Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3681 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2010, (ud. 20/10/2009, dep. 17/02/2010), n.3681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14762-2007 proposto da:

TRENITALIA S.P.A. e RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE UMBERTO TUPINI 113, presso lo studio dell’avvocato CORBO

NICOLA, che li rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.M., B.W., BA.SA., E.

C., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI 87,

presso lo studio dell’avvocato SEMINAROTI ALDO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SEROTTI CRISTINA giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

COOPERATIVA PORTABAGAGLI S.C.A.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1345/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/10/2006 R.G.N. 1739/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2009 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato CORBO NICOLA;

udito l’Avvocato SEMINAROTI ALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Le società Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana, succedutesi nel tempo quali (presunte) datrici di lavoro dei lavoratori in epigrafe, hanno impugnato, con articolate argomentazioni, la sentenza del Tribunale di Firenze che, in accoglimento della domanda degli appellati lavoratori e valutata la sussistenza di appalti vietati di mera manodopera tra le società e la Cooperativa Portabagagli s.c. a r.l., ha dichiarato che tra i lavoratori e F.S. S.p.A., e R.F.I. e successivamente Trenitalia S.p.A. era intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 1. 10.91 per A., Ba. ed E. e dal 1.9.91 per B., ed ha condannato le predette società al pagamento delle differenze retributive maturate nei limiti della prescrizione quinquennale.

A. e litisconsorti si sono costituiti, resistendo al gravame, di cui hanno chiesto il rigetto.

La Cooperativa Portabagagli è rimasta contumace.

Con sentenza del 10-12 ottobre 2006, 2006, l’adita Corte di Appello di Firenze ha rigettato l’impugnazione.

A tal fine, dopo aver ricordato una serie di pronunce di merito e di legittimità in ordine alla configurabilità di una intermediazione vietata di manodopera, la sentenza ha osservato che “l’indagine di merito dei singoli rapporti sottoposti al vaglio giudiziale “deve essere svolta alla luce “della misura di imprenditorialità con cui viene realizzato l’appalto”, tenendo conto “dell’impiego di mezzi, strumenti e capitali nonchè dell’autonomia gestionale nella realizzazione dell’opus”.

Muovendo da questa premessa la Corte ha ritenuto configurabile una intermediazione illecita di mano d’opera, allorchè sia “oggettivamente ineluttabile che la gestione operativa del lavoratore sia affidata alla Società ferroviaria, ancorchè quella amministrativa permanga in capo all’appaltatore”:

situazione che, secondo la Corte, si sarebbe verificata per le mansioni di fattorino ( A.) di addetto alle pulizie ed alle sale di aspetto ( A., Ba. ed E.), di recupero oggetti incustoditi e distribuzione biglietti ed abbonamenti ( E.), di addetto ai passaggi a livello ed alle informazioni ed annunci sonori (espletate da tutti e quattro i lavoratori), di manutentore di linea ( Ba.), di carico e scarico merci ( B.).

Dando riscontro ai vari motivi di gravame, ha affermato la sicura applicabilità della L. n. 1369 del 1960 anche alle Cooperative di lavoro ed ha osservato che, nella specie, dalle deposizioni dei testi emergeva avere i quattro appellati utilizzato “in linea pressochè esclusiva” strumenti e strutture del committente e che tale circostanza costituiva “ineludibile elemento interpretativo” circa l’assenza di imprenditorialità del datore di lavoro: da ciò e dal fatto che la Cooperativa Portabagagli non avrebbe esternato alcun potere gestionale – operativo sul personale impiegato, se non quello della individuazione dei turni di lavoro degli addetti ai passaggi a livello, la Corte di merito ha tratto conferma della interposizione ritenendo, altresì, irrilevante la disciplina sopravvenuta, contenuta nella L. n. 276 del 2003.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorrono Trenitalia e la Rete Ferroviaria Italiana con quattro motivi.

Resistono i lavoratori con controricorso. L’ A. ed il Ba.

hanno successivamente conciliata la lite, chiedendo che venga dichiarata cessata la materia del contendere.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo di impugnazione le società ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e ss. L. n. 1369 del 1960 e di ogni altra norma e principio in materia di autonomia collettiva e di accertamento di intermediazione di mano d’opera, nonchè omessa ed insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), contestano la sussistenza della fattispecie interpositoria rivendicando la legittimità degli appalti stipulati con la cooperativa, alla stregua della contrattazione collettiva appositamente intervenuta, in forza della quale tutte le mansioni espletate da ciascuno dei dipendenti in causa rientravano nel novero di quelle appaltabili.

Con il secondo motivo le ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione sotto altro profilo delle stesse norme e principi rubricati al precedente motivo nonchè omessa ed insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), si dolgono della sentenza impugnata poichè, nel caso di specie, mancherebbero presupposti oggettivi per configurare “interposizione di manodopera”.

Più precisamente, la sentenza non avrebbe tenuto conto della gestione amministrativa dei rapporti di lavoro operata dalla cooperativa appaltatrice e non avrebbe considerato la rilevanza della autonomia delle società ricorrenti in relazione al disposto della L. n. 1369 del 1960, art. 8 ed L. n. 210 del 1985, art. 2.

Con il terzo motivo le ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione sotto altro profilo delle stesse norme e principi rubricati ai precedenti motivi primo e secondo (art. 360 c.p.c., n. 3), lamentano la non applicabilità della L. n. 1369 del 1960 ai soci lavoratori delle Cooperative.

