Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3678 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. un., 17/02/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 17/02/2010), n.3678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 4791 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2007, proposto da:

LA MERIDIONALE s.r.l. con sede in (OMISSIS), in

persona

dell’amministratore unico dr. B.A., suo legale

rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via dell’Orso n.

74, presso l’avv. Paolo Di Martino del foro di Napoli, che la

rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

1) Z.V., E.M., M.R. e Z.

A., tutti già elettivamente domiciliati nel giudizio di merito

in Napoli presso il difensore domiciliatario avv. Amedeo Sorge, che

li ha rappresentati e difesi in quel grado.

2) COMUNE DI NAPOLI, in persona del sindaco, quale ente subentrante

al Funzionario delegato CIPE, già domiciliato nel merito, con il

difensore avv. Allegretti de Lista Gian Piero, in Napoli, alla Piazza

Municipio, Palazzo S. Giacomo.

– intimati –

avverso la sentenza n. 28/2008 della Giunta speciale per le

espropriazioni presso la Corte d’appello di Napoli, del 15 maggio –

12 giugno 2008.

Udita, all’udienza del 2 febbraio 2010, la relazione del Cons. Dr.

Fabrizio Forte e sentito il P.M. Dr. Iannelli Domenico, che ha

concluso per l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 5 dicembre 2006, Z.V., E.M., M.R. e Z.A., comproprietari di un fondo con fabbricato rurale sito in (OMISSIS), di mq. 2966, in N.C.T., a (OMISSIS), immobili acquistati per compravendita per notar Coppola del 18 novembre 1988, Rep. n. 61083, dedotto che detto immobile era stato danneggiato dalla costruzione dell’asse di collegamento Napoli Est – Tangenziale di Napoli, opera realizzata dalla s.r.l. La meridionale su incarico del Commissario di Governo di cui alla L. n. 219 del 1981, cui era subentrato per la L. n. 341 del 1995, art. 22 il Comune di Napoli, convenivano in giudizio, dinanzi alla Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d’appello (da ora: Giunta speciale), la indicata società e il detto ente locale, perchè fosse determinata, in contraddittorio con i convenuti, la indennità di asservimento e/o l’indennizzo ai sensi della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46 per il deprezzamento e il diminuito godimento pregresso dei descritti cespiti effetti del passaggio in sopraelevazione di un viadotto della citata opera viaria sullo spazio aereo vicino ai loro immobili. La nuova costruzione, anche per l’inquinamento acustico e atmosferico determinato dall’opera stessa una volta completata, aveva asservito per pubblica utilità il fondo e fabbricato degli attori, cagionando loro danni permanenti, ai sensi della L. n. 2359 del 1865, citato art. 46 e ne aveva ridotto la fruizione già nel corso della esecuzione dei lavori. con pregiudizi indennizzabili dei quali giudice speciale adito doveva liquidare il relativo importo.

La Giunta speciale, disposto il sopralluogo dei cespiti oggetto di causa da parte dei propri membri tecnici, con sentenza del 12 giugno 2008, ha confermato in primo luogo la sua giurisdizione anche successivamente all’abrogazione, ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 58, del D.Lgt. 27 febbraio 1919, n. 219 che aveva istituito l’organismo giurisdizionale speciale, perchè la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, fonte dei danni, era anteriore all’entrata in vigore del nuovo T.U. sull’espropriazione, come invece deducevano gli attori.

Inoltre la Giunta ha accertato la legittimazione attiva degli istanti e negato quella passiva del Comune, condannando la sola concessionaria s.r.l. La meridionale a pagare l’indennizzo chiesto per il deprezzamento dell’immobile dei ricorrenti, di cui alla L. n. 2359 del 1865, citato art. 46, liquidato in Euro 63.070,75, pari a una percentuale dell’indennità virtuale di espropriazione della proprietà dei beni degli attori, sancendo che, per il ridotto godimento del cespite dalla data di costruzione del viadotto a quella di completamento dell’opera, la convenuta, doveva corrispondere Euro 71.381,42, cioè gli interessi legali per ciascuno degli anni dei lavori sulla indennità di a&servimento, oltre a quelli dovuti su tale somma dalla domanda (5 dicembre 2006) al saldo, condannando la convenuta alle spese di causa e all’onorario in favore dei componenti del collegio.

