoranza incolpevole, invece della prova indiretta (violazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 398 c.p.c., comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, motivo).

Lamenta, (attraverso la prospettazione dell’omessa e insufficiente motivazione rispetto alla valutazione dei documenti prodotti a fondamento della richiesta di revocazione, di cui al secondo e terzo motivo), che il giudice non abbia ricavato dai documenti prodotti la prova indiretta dell’ignoranza incolpevole e della forza maggiore a proprio vantaggio.

La Corte d’appello, in una ipotesi di ignoranza dell’esistenza dei documenti (come nella specie, in cui si assume il pagamento di un terzo – l’avvocato deceduto – per conto dell’ I., senza che quest’ultimo sapesse, v. p. 25, e 28, 29 del ricorso), ha applicato il principio (Cass. n. 735 del 2008) r richiesto dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. Secondo tale principio, la parte attrice ha l’onere di dimostrare che l’ignoranza dell’esistenza del documento non è dipesa da colpa o negligenza, ma dal fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore e il relativo onere della parte è soddisfatto dalla dimostrazione di una situazione di fatto tale da giustificarne la mancata conoscenza.

Le censure del ricorrente, sostanzialmente, contrappongono una diversa valutazione dei documenti delibati. In tal modo i motivi si risolvono in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e, quindi, in una richiesta di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alle finalità del giudizio di cassazione. I motivi sono, pertanto, infondati.

4.2. Con i motivi quarto e quinto il ricorrente censura la sentenza – pure sotto il profilo della contraddittorietà della motivazione – nella parte in cui fonda il rigetto della domanda di revocazione anche sulla mancata illustrazione delle ragioni per cui l’ I. rimase contumace nel giudizio definito con la sentenza sottoposta poi a revocazione.

Questi motivi sono ininfluenti sull’esito del ricorso, atteso che l’ipotetico loro esame e accoglimento non intaccherebbe la sentenza impugnata fondata sulla prima ratio decidendi.

4.3. Con il sesto motivo, si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non aver il giudice di appello esaminato le istanze istruttorie (non specificate) relative alla prova della domanda di revocazione, dopo averla ritenuta (al contrario del giudice di primo grado) procedibile. Il motivo è inammissibile atteso che questa Corte si è più volte pronunciata univocamente nel senso di escludere la deducibilità della violazione dell’art. 112 c.p.c., come vizio di motivazione (Cass. n. 604 del 2003).

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Le spese del giudizio di cassazione sono compensate in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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