Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3679 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. un., 17/02/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 17/02/2010), n.3679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, iscritto al n.

7744 del Ruolo Generale degli affari civili dell’anno 2009 e proposto

da:

SOCIETA’ VOLTANO s.p.a. (già Azienda Consortile Acquedotto Voltano)

con sede in Aragona (Ag), in persona del presidente e legale

rappresentante p.t. Dr. D.G.V., elettivamente

domiciliato in Roma, Via G. Bazzoni n. 3, presso l’avv. PAOLETTI

Fabrizio, rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso,

dall’avv. Girolamo Rubino;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO DEL LAVORO, DELLA PREVIDENZA SOCIALE, DELLA FORMAZIONE

PROFESSIONALE E DELL’EMIGRAZIONE PER LA REGIONE SICILIANA, e AGENZIA

REGIONALE PER L’IMPIEGO E LA FORMAZIONE PROFESSIONALE PER LA REGIONE

SICILIANA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., ex

lege domiciliati in Roma, presso l’Avvocatura Generale dello Stato,

alla Via dei Portoghesi n. 12 e dalla stessa rappresentata e difesa,

come si afferma nella comparsa depositata per partecipare all’udienza

di discussione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7411/2005 del Tribunale amministrativo per la

Sicilia di Palermo del 9 novembre – 14 dicembre 2005 e quella n. 817

del Tribunale civile di Palermo, del 31 ottobre 2008 – 16 febbraio

2009, che hanno entrambe denegato la giurisdizione sulle domande

della ricorrente.

Udita, all’udienza del 2 febbraio 2010, la relazione del Cons. Dr.

Fabrizio Forte e sentito il P.M. Dr. IANNELLI Domenico, che ha

concluso per la giurisdizione del giudice ordinario sulle domande

dalla ricorrente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Voltano s.p.a. (già Azienda consortile Acquedotto Voltano), qualificatasi organismo di diritto pubblico, proponeva al TAR per la Sicilia ricorso n. 2287/05 per l’annullamento, previa sospensione cautelare, del Decreto 4 aprile 2005, n. 450, del dirigente generale dell’Agenzia regionale per l’impiego e la formazione professionale, che aveva revocato il finanziamento erogato in esecuzione di Decreto Dirigenziale 19 luglio 2004, n. 1541 dell’Assessorato del lavoro, della previdenza sociale e della formazione professionale della Regione siciliana, ai sensi della L.R. Siciliana 26 novembre 2000, n. 24, art. 2, comma 1, a titolo di misura agevolativa della fuoriuscita dal precariato di lavoratori socialmente utili operanti in Regione o in strutture ed enti regionali, potendo tale contributo alla società per azioni in cui si era trasformata l’originaria Azienda consortile che lo aveva chiesto, essere configurato come aiuto di Stato violativo delle norme comunitarie sulla concorrenza.

Impugnati gli atti e i pareri connessi al decreto di revoca, il ricorrente domandava al TAR adito di disporre che le fosse restituita la somma accredita per l’anno 2004, che con la revoca era stata sottratta alla società e reincamerata dalla Regione. Il TAR per la Sicilia, ritenuta la causa di facile soluzione, con sentenza succintamente motivata, poichè la causa si sarebbe dovuta attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo, solo se la ripetizione del dovuto si fosse disposta per una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico sotteso alla primitiva erogazione o per vizi propri dell’atto di concessione, mentre spetta invece al giudice ordinario nel caso il recupero delle somme erogate derivi da inadempimento del concessionario (S.U. 28.12.2001 n. 16221, Cons. St.

Sez. 4^, 18 maggio 2004 n. 5534, S.U. 25.5.1999 n. 288, Cons. St.

Sez. 5^, 27.3.2000 n. 1765, S.U. 5.9.1997 n. 8585, 10.5.01 n. 183, 23.2.2001 n. 66), ha denegato la sua giurisdizione in favore del giudice ordinario. Ad avviso del giudice amministrativo, la revoca in autotutela del finanziamento non era connessa a vizi dell’atto nè ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico sottesa alla prima erogazione, che sarebbe spettata alla sua cognizione, ma alla trasformazione in società per azioni della Azienda consortile che aveva modificato la natura del beneficiario, imponendo una nuova scansione procedimentale alla luce dei principi comunitaria in materia di concorrenza.

Pertanto era da escludere la giurisdizione del g.a., trattandosi di una vicenda nella quale non vi era un potere della P.A. di ritiro del contributo da valutarsi ma di una vicenda successiva al finanziamento e connessa alla modificata natura del soggetto destinatario dello stesso, imputabile solo a quest’ultimo, con conseguente inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di giurisdizione.