Il giudice speciale ha ritenuto nella specie applicabile l’art. 167 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 in vigore dal 16 marzo 2006, dichiarando di ufficio decaduti i convenuti dalla proposizione dell’eccezione di prescrizione dei diritti degli attori, non proposta con la comparsa di risposta.

Ritenuti sussistenti i presupposti di fatto di applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46, la giunta ha accertato che il progetto dell’opera viaria fonte del danno, approvato con Delib. Consiglio Comunale Napoli 19 maggio 1969, n. 126 era stato poi inserito tra quelli dei programmi di edilizia residenziale del post-terremoto del 1980 in Campania.

I lavori da realizzare erano stati consegnati alla concessionaria s.r.l. La Meridionale il 23 luglio 1986 e sospesi l’8 aprile 1994, per mancata disponibilità di parte delle aree necessarie, dovendosi presumere terminati dopo l’approvazione d’una variante, con l’apertura al traffico del viadotto in data 24 maggio 2006. Liquidata l’indennità L. n. 2359 del 1865, ex art. 46, nel 25% di quella virtuale di espropriazione fissata ai sensi della L. n. 1892 del 1885, art. 13, pari alla metà del valore di mercato e della rendita catastale coacervata per un decennio dei cespiti degli attori, la Giunta è giunta a determinare l’indennità come riportata, chiarendo che il diminuito godimento s’era protratto dall’inizio dei lavori (luglio 1986) alla apertura al traffico del viadotto; il dovuto per tale ulteriore titolo di ridotto godimento dei beni era fissato nella misura convenzionale degli interessi legali sull’indennità virtuale di servitù per ciascun anno dal 23 luglio 1986 fino al 30 giugno 2006.

Non essendo stati gli attori già espropriati o asserviti legalmente ed essendo qualificabili come terzi danneggiati legittimamente e per effetto della mera costruzione dell’opera pubblica per la quale si era dato corso alla procedura ablativa strumentale, manufatto lesivo del diritto di proprietà dei controricorrenti in fatto asservita in modo permanente al viadotto già da quando ne era in corso la costruzione, era riaffermata, come già detto, per la liquidazione degli indennizzi, la competenza della Giunta speciale, per il combinato disposto del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 58 e del D.Lgs. 27 febbraio 1919, n. 219, art. 18, che riservano alla Giunta le indennità di cui sopra per tutte le procedure ablative pendenti e non concluse alla data di abrogazione di questa ultima legge.

Ritenuto che il prezzo medio di mercato delle aree in zona, sulla base delle indagini di mercato esperite dai tecnici del collegio, poteva fissarsi in Euro 1000,00 a mq., in rapporto al quale doveva liquidarsi il valore venale degli immobili asserviti, tenuto conto dei soli manufatti preesistenti al viadotto e del verde annesso ad essi, i beni danneggiati erano complessivamente valutati in Euro 502.520,00.

A tale somma, ai sensi della L. 15 gennaio 1895, n. 2892, art. 13, era aggiunto il coacervo decennale del reddito dominicale di Euro 2046,00, e l’indennità virtuale di espropriazione degli immobili degli attori era da stabilire nella semisomma di detti valori, cioè in Euro 252.283,00. Sulla base delle caratteristiche posizionali intrinseche si sono infatti determinate le percentuali di diminuzione di valore del cespite degli attori, pervenendosi a determinare l’indennità di asservimento di fatto delle aree degli intimati in questa sede in una somma pari al 25% di quella di esproprio, pari alla percentuale di deprezzamento subito dai beni a causa della perdita di luminosità, soleggiamento e sicurezza e dell’aumento di rumorosità, effetto della costruzione del viadotto ad opera della s.r.l. La meridionale, liquidando le perdite da ridotto godimento precedente degli immobili danneggiati nel corso dei lavori negli interessi legali sull’indennità di asservimento per ciascun anno in cui la fruizione dei beni degli istanti era risultata diminuita dall’inizio dei lavori alla loro fine. Le spese del grado sono state poste a carico della s.r.l. La Meridionale nei confronti dei privati, nulla disponendosi per le stesse tra questi e il comune e tra l’ente locale e la concessionaria.

