Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3683 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 13/02/2020), n.3683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

PROLAT s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv.

Francesco Ruju, elett. dom. presso lo studio dell’avv. Paolo

Borghini, in Roma, via Giulio Cesare n. 14, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

Contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in persona del curatore

fallim. p.t.;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Pisa 15.11.2016, R.G. 4522/2013;

vista la memoria del ricorrente;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 22 gennaio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Ferro Massimo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. PROLAT s.r.l. impugna il decreto Trib. Pisa 15.11.2016, R.G. 4522/2013, che, parzialmente accogliendo la sua opposizione allo stato passivo del FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a. (già Fashion Yachts Group s.p.a.) in liquidazione, ha ammesso il relativo credito di 400 mila Euro in chirografo, disattendendo invece la domanda di prededuzione o privilegio;

2. il tribunale ha rilevato, dall’istruttoria documentale e per testi, che la società fallita aveva ricevuto e trattenuto la citata somma, pervenutale da terzi che avevano agito – pur se illecitamente – per acquisire da un possibile cliente della società e per suo conto, nel caso Prolat, una somma a garanzia di un programma d’investimenti nella nautica da diporto e così concludendo un contratto di mediazione; la somma, però, non era impiegata al predetto fine, nè restituita, costituendo perciò una dazione senza causa, come tale titolo per la insinuazione al passivo, ma priva di giustificazione prelatizia o in prededuzione;

3. con il ricorso, in due motivi, premessa la dedotta qualità di credito estraneo all’attività commerciale della fallita, si contesta la decisione per: a) violazione della L.fall., artt. 103 e 111, in subordine dell’art. 2768 c.c., anche come vizio di motivazione, avendo erroneamente il tribunale non considerato che la società istante era risultata vittima di una truffa, perpetrata da “delinquenti abituali” e dei cui proventi aveva profittato la fallita, come risultante anche dall’esito di parallelo giudizio civile risarcitorio conclusosi, per gli stessi fatti, con condanna del legale rappresentante, così derivandone il fondamento della “rivendica”, in quanto denaro estraneo all’attivo sociale; b) violazione dell’art. 92 c.p.c., avendo il tribunale disposto senza motivazione la compensazione delle spese, nonostante la piena soccombenza del fallimento.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo è inammissibile; dal provvedimento, non smentito sul punto dal tenore delle difese, manca una qualsiasi indicazione che le somme oggetto di dazione dalla ricorrente società e per come pervenute alla fallita siano state oggetto di sequestro, ai sensi dell’art. 185 c.p. e dell’art. 316 c.p.p., condizione indispensabile perchè, unitamente all’accertamento della fallita come responsabile civile di un reato per il quale vi sia stato processo penale, il terzo possa insinuare al passivo il proprio credito con il privilegio ex art. 2768 c.c.; nessuna di tale condizioni è stata anche solo allegata dalla impugnante, che anche sul punto delle risultanze del processo penale a carico dell’amministratore della fallita – omette di riportarne tempestività e ritualità d’introduzione nel processo avanti al giudice di merito, conseguendone l’inammissibilità, perchè questione nuova (Cass. 20694/2018); oltretutto il fatto di responsabilità dell’amministratore è culminato in sentenza citata come successiva al fallimento, nè provatamente definitiva e con accertamento di identità di esso, per come attribuito al colpevole rispetto a quello posto a base della insinuazione al passivo di cui è causa, dunque interamente non apprezzabile in questa sede;

2. a maggior ragione, e per difetto assoluto di prospettazione di occasionalità o funzionalità della insorgenza del credito rispetto al fallimento, L. Fall. ex art. 111, la prestazione restitutoria, divenuta concorsuale e tradottasi in mero credito per somma determinata, assume i connotati della prededuzione, genericamente invocata ed ancorchè riferibile ad un titolo risarcitorio equipollente alla “rivendica del danaro” prospettata;

3. va inoltre ripetuto che l’art. 2768 c.c., incertamente invocato insieme ad un ancor più labile richiamo alla L. Fall., art. 111, privo di ogni allegazione di titolo, stabilisce che per i crediti dipendenti da reato hanno privilegio sulle cose sequestrate lo Stato e le altre persone indicate dal codice penale secondo le disposizioni del codice stesso e del codice di procedura penale; ne consegue che il credito dipendente da reato, se e come vantato dalla parte offesa, ha privilegio sulle cose sequestrate all’imputato, su richiesta del pubblico ministero, o al responsabile civile su richiesta della parte civile, poichè il sequestro produce l’effetto di rendere privilegiato il credito ma ne individua altresì l’oggetto, per cui – trattandosi di privilegio speciale – soltanto i beni vincolati a seguito di tale provvedimento possono costituirne l’oggetto; ed è, nella specie, una condizione del tutto assente già nell’allegazione di parte; nè può invocarsi il privilegio in sede fallimentare in mancanza del compimento della misura cautelare, “a nulla rilevando la impossibilità di compierla in costanza del pignoramento fallimentare” (Cass. 432/1970);

4. così che nel caso in cui la parte offesa da un reato chieda l’ammissione al passivo del fallimento non dell’imputato, ma del soggetto che può essere chiamato civilmente a rispondere per il fatto dell’imputato, occorre, per chiedere l’ammissione al passivo in via privilegiata del credito per il risarcimento del danno patito, che essa provi: a) l’esistenza di un processo penale in corso; b) che il soggetto dichiarato fallito era legato all’imputato in detto processo da un rapporto che lo rende civilmente responsabile del fatto dell’imputato; c) che il soggetto vittima del reato si è costituito parte civile ecce il soggetto, poi dichiarato fallito, è stato convenuto nel processo penale in qualità di responsabile civile; d) che è intervenuto nel processo penale il sequestro dei beni del responsabile civile (Cass. 21722/2010); tutti fatti questi che il decreto impugnato non ha accertato nè ritenuti provati, anzi non facendone menzione;

5. il secondo motivo è infondato, posto che una motivazione sussiste, avendo fatto riferimento il tribunale, nell’ammettere il credito ma solo in chirografo, alla attività istruttoria esperita, tra cui l’escussione di testi, a giustificazione sintetica, dunque, del conseguimento della prova del credito solo nel relativo giudizio di opposizione, che ha visto la società solo parzialmente vittoriosa (Cass. 10685/2019);

al rigetto del ricorso consegue la dichiarazione della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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