A seguito di tale sentenza la Voltano s.p.a. nel 2006 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale ordinario di Palermo lo stesso Assessorato e l’Agenzia di cui in epigrafe, perchè, previa disapplicazione del citato provvedimento del dirigente generale dell’Agenzia di ritiro del finanziamento o revoca di esso, condannasse i detti due soggetti a pagare alla società quanto non erogato e a restituire quanto preteso delle somme erogate, con vittoria di spese e onorari.

Poichè la domanda della Voltano concerne il pagamento di somme concesse,quale contributo poi revocato per la stabilizzazione di 13 destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, su di essa doveva decidere il giudice ordinario, essendo controverso il rapporto sorto con il finanziamento e il diritto a mantenere lo stesso in vita; alla citazione dinanzi al tribunale ordinario l’Assessorato regionale replicava con domanda riconvenzionale di restituzione di quanto corrisposto e non ancora recuperato.

Avendo l’Azienda consortile modificato la sua natura in quella di società in house fra enti soggetti a controllo e vigilanza della Regione stessa ai sensi della L.R. n. 21 del 2003, art. 25, comma 3, la stessa andava trattata come causa relativa a contributo comunitario al quale il richiedente aveva solo interessi legittimi che, a differenza di quanto accade nelle concessioni ordinarie, anche dopo che questa è disposta, non divengono diritti soggettivi, rimanendo posizioni affievolite quelle sottostanti ad ogni istanza dell’interessato, anche se questo sia una società derivata dalla trasformazione di una azienda consortile come quella sopra richiamata.

Nel caso la revoca del finanziamento è da inquadrare nella modifica della natura del soggetto che lo ha chiesto e preteso e non è connesso a inadempimento del beneficiario nell’esecuzione del rapporto di contributo, ma si fonda su un fatto esterno sopravvenuto, costituito dalla valutazione dei presupposti per la concessione del contributo che fa inquadrare la controversia più nella fase della concessione ancora da decidere, che in quella di mera erogazione, per cui devono ritenersi sussistere, meri interessi legittimi invece che diritti a base delle domande delle parti.

Il tribunale civile di Palermo ha dichiarato quindi il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda, determinando il conflitto negativo di giurisdizione a base della denuncia-ricorso della Voltano s.p.a., in ordine al presente conflitto negativo. Per la risoluzione del conflitto di giuridizione emersa dalle due pronunce che precedono, propone ricorso di quattro motivi ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1, notificato alle altre parti tra il 20 marzo 2009, la Società Voltano s.p.a., che denunciato il conflitto che precede, ha chiesto a questa Corte a sezioni unite di accertare quale sia il giudice avente cognizione della presente causa e ad esso non replicano le autorità regionali intimate in questa sede, che chiedono solo la comunicazione dell’udienza pubblica di discussione per poter partecipare alla stessa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso deduce che, per la L.R. Siciliana n. 24 del 2000, art. 2, la Regione può concedere, ad enti e aziende sottoposti al controllo e a vigilanza regionale, un contributo ripartito in cinque annualità, finalizzato all’inserimento lavorativo dei soggetti occupati in lavori socialmente utili presso tali organismi.

Tale norma è richiamata nella L.R. n. 21 del 2003, art. 25, che disciplina le modalità di erogazione del contributo di cui sopra indicando i destinatari dell’agevolazione; tra questi, le circolari assessoriali precisano esservi anche le società e i consorzi a prevalente partecipazione della Regione, sempre che, con tali finanziamenti, non si deroghi al divieto degli aiuti di Stato, di cui alla normativa comunitaria, a tutela della concorrenza e del mercato.

Nella concreta fattispecie, lo stesso ufficio legislativo della Regione, il cui parere ha determinato la revoca del contributo alla ricorrente, in una prima fase aveva affermato che, per accertare la sussistenza dei presupposti per erogare i contributi oggetto di causa, occorreva verificare se il soggetto richiedente avesse natura giuridica pubblica o equiparata ovvero se fosse una società a partecipazione della Regione siciliana o di enti controllati, dovendosi in tale ultimo caso verificare se, in concreto, il finanziamento non costituisse un aiuto di Stato, non corrispondendosi direttamente ad una P.A., ma ad una società.

Se si fossero però confrontati gli statuti della Azienda consortile già esistente e della società ricorrente, si sarebbe chiarito che la natura di organismo di diritto pubblico permaneva pure per la società, istituita per soddisfare bisogni di interesse generale, aventi carattere non industriale e commerciale per cui essa è stata dotata di personalità giuridica ed, essendo finanziata in misura prevalente da enti pubblici, le andavano riconosciuti in concreto tutti i caratteri propri dell’organismo di diritto pubblico sia in base alla normativa comunitaria che alla giurisprudenza della Corte di giustizia Ce e dei giudici amministrativi italiani, specificamente richiamata a pag. 11 del ricorso.