Per la cassazione della sentenza di cui sopra propone ricorso di cinque motivi, con i relativi quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., notificato alle altre parti tra il 10 e il 25 febbraio 2009, la s.r.l. La meridionale, cui non replicano gli intimati Comune di Napoli con i due Z., il M. e la E.; la ricorrente ha depositato memoria illustrativa dell’impugnazione ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia il difetto di giurisdizione della Giunta speciale, per la sua avvenuta soppressione, e la violazione del D.Lgs. 27 febbraio 1919, n. 219, artt. 17 e 18, art. 5 c.p.c., e D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, artt. 53, 57, 58 e 59, non contestando le affermazioni in diritto della sentenza impugnata circa il permanere dei poteri di cognizione della Giunta speciale per tutte le opere per le quali la dichiarazione di pubblica utilità sia stata anteriore all’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001 (30 giugno 2003), ma negando la sussistenza degli elementi di fatto a base delle conclusioni della sentenza impugnata sulla questione.

L’asse viario oggetto dei lavori, la cui costruzione era stata decisa dal consiglio comunale con Delib. 19 maggio 1969, n. 126 venne inserito tra gli interventi da effettuare per il programma straordinario edilizio per la ricostruzione, ai sensi del Titolo 8^ della L. 14 maggio 1981, n. 219 con la ordinanza commissariale n. 1239 del 1984; l’opera pubblica venne però realizzata nel tempo e all’esito di un vasto contenzioso tra concedente e concessionaria, concluso con la transazione del 9 agosto 2005 nella quale si dava atto dell’esecuzione di una variante successiva al 30 giugno 2003, per la quale la presente controversia non potrebbe più considerarsi tra quelle di cui all’art. 57 del nuovo T.U. sulla espropriazione, ma andrebbe definita in base a quest’ultima novella normativa. Il quesito finale sulla questione di giurisdizione ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. domanda di accertare se per le opere previste in un progetto approvato dopo il 30 giugno 2003, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., la giurisdizione spetti alla Giunta speciale, non applicandosi il D.P.R. n. 327 del 2001 o se per il principio di unicità della stima dell’indennizzo conseguente all’asservimento di fatto di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46, di un tipo di causa del genere debba conoscere solamente l’autorità giudiziaria ordinaria.

1.2. Il motivo di ricorso è infondato, perchè le circostanze di fatto a base del preteso venir meno della giurisdizione della Giunta speciale, non incidono nel senso indicato in ricorso. Anche a non rilevare la inopponibilità ai terzi della transazione conclusa tra concedente e concessionario delle loro vertenze sui lavori in corso nella quale, tra l’altro, si fa riferimento ad una variante di progetto approvata dopo l’entrata in vigore del nuovo T.U. sull’espropriazione, tale pretesa fonte di una nuova dichiarazione di pubblica utilità successiva all’entrata in vigore del T.U. ed idonea a determinare l’applicabilità di questo e la giurisdizione dell’A.G.O., non è giuridicamente fondata. Pur essendo stato il viadotto deliberato nel 1969, esso è stato inserito con la citata ordinanza commissariale del 1984 per effetto della L. n. 219 del 1981, art. 84 bis, nelle opere di urbanizzazione necessarie all’attuazione del programma straordinario di edilizia residenziale del post terremoto. Per la stessa L. n. 219 del 1981, art. 81, la dichiarazione di pubblica utilità si ha implicitamente con la mera individuazione delle aree destinate all’opera da realizzare, che nel caso si presume sia quella della consegna dei lavori alla concessionaria, dalla esecuzione dei quali a decorrere dal 1986 sono derivati in fatto i danni oggetto dell’indennizzo di cui alla presente causa.

Trattandosi di accertare una indennità ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 46, dovuta al mero “fatto” della perdita o della diminuzione di godimento del diritto di proprietà di terzi non espropriati a causa della esecuzione dell’opera pubblica, la cui esecuzione era iniziata nel 1986, data presumibile di individuazione delle aree e della connessa dichiarazione implicita di pubblica utilità di cui alla L. n. 219 del 1981, sopra richiamato art. 81, è palese che il danno permanente prodotto con l’esecuzione dell’opera era già in corso allorchè i lavori furono sospesi, non deducendosi in ricorso che l’opera non incidesse in fatto già sui beni per cui è causa prima della sospensione stessa.

Pertanto, dall’inizio dei lavori e durante la sospensione di essi fino all’apertura al traffico del giugno 2006, in mancanza di deduzioni in ricorso che evidenzino la inesistenza di alcuna costruzione incidente sulle aree dei privati intimati in questa sede, il danno di fatto da indennizzare era già sussistente prima dell’approvazione della variante successiva al 30 giugno 2003 e quindi l’indennità era dovuta per la precedente dichiarazione tacita di pubblica utilità dell’opera coincidente con la individuazione delle aree necessarie alla sua esecuzione. Nessun rilievo ha nella vicenda la variante che, per la concessionaria ricorrente, avrebbe comportato una nuova dichiarazione tacita e approvazione del progetto successiva all’entrata in vigore del vigente T.U. sulle espropriazioni con conseguente spostamento della giurisdizione a causa della soppressione del giudice speciale.

