Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3685 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 13/02/2020), n.3685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

L.S., rappr. e dif. dall’avv. Massimo Gilardoni, elett.

dom. presso la Cancelleria sezionale della Corte di cassazione in

Roma, massimo.gilardoni.brescia.pecavvocati.it, come da procura con

separato atto;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ope legis dall’Avvocatura dello Stato, dom. presso i suoi uffici in

Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Brescia 8.3.2019, n. 1176/2019,

R.G. 7987/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Ferro Massimo alla camera di consiglio del 22.1.2020;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. L.S. impugna il decreto Trib. Brescia 8.3.2019, n. 1176/2019, R.G. 7987/2018 che ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale, negando le relative misure, nonchè il permesso di soggiorno per motivi umanitari;

2. il tribunale ha ritenuto irrilevanti le questioni di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, posto che era mancata la videoregistrazione del colloquio avanti alla commissione territoriale e al contempo vi era stata udienza avanti al collegio, secondo un rito camerale compatibile con le esigenze semplificate e di riservatezza della materia, sussistendo un onere della prova cui concorreva anche l’iniziativa officiosa;

in particolare, venivano escluse veridicità e attendibilità delle circostanze esposte quanto alla persecuzione politica ad opera di membri dell’Awami League, così come alla partecipazione ad una “rissa” nel novembre 2015 e alla relativa denuncia che lo avrebbe indotto all’espatrio, per i collegamenti del padre (non meglio indicati) ad un partito di opposizione (BNP); parimenti il tribunale negava fondamento alla protezione sussidiaria, avendo omesso lo stesso ricorrente di indicare i danni gravi cui sarebbe stato esposto D.Lgs. n. 215 del 2007 ex art. 14 lett. c), difettando inoltre una situazione di conflitto rilevante in Bangladesh; infine, era esclusa anche la protezione umanitaria, per difetto dei requisiti di comparabilità, sia soggettivi che oggettivi, idonei a ricostruire un’effettiva vulnerabilità;

3. il ricorso è su un unico complesso motivo, cui resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il motivo si contesta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e al contempo si denuncia la illegittimità costituzionale della prima norma ove si prevede che il procedimento sia definito con decreto camerale nei 60 giorni e senza doppio grado; nel merito, si contesta la mancata concessione della protezione umanitaria e, conclusivamente, si invoca il riconoscimento della protezione sussidiaria;

2. la questione di costituzionalità complessivamente sollevata con riguardo al rito è già stata dichiarata infondata da questa Corte, ove si è pronunciato che non sussiste “violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte” (Cass.17717/2018); la successiva Cass. 8046/2019 ha più in generale ribadito lo stesso principio, pur se in altra materia, “poichè le forme del rito camerale disciplinato dagli artt. 737 c.p.c. ss., consentono, nei procedimenti di natura contenziosa, il pieno dispiegamento del contraddittorio e dell’iniziativa istruttoria delle parti anche quando difetti la celebrazione di una udienza”; si tratta di orientamenti cui dare continuità, non avendo il ricorrente recato in causa argomenti inediti e decisivi per una rinnovata ponderazione; tanto più che, si osserva, nel decreto impugnato si dà conto della avvenuta “audizione della ricorrente”;

3. per la restante parte il ricorso è inammissibile, in quanto esso introduce circostanze di espatrio e supposta persecuzione del ricorrente diverse da quelle ricostruite dal tribunale (e a loro volta riprese dalle deduzioni avanti alla commissione territoriale), nè il ricorrente espone quando tale narrazione sarebbe stata indicata nel procedimento avanti al tribunale, con quale mezzo e tempestività di allegazione; ne consegue la novità e dunque la preclusione a trattarne;

4. la domanda finale di riconoscimento della protezione sussidiarla è a propria volta inammissibile, per assoluta incompletezza, in quanto non anticipata da alcuna censura articolata su una critica specifica della corrispondente ratio decidendi;

5. la censura sulla protezione umanitaria non prospetta una diversa inferenza segnalando dove la motivazione del tribunale abbia violato i limiti della giustificazione del diniego, avendo piuttosto il decreto accertato il difetto sia di fattori soggettivi che oggettivi da cui dipenderebbe la vulnerabilità; ciò con riguardo sia all’assenza di problematiche personali e familiari del richiedente, capace di lavorare, sia all’inserimento sociale, delineato come mero oggetto di “fattiva volontà”; tali circostanze sono state avversate in modo del tutto generico;

6. si deve allora ripetere, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), che “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; proprio il cennato orientamento non integra invero alcun automatismo tra rivendicata permanenza nello Stato di accoglienza e generica asserzione del sacrificio dei diritti conseguente al rimpatrio, secondo i limiti anche di recente ribaditi da questa Corte (Cass. s.u. 29460/2019);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con condanna alle spese, secondo la regola della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. 9660/2019, 25862/2019).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in Euro 2.100, oltre al pagamento delle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente e se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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