Le società dotate di personalità giuridica si distinguono dagli enti pubblici ma, pure essendo soggetti di diritto privato, per i caratteri sopra richiamati, divengono organismi di diritto pubblico per le finalità dei loro statuti.

In quanto persone giuridiche svolgenti un’attività finalizzata al soddisfacimento di bisogni di interesse generale, non aventi carattere commerciale o industriale, la qualifica delle c.d. società in house, cioè partecipate dai soli enti pubblici per conto dei quali offrono i servizi che producono, di organismo di diritto pubblico non può negarsi, considerato il carattere funzionale al perseguimento degli interessi generali anche delle eventuali attività commerciali o industriali svolte da esse.

Per i servizi pubblici con rilevanza economica, infatti, sarebbe impensabile un soggetto che non sia in competizione con altri nello svolgimento delle attività industriali o commerciali da esso svolte;

anche se deve escludersi un’ordinaria attività imprenditoriale, la stessa è comunque diretta a realizzare fini di interesse generale, senza i quali neppure è configurabile un organismo di diritto pubblico.

In questo ambito rientra il servizio pubblico di captazione, adduzione e distribuzione di acque ad usi civili, reso dalla società ricorrente, con conseguente perseguimento dalla stessa di finalità di carattere generale per la quale si era costituita nel 1997 l’Azienda consortile del Voltano, in attuazione della L.R. n. 36 del 1994.

La disciplina di tale tipo di società è oggi contenuta nel D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113, che espressamente prevede l’affidamento del servizio idrico a società di capitali partecipate unicamente da enti locali che fanno parte dello stesso ambito territoriale ottimale.

Gli enti locali possono creare società per la gestione del servizio idrico, invece di indire gare per affidare lo stesso a terzi, non potendosi tale tipo di servizio ritenere privato o liberalizzato, per essersi escluso dalle liberalizzazioni, in base alle stesse norme comunitarie, il servizio di distribuzione delle acque e di smaltimento di acque reflue, che non deve svolgersi in regime di concorrenza.

L’Assessorato regionale nella nota indirizzata alla Commissione europea, Direzione generale Concorrenza, per sollecitare chiarimenti, ha trasmesso un elenco dei settori di intervento che potrebbero determinare concorrenza, tra i quali non è indicato il servizio idrico effettuato dalla ricorrente.

In ordine alla gestione pubblica del servizio è sufficiente il potere delle amministrazioni partecipanti di nominare amministratori e dirigenti della società, per evidenziare la influenza pubblica cui la società è assoggettata, che nel caso si esplica per essere la società interamente partecipata da enti locali della Regione siciliana, per cui deve ritenersi che la s.p.a. Voltano ha il diritto al contributo oggetto di revoca, che sarebbe quindi illegittima.

1.2. In secondo luogo, anche a non considerare quanto evidenziato sopra, sono pretestuosi gli assunti dell’ufficio legislativo della Regione siciliana fatti propri dell’Assessorato, per cui la trasformazione dell’Azienda consortile in società per azioni, rendendo applicabile al caso la disciplina comunitaria sui c.d. aiuti di Stato che avrebbe imposto la revoca del contributo fino alle determinazioni della Commissione europea, non rientrando la fattispecie concreta in quella dei c.d. aiuti, di cui non possono che fruire le sole imprese che agiscono in regime di concorrenza ai sensi degli artt. 86, 87 ed 88 del Trattato U.E., favorendo tali erogazioni talune imprese rispetto ad altre. L’assessorato e l’Azienda controparti, solo per effetto della trasformazione dell’azienda in società, hanno inserito il gestore dei servizi idrici tra i soggetti privati che agiscono in regime di concorrenza, qualificando i contributi revocati “aiuti di Stato” ad ogni effetto.

L’amministrazione regionale ha quindi trasformato il contributo revocato in aiuto di Stato, chiedendo poi alla Commissione europea l’accertamento della compatibilità di esso con il regime della concorrenza, e ritirando la notifica alla Commissione del contributo come disposto, al fine di consentire il ritorno al lavoro dei soggetti che espletano lavori socialmente utili, con l’aiuto minimo fornito nei casi analoghi dagli Stati membri.

L’amministrazione regionale non poteva condizionare il contributo erogato e da erogare alle determinazioni della Commissione europea, non essendo, per tali finanziamenti relativi ai lavori socialmente utili, necessarie particolari disposizioni della Commissione, con conseguente illegittimità della revoca di essi anche per tale profilo.