L’approvazione del progetto di variante non ha inciso nella vicenda nè ha fatto venir meno la pregressa tacita dichiarazione di pubblica utilità dell’intera opera che è rimasta valida ed efficace per tutto l’insieme dell’asse viario eseguito in fatto, compreso il tratto per cui è causa, anche a non considerare che, come non risulta neppure contestato in ricorso, l’asservimento della proprietà dei terzi già vi era per i lavori eseguiti e la struttura realizzata prima della sospensione dei lavori, con irrilevanza della vicenda che in ricorso non è precisata, dando luogo a non autosufficienza dell’impugnazione per tale profilo. In diritto poi, come le eventuali varianti della destinazione urbanistica delle aree nel corso della realizzazione dell’opera pubblica non possono modificare la qualificazione dell’area alla data del vincolo preordinato all’esproprio (Cass. 28 febbraio 2008 n. 3022 e 20 gennaio 2004 n. 821), altrettanto deve dirsi per l’ipotesi di variante di progetto dell’opera dichiarata di pubblica utilità per effetto della individuazione delle aree sui cui la stessa doveva eseguirsi a prescindere quindi dall’approvazione di qualsiasi progetto che anche successivamente non produce quindi l’effetto della tacita dichiarazione di pubblica utilità come avviene di regola.

Invero il fatto che nel caso la dichiarazione di pubblica utilità è connessa alla mera individuazione di tutte le aree destinate alla realizzazione dell’asse viario e del viadotto che ha cagionato i danni da indennizzare, opere per una parte soltanto delle quali si è avuta la variante di cui al ricorso, comporta comunque che quest’ultima, ove vi sia stata, non fa venir meno l’originaria dichiarazione di p.u. dell’intera opera, in assenza della quale l’azione sarebbe risarcitoria e non indennitaria anche a non rilevare che mancano elementi da cui desumere che la variante invocata dalla ricorrente riguardava il singolo viadotto che ha arrecato danno alla proprietà dei ricorrenti ovvero altre opere dell’intero asse viario.

Invero solo al periodo 1984-1986, epoca delle individuazioni delle aree in cui realizzare la strada intera approvata dal consiglio comunale nel 1989, può farsi risalire la dichiarazione di pubblica utilità unitariamente considerabile, anche ai fini dell’applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, il che comporta che solo a detto periodo a metà degli anni ’80 del secolo scorso, va fatto riferimento anche in rapporto alla variante, a meno che non si dimostri che l’opera sia stata realizzata interamente dopo detta variante e in conformità alla stessa, diversa dal progetto originario, con deduzione incompatibile con la ricostruzione dei fatti nella sentenza di merito non impugnata con il ricorso in ordine alla realizzazione avanzata dell’opera già prima del 1999. Nel caso, trattandosi di indennità ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 46, conseguenti alla mera esecuzione dell’opera, esattamente si è escluso che la variante al progetto dell’opera che sembra comunque terminata nelle sue strutture portanti già negli anni precedenti all’approvazione della variante, possa collegare non alla procedura espropriativa iniziata prima della costruzione del viadotto, quasi completa alla data della variante e determinativa del diminuito godimento e dell’asservimento sin dagli anni ’80 del secolo scorso, ma ad una procedura mai iniziata in data successiva all’entrata in vigore del T.U. sull’espropriazione, il danno permanente da indennizzare. Esattamente si è collegata, dalla sentenza impugnata, la giurisdizione sulla domanda per danni permanenti in gran parte anteriori al giugno del 2003, ai poteri riconosciuti alla Giunta speciale anteriori all’entrata in vigore del D.P.R. 327 del 2001, venuti meno per i soli procedimenti ablatori iniziati successivamente all’entrata in vigore di quest’ultima legge.

