Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3687 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 13/02/2020), n.3687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

I.M., rappr. e dif. dall’avv. Felice Patruno, elett. dom.

presso la Cancelleria della corte di cassazione,

felice.patruno.pec.studiopatruno.it come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Bari 24.4.2019, n. 2239/2019,

R.G. 10331/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Ferro Massimo alla camera di consiglio del 22.1.2020;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. I.M. impugna il decreto Trib. Bari 24.4.2019, n. 2239/2019, R.G. 10331/2018 che ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva negato la protezione internazionale, in tutte le misure, nonchè il permesso di soggiorno per motivi umanitari;

2. il tribunale, dopo aver motivato la non disposta audizione del ricorrente, ha ritenuto: a) non provato il timore di rimpatrio per atti di persecuzione politica, sia per la genericità del ruolo che il richiedente avrebbe ricoperto nell’organizzare manifestazioni del partito di adesione (PTI, in Pakistan), sia per la risalenza dei fatti del 2017 (non essendosi presentato a testimoniare su aggressione subita da militante di partito opposto, il PMLN), sia per essere il partito di riferimento nel frattempo pervenuto al governo del Paese; b) non riscontrati danni gravi valorizzabili ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, nè in particolare allegati o comunque sussistenti nel distretto di provenienza (Gujrat), non attinto da conflitto armato; c) infondata la istanza di protezione umanitaria, per difetto dei requisiti idonei a ricostruire un’effettiva vulnerabilità;

3. il ricorso è su un tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si contesta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, e dell’art. 16 Direttiva32/2013/UE, avendo erroneamente il tribunale omesso di disporre la fissazione dell’udienza, nonostante il difetto di disponibilità della videoregistrazione dell’audizione del richiedente;

2. con il secondo motivo si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il tribunale ha escluso, contrariamente alle risultanze di altre fonti, la violenza generalizzata in Pakistan;

3. il terzo motivo rileva, in violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 10 Cost, la omessa motivazione sulla domanda di asilo costituzionale, autonoma soluzione in ragione della abrogazione della protezione umanitaria del precedente D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

4. il primo motivo non è fondato, posto che la circostanza pretesamente omessa risulta invece verificatasi, come il tribunale ha enunciato in esordio del decreto, dando conto di aver “sciolta la riserva di cui all’udienza del 13/2/2019” e per quanto risulta dal verbale di prima udienza n. cron. 927/2019 della stessa data; a verbale, contrariamente al tenore della censura, compariva infatti il difensore del ricorrente; in ogni caso, va ribadito che “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale” (Cass. 5973/2019); si tratta di norma di garanzia effettivamente assicurata;

5. quanto al secondo motivo, il tribunale ha poi escluso, accanto ad ognuna delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, l’emersione di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona per violenza indiscriminata, anche ai sensi dell’art. cit., lett. c), nè il ricorrente ha richiamato una diversa allegazione di conflitto armato circostanziato in relazione all’area di provenienza e di individualizzazione del danno grave, compito di specificazione sulla medesima parte ricadente; invero, la stessa “nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. 13858/2018, 18306/2019);

6. la censura – anche relativa al terzo motivo – sul diniego di protezione umanitaria, è inammissibile, dovendosi ripetere, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), che “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; si tratta di principio ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo qui difetto i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità del ricorrente e potendosi aggiungere che l’odierna censura è inammissibile anche per genericità e perchè si risolve in un dedotto vizio di motivazione, oltre il limite del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

7. è inammissibile altresì la stessa censura nella parte in cui, per altro profilo, invoca il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di asilo, sulla quale invece il tribunale ha espresso un giudizio – per quanto sintetico – di ricatalogazione non autonoma rispetto alle altre forme di protezione internazionale; e sul punto va data continuità all’indirizzo per cui “il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non v’è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3″ (Cass. 11110/2019);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass.9660/2019, 25862/2019).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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