1.3. In terzo luogo si deduce violazione di norme sul procedimento amministrativo con cui si consente al soggetto interessato di parteciparvi, formulando memorie e scritti che la P.A. deve valutare, se attengono all’oggetto del procedimento (L. 241 del 1990, art. 10).

La Voltano s.p.a., ricevuta comunicazione il 14 marzo 2005 dell’avvio del procedimento che sarebbe sfociato nel provvedimento di revoca della Direzione generale del 2004, trasmetteva all’Agenzia un parere legale pro veritate, di cui nessun conto si è tenuto, non valutandosi assolutamente le argomentazioni della beneficiarla del contributo a sostegno della legittimità della erogazione, revocando quanto già concesso nel 2005 e pretendendone la restituzione.

2. Va anzitutto riaffermato il tradizionale orientamento per cui in materia di concessione di finanziamenti o sovvenzioni da parte di pubbliche amministrazioni occorre distinguere la fase procedimentale precedente al provvedimento che li dispone, da quella successiva, costituita dal rapporto di credito sorto per effetto dell’impegno assunto dall’organo pubblico, che deve erogare quanto concesso al destinatario del contributo.

Per la fase precedente al provvedimento concessorio, che è discrezionale e costituisce un atto in cui la P.A. esprime i propri poteri autoritativi, vengono in gioco sempre e solo interessi legittimi del soggetto che ha chiesto il finanziamento e su di essi ha di regola giurisdizione il solo giudice amministrativo, che può conoscere della conformità all’interesse generale o pubblico dell’ interesse particolare di chi ha agito in giudizio (S.U. 9 settembre 2008 n. 22651, 10 luglio 2006 n. 15618, 30 marzo 2005 n. 6639, 23 febbraio 2001 n. 66, tra altre). Per la fase successiva al provvedimento attributivo del beneficio il titolare di questo ha invece di regola una situazione giuridica corrispondente al diritto soggettivo, allorchè si faccia questione della conservazione della disponibilità della somma percepita di fronte alla contraria posizione della P.A. che agisce con provvedimenti variamente definiti (revoca, decadenza, risoluzione) che, se derivano da inadempimento degli obblighi del concessionario, non esprimono poteri autoritativi e si qualificano nell’ambito di un rapporto giuridico sussistente tra concedente e concessionario da considerare in posizioni paritarie, nel quale non v’è esercizio di poteri autoritativi, mentre qualora detti atti conseguano ad una nuova ponderazione degli interessi pubblici ritenuti assenti sin dalla origine del procedimento concessorio ovvero venuti meno nel corso dello stesso con annullamento in autotutela della concessione, si versa ancora in una fattispecie nella quale le posizioni soggettive da valutare sono interessi legittimi la cui cognizione spetta al giudice amministrativo (S.U. 18 dicembre 2008 n. 29529, ord. 8 luglio 2008 n. 18630, 22 giugno 2007 n. 14572, e la cit. n. 6489 del 2002).

In quanto la c.d. revoca e il ritiro del finanziamento interviene di regola allorchè già è sorto il rapporto tra P.A. e soggetto sovvenzionato, che fruiscono entrambi di diritti soggettivi da esercitare in forma paritaria, in un rapporto nel quale non v’è alcun potere autoritativo e discrezionale della P.A., di regola si afferma che atti del tipo di quello oggetto della presente controversia costituiscono oggetto della giurisdizione del giudice ordinario (cfr. S.U. 19 febbraio 2009 n. 3965).

La particolarità della presente fattispecie è la circostanza che la sovvenzione oggetto di causa comunque ha come destinatario un soggetto di diritto pubblico, mentre i principi sopra enunciati riguardano, di regola, ipotesi in cui i benefici spettano a privati i cui rapporti con la P.A. sono facilmente configurati come interessi legittimi nei confronti dell’autorità amministrativa, a differenza di quelli tra due soggetti comunque di diritto pubblico.

In secondo luogo, la revoca della sovvenzione non trova causa in un inadempimento del beneficiario nè consegue ad una nuova valutazione degli interessi a base della concessione del contributo, ma si erte in una fattispecie in cui l’Assessorato e l’Azienda che hanno disposto il beneficio, a causa della mutata configurazione del destinatario di esso da Azienda consortile a società per azioni, lo hanno revocato nel dubbio che tale vicenda soggettiva possa avere mutato anche la natura della sovvenzione, convertendola in aiuto di Stato a vantaggio di un soggetto che comunque agisce in una veste societaria tipica e da imprenditore, in violazione delle norme sulla concorrenza e sul mercato, per cui si è sottoposta richiesta di chiarimenti alla Commissione comunitaria per non incorrere in sanzioni.