2.1. Il secondo motivo di ricorso, premesso di non ignorare la granitica giurisprudenza che afferma la legittimazione sostanziale passiva del concessionario, attuale ricorrente, fondata sulla L. n. 219 del 1981, art. 81, afferma che tale costante posizione è sorretta da motivazione solo apparente, (artt. 132 e 276 c.p.c.), non tenendo conto della esistente convenzione tra commissario e società concessionaria al fine di accertare il trasferimento di poteri a questa nella procedura ablativa per cui è causa, con conseguente omessa pronuncia su tale parte fondamentale delle domande e eccezioni delle parti, anche ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c.. Per effetto di quanto ora affermato, nella fattispecie, vi sarebbe stata una omessa pronuncia sulle richieste nel merito della s.r.l La Meridionale in rapporto alla legittimazione (art. 112 c.p.c.): la dichiarazione della legittimazione passiva della ricorrente, quale concessionaria dei lavori per la costruzione del viadotto vicino al quale è l’immobile asservito e danneggiato, non può condividersi, essendosi pattuito nella transazione del 2005 tra Comune di Napoli e società concessionaria, il pagamento diretto delle indennità a carico dell’ente locale, ed emergendo dagli atti di causa la mancanza di poteri pubblici trasferiti alla ricorrente per l’esecuzione dell’opera per cui è causa. La Giunta avrebbe ritenuto vincolanti le affermazioni astratte della L. n. 219 del 1981, art. 81 senza considerare le convenzioni derogatorie a tali norme di legge concluse da concedente e concessionario, per le quali alcuna delegazione traslativa di poteri vi era stata tra le parti.

In rapporto a tale questione si chiede nel relativo quesito di diritto di affermare il difetto di motivazione e la omessa pronuncia della sentenza da considerare nulla per violazione delle indicate norme.

La ricorrente lamenta pure violazione e falsa applicazione della L:

n. 219 del 1981, artt. 80 e 81 e dell’art. 12 preleggi, oltre che degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. e dell’ordinanza commissariale n. 45/81, e denuncia nella soluzione adottata nel merito il contrasto con ogni principio enunciato dalla Corte di legittimità in materia di interpretazione dei contratti, in rapporto a detta ordinanza e agli artt. 9, 17 e 20 della convenzione accessoria alla concessione stessa, con conseguente falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46 e dell’art. 100 c.p.c..

Ritiene la ricorrente che la sentenza di merito non abbia tenuto conto della documentazione prodotta, da cui non emergono quali sarebbero i poteri pubblici spettanti alla società e gli atti che ne proverebbero l’esercizio, non tenendosi conto che la L. n. 219 del 1981 al massimo ha autorizzato convenzioni tra concedente e concessionaria che trasferissero poteri pubblici a quest’ultima ma mai ha imposto tale soluzione, consentendo nel caso, la convenzione conclusa con il commissario, alla concessionaria, di agire in nome e per conto del concedente (art. 8), anche se all’art. 21 prevede il rimborso delle indennità erogate da parte di questo avvenga “a seguito di consegna al concedente degli atti comprovanti il regolare pagamento diretto – anche a titolo di anticipazione, o il deposito alla cassa Depositi e prestiti di quanto erogato dalla società che non ha agito nei confronti del comune solo perchè tale obbligo è stato rivisitato nel prosieguo del rapporto, nel quale il potere di procedere all’espropriazione espletando le relative procedure non le è stato conferito, affermandosi che esso è rimasto al concedente commissario. Il quesito di diritto finale si fonda sul presupposto che la ricorrente è concessionaria di sola costruzione e chiede di affermare la legittimazione passiva del Comune di Napoli, essendo la ricorrente solo concessionaria di costruzione. Per tale profilo si insiste nell’affermare che la sentenza impugnata è affetta da apparente motivazione sulla questione e comunque che è stata omessa la pronuncia sulle deduzioni nel merito della ricorrente, in ordine alla sua legittimazione a resistere, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., addebitandosi alla società ricorrente anche danni futuri e potenziali connessi all’esercizio del tratto stradale di certo non imputabile al costruttore ma al solo espropriante.

La lettera della L. n. 219 del 1981, art. 81 non consente di ritenere in base all’art. 12 delle preleggi la pretesa legittimazione passiva della ricorrente nella presente causa, disponendo solo che la concessionaria deve eseguire le operazioni espropriative, ma non conferendole poteri per eseguire le stesse, in quanto è tenuto ad espletare meri incombenti tecnico-materiali per l’espropriazione, anche in ragione dell’art. 80 della legge, norma per la quale i poteri della procedura ablativa sono conservati ai commissari “straordinari del Governo… competenti per tutti gli atti relativi alle procedure di occupazione ed espropriazione”.

