Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3684 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. III, 15/02/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 15/02/2011), n.3684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32778/2006 proposto da:

C.M. (OMISSIS), C.T.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato ARMENIO Salvatore, con studio in 20122 MILANO VIALE

LUIGI MAINO 17/A, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

LA SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE, COOPERATIVA a.r.l.

(OMISSIS), in persona del suo Procuratore Dott. B.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI

BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato COLETTI Pierfilippo, che

la rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;

LA BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CARUGATE S.C.R.L. (OMISSIS),

in persona del Presidente e legale rappresentante Ing. M.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E. FAA’ DI BRUNO

79, presso 10 studio dell’avvocato GARGIULO MARCELLO ANTONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLEMENTE LUCIO, giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2304/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Quarta Civile, emessa il 21/04/2005, depositata il 19/7/2005,

r.g.n. 1423/2003;

udita la relazione della causa, svolta nella Pubblica udienza del

20/12/2010 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’avvocato PIERFILIPPO COLETTI; udito l’avvocato LUCIO

CLEMENTE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 5-10-2005 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado di rigetto della domanda proposta da C.M. e C.T. nei confronti della società Cattolica di Assicurazione Coop a.r.l e della Banca di Credito Cooperativo di Carugate s.c.r.l. volta ad ottenere la declaratoria di estensione dell’operatività della garanzia assicurativa per la responsabilità civile, stipulata da C. M., anche in favore della figlia T..

Avverso la suddetta sentenza C.M. e C.T. proponevano ricorso per Cassazione con un unico articolato motivo.

Resistevano con controricorso la società Cattolica di Assicurazione Coop a.r.l e la Banca di Credito Cooperativo di Carugate s.c.r.l.

Presentavano memoria ex art. 378 c.p.c., i ricorrenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di ricorso i C. deducono violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonchè nullità della sentenza e del procedimento per violazione di norme processuali e omessa e insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Denunziano che erroneamente la Corte di Appello aveva ritenuto non provato il requisito della convivenza della figlia C.T. con il padre C.M., risultando invece tale convivenza provata da una pluralità di risultanze processuali e la vessatorietà della clausola relativa alla decorrenza dell’assicurazione, con conseguente nullità della stessa per mancata approvazione per iscritto.

Il ricorso è inammissibile in quanto non rispetta i requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Secondo costante giurisprudenza di questa Corte il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per Cassazione dall’art. 366 c.p.c., n. 3. postula che il ricorso per Cassazione offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite.

ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata, (ex multis, Cass. n. 7825 del 2006).

Ebbene il ricorso in oggetto contiene solo la copia fotostatica integrale della sentenza impugnata ed è pertanto assolutamente inidoneo ad assolvere al requisito dell’esposizione sommaria de fatto, trattandosi di una forma assolutamente inadeguata al raggiungimento dello scopo della previsione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, perchè rimanda per l’individuazione del requisito da esso previsto ad un atto del giudizio di merito e, dunque, aliunde rispetto al ricorso, omettendo in tal modo anche completamente la funzione riassuntiva.

Inoltre a norma dell’art. 366, comma 1, n. 4, il ricorso per Cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere articolato su motivi dotati dei caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata (Cass. 20 febbraio 2006 n. 3654, Cass. 23 luglio 2004 n. 13830), con l’indicazione delle norme di diritto su cui i motivi si fondano.

Nella specie, i ricorrenti non assolvono a dette prescrizioni in quanto omettono la indicazione delle norme di diritto asseritamente violate e introducono un motivo del tutto nuovo, non trattato nella sentenza impugnata, vale e dire la nullità della clausola che stabiliva la decorrenza della copertura assicurativa in quanto clausola vessatoria non specificatamente approvata per iscritto.

Secondo giurisprudenza costante di questa Corte i motivi del ricorso per cassazione devono investire a pena di inammissibilità questioni che hanno formato oggetto del giudizio di secondo grado, non essendo consentito in sede di legittimità la proposizione di nuove questioni di diritto ancorchè rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione (Cass. 27 agosto 2003, n. 12571; Cass. 24 maggio 2003, n. 8247).

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido in favore di ciascun resistente al pagamento della somma di Euro 1.500,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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