Indipendentemente dalla natura del ricorrente, che può configurarsi come impresa pubblica e/o come organismo di diritto pubblico, come si è già detto per tutte le società per azioni a capitale pubblico costituite per la gestione del servizio idrico da enti locali (su tali concetti cfr. S.U. ord. 26 ottobre 2009 n. 22584), occorre accertare, nella fattispecie, se la revoca disposta del finanziamento dall’Assessorato e dall’Agenzia esprima o meno un potere discrezionale di tali P.A. nei confronti della società ricorrente o costituisca un’attività vincolata, in rapporto a quanto dedotto dalla ricorrente, come sembra difficile denegare nella presente controversia.

Si è di recente affermato in un caso simile di finanziamento di un’attività economica industriale, revocato per incompatibilità con la normativa comunitaria che vieta gli aiuti di Stato alle imprese, che la relativa controversia verte su diritti soggettivi e non su interessi legittimi, non riguardando la legittimità dei modi di esercizio di un pubblico potere interferente con gli interessi del destinatario del beneficio, ma l’esistenza stessa di tale potere, dovendosi il comportamento della P.A. ritenere necessitato e dovendo comunque prevalere il dovere di rispettare i vincoli comunitari, da cui sorge l’obbligo di disapplicare eventuali norme interne contrastanti con i vincoli stessi (S.U. 19 maggio 2008 n. 12641).

Accertato che le sovvenzioni per cui è causa attengono, in ordine alla posizione dei prestatori di lavori socialmente utili a situazioni non configurabili come rapporto di lavoro anche se da qualificare diritti soggettivi, come tali spettanti alla cognizione del giudice ordinario (Cass. 7 febbraio 2008 n. 2887, 29 gennaio 2007 n. 1828) e che comunque gli aiuti c.d. comunitari o si configurano come diritti (cfr. Cass. 7 maggio 2008 n. 11203) ovvero danno luogo a comportamenti illeciti e lesivi della concorrenza, di tali situazioni soggettive non può che conoscere sempre detto giudice ordinario.

L’affermazione dell’Assessorato e dell’Azienda che avevano disposto il contributo dell’esigenza di interpellare la Commissione, per accertare la legittimità e liceità del finanziamento in rapporto alla natura della società cui esso era stato trasferito dall’Azienda consortile che l’aveva richiesto, anche se i servizi idrici forniti dalla società non possono essere oggetto di concorrenza e pur se la beneficiarla della sovvenzione è un organismo di diritto pubblico, comporta che la c.d. revoca del finanziamento ha costituito comunque un atto privo di qualsiasi discrezionalità e non può configurarsi come espressione di poteri autoritativi dell’Assessorato e di conseguenza che, sul comportamento dell’Amministrazione regionale nella fattispecie e sulla richiesta di dichiarare illecita la revoca da essa disposta in ragione del richiamato interpello alla Commissione, non può che pronunciarsi il giudice ordinario, in tali sensi risolvendo il conflitto negativo denunciato con il ricorso in questa sede, previa cassazione della sentenza del tribunale che ha determinato il conflitto stesso e rinvio della causa a quest’ultimo ufficio in persona di diverso magistrato.

In assenza di un contenzioso determinato dalle parti nel caso di denuncia di un conflitto negativo di giurisdizione come quello oggetto del presente procedimento, dovuto solo alle posizioni assunte dai giudici aditi nel merito dotati di giurisdizioni diverse e distinte, che hanno entrambi denegato di poter decidere sulle domande loro proposte, ogni regolamentazione delle spese va rinviata alla decisione della causa nel merito, nella quale potrà anche accertarsi quale è la parte in concreto soccombente, tenuta a mantenere esente l’altra parte dalle conseguenze dell’azione intrapresa.

P.Q.M.

La Corte a sezioni unite, sul ricorso ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1, della s.p.a. Voltano, che denuncia il conflitto negativo di giurisdizione tra la sentenza del TAR della Sicilia, Sez. Terza n. 7411, del 9 novembre – 14 dicembre 2005, e quella del Tribunale civile di Palermo, in composizione monocratica, n. 817, del 31 ottobre 2008 – 10 febbraio 2009, dichiara la giurisdizione del Tribunale civile di Palermo e cassa la sentenza di questo, negatoria dei poteri di cognizione, rinviando la causa dinanzi a quest’ultimo tribunale, in persona di altro magistrato anche per la disciplina delle spese di questa fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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