Con il quarto motivo di impugnazione le società, denunciando violazione e falsa applicazione sotto altro profilo delle stesse norme e principi rubricati ai precedenti motivi nonchè omessa ed insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), lamentano che la Corte di Appello di Firenze non avrebbe tenuto conto delle risultanze istruttorie a conferma degli elementi di fatto dedotti a loro difesa e che le circostanze addotte dai lavoratori non sarebbero state confermate dai testimoni escussi. Ciò facendo, la Corte di merito sarebbe incorsa in evidenti errori che si sono riverberati nella sentenza impugnata.

Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, peraltro attentamente sviluppate, non può essere accolto perchè, sotto il profilo di stretto diritto, in contrasto con la consolidata e condivisibile giurisprudenza di questa Corte in materia e, sotto il profilo della interpretazione del materiale probatorio, in quanto attinente a valutazioni di merito non fondatamente censurabili in questa sede. Deve innanzi tutto considerarsi – come affermato in analoghe occasioni da questa Corte (tra le tante, v. Cass. 19 luglio 2007 n. 16016) – che, in caso di impiego di manodopera negli appalti concessi dalle Ferrovie dello Stato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 210 del 1985, è da escludere che l’operatività del generale divieto previsto dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1, sia stata limitata dalla disciplina speciale e posteriore introdotta dalla citata L. n. 210 del 1985, art. 2, lett. i), nella parte in cui ha conferito ampio rilievo alle finalità di economicità ed efficienza dell’organizzazione delle Ferrovie dello Stato e alle conseguenti esigenze di elasticità e flessibilità nella dislocazione dei servizi e del personale. La lettura sistematica di tale ultima disposizione convince dell’assenza di qualsiasi limitazione del divieto di interposizione. Infatti, consentire alle Ferrovie di affidare a società o enti cui partecipino ovvero ad altre imprese la gestione di particolari settori di attività che non ritenga conveniente, per ragioni organizzative, funzionali ed economiche, gestire direttamente, significa semplicemente confermare il generale principio della libertà dell’imprenditore di affidare in appalto tutte le attività suscettibili di fornire un autonomo risultato produttivo, senza che sia consentito escludere l’ipotesi in cui l’organizzazione del committente sarebbe in grado di eseguire direttamente la lavorazione. Pertanto con riferimento proprio alle Ferrovie dello Stato questa Corte (Cass., sez. lav., 5 ottobre 2002, n. 14302) ha già affermato – e qui ribadisce – che il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1), in riferimento agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorchè strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (il caso di specie era relativo a due lavoratori che avevano svolto compiti di fattorino e di commesso, rientranti nel ciclo produttivo dell’azienda Ferrovie dello Stato, ma inseriti nella organizzazione della cooperativa di servizi della quale erano soci). La specifica previsione contenuta nella legge istitutiva dell’Ente Ferrovie dello Stato, quale ente pubblico economico creato al fine di assumere il servizio già gestito dallo Stato mediante un’azienda autonoma, si spiega agevolmente con la necessità di delineare il disegno organizzativo di un soggetto pubblico e di precisarne l’ambito di autonomia rispetto ai fini pubblici istituzionali. Certamente, in tema di appalti, non si è inteso consentire all’ente pubblico più di quanto non fosse consentito all’imprenditore privato.

Con riferimento poi più specifico al caso in esame, oggetto della presente controversia, i giudici d’appello hanno accertato, valutando le risultanze istruttorie, che la direzione tecnica delle prestazioni dei lavoratori intimati era di competenza esclusiva delle FF.SS., mentre alla Cooperativa era demandata la gestione dei turni, la corresponsione della retribuzione, la gestione delle ferie ed in genere l’amministrazione del personale. Le direttive tecniche ed il controllo del regolare espletamento del servizio era demandato alle FF.SS.. Quindi, con valutazione di merito assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria e pertanto non censurabile con ricorso per cassazione, la Corte d’appello ha accertato che la prestazione dei lavoratori intimati era nella piena disponibilità della società che la dirigeva e ne verificava il regolare espletamento.

Sicchè, in coerenza con tale accertamento di fatto, la Corte d’appello ha ritenuto integrata la fattispecie dell’illecita interposizione nella prestazione lavorativa, vietata dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1, di certo non adeguatamente contraddetta dalla indicazione in ricorso di stralci della contrattazione collettiva con la previsione di mansioni attribuite ai lavoratori in oggetto, riferibili pur sempre ad ipotesi di appalti leciti.

E’ appena il caso di aggiungere, in relazione alla dedotta inapplicabilità della disciplina del 1960 ai soci-lavoratori di cooperativa, che la distinzione operata delle ricorrenti in proposito non può essere condivisa perchè la distinzione non risulta configurabile nell’ambito della previsione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 – come ritenuto da questa Corte (Cass. 15783/2004), alla quale si è riportato il Giudice a quo, in quanto la regola sanzionatoria in questione, applicabile anche agli appalti assunti da cooperative, riguarda indistintamente dipendenti e soci delle medesime, proprio in virtù delle illegittimità degli appalti interpositori vietati dalla disciplina legale.

Per quanto esposto, avendo l’ A. ed il Ba. conciliata la lite, il ricorso proposto nei loro confronti va dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, mentre va rigettato nei confronti dei restanti intimati. Le spese del presente giudizio vanno compensate in ragione, per un verso, degli interventi legislativi (D.Lgs. n. 276 del 2003) che indicano la tendenza dell’ordinamento nel senso di autorizzare la mera somministrazione del lavoro e, per altro verso, per le obiettive difficoltà di individuazione delle esatte modalità delle svolte prestazioni lavorative.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti di A.M. e Ba.Sa. per sopravvenuto difetto di interesse. Rigetta il ricorso nei confronti dei restanti intimati e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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