Il D.Lgs. n. 354 del 1999, all’art. 9, conferisce al prefetto e ai rappresentanti degli enti destinatari dell’espropriazione, il potere di emanare i relativi decreti ablativi, per cui sono solo fantomatici i poteri pubblici del concessionario, affermati nel merito dalla Giunta speciale con la sentenza impugnata. Deduce la ricorrente che l’assenza di potestà della concessionaria, delegata a svolgere in nome e per conto del concedente meri “adempimenti amministrativi” e operazioni materiali, è confermata dalla ordinanza commissariale n. 45 del 16 dicembre 1981 e dalla convenzione allegata all’atto concessorio.

Detta ordinanza disciplina gli adempimenti cui il concessionario è tenuto verso il concedente per dare esecuzione alla espropriazione in favore del sindaco commissario di governo, ma non conferisce poteri al concessionario; è il solo concedente che autorizza l’immissione in possesso per le operazioni preliminari e per la consegna delle aree soggette alla procedura ablativa, anche se il concessionario dovrà pagare l’acconto dell’indennità concordata, provvedendo al deposito della stessa, e comunicando lo stesso agli interessati.

Tali adempimenti avverrebbero tutti in nome e per conto del concedente, prevedendosi all’art. 17 della ordinanza citata che “le indennità di espropriazione e di occupazione nonchè tutti gli oneri comunque sostenuti dal concessionario per il pagamento a soggetti diversi, sia pubblici che privati, di indennizzi, corrispettivi, saranno rimborsati al concessionario”, che quindi avrebbe solo un obbligo di anticipo di somme, in diritto dovute dal solo concedente.

Quanto detto vale ancor di più in rapporto alle somme dovute ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 46, in cui le attività determinanti l’indennizzo hanno avvantaggiato solo la amministrazione per la quale è stata realizzata l’opera pubblica la cui costruzione lede i diritti di terzi.

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso va rigettato, perchè infondato, non tenendo conto che esecutrice materiale dell’opera da cui deriva il danno legittimo indennizzabile è stata in ogni caso la ricorrente.

Comunque il contenuto testuale della L. n. 219 del 1981, art. 81, al penultimo comma, implica la cd. concessione traslativa censurata dalla s.r.l. La meridionale, stabilendo che la concessionaria provvede alle “operazioni necessarie alle aree occupate, comprese le procedure di espropriazione ed il pagamento delle indennità”; la stessa ordinanza n. 41 del 1985 del Commissario di governo, che ha valore normativo, conferisce al concessionario i poteri di offrire l’indennità e di chiedere al sindaco l’autorizzazione a immettersi nel possesso dei beni e a pagare direttamente ai proprietari gli acconti delle indennità concordate, provvedendo infine al deposito di esse presso la cassa Depositi e Prestiti.

In tale contesto normativo, qualsiasi sia stato il contenuto dei disciplinari delle concessioni a base della costruzione del viadotto per cui è causa, tali atti dovrebbero ritenersi illegittimi ed essere disapplicati dal giudice se contrastassero con le citate norme, per cui può condividersi quanto afferma la Giunta speciale sul punto, e ritenere che, in ordine alla negazione della legittimazione nel merito, ogni eccezione della ricorrente è stata respinta tacitamente, con esclusione della denunciata omessa pronuncia della Giunta speciale, anche a non considerare la implicita illogicità di una carente motivazione in un rigetto “tacito” e quindi privo di motivazione, che precluderebbe l’esame stesso di tale profilo dell’impugnazione. La giunta speciale esattamente ha affermato che la concessionaria dei lavori ha. agito nella presente procedura espropriativa in nome e per conto proprio, come è accaduto in ogni altra ipotesi di applicazione della L. n. 219 del 1981, citato art. 81; essa è pertanto l’unica legittimata ad opporsi a chi pretende il pagamento di indennità che con la concessione ha assunto l’obbligo di corrispondere.

Nella ricostruzione del post terremoto unica legittimata passiva per i giudizi conseguenti alle procedure espropriative è la concessionaria dei lavori e nel caso quindi la s.r.l. La meridionale correttamente è stata evocata in causa nel presente giudizio, in conformità a quanto già deciso in numerosi precedenti da questa Suprema Corte nella materia (S.U. 22 gennaio 2008 n. 6273, Cass. 14 dicembre 2007 n. 26261, 9 dicembre 2006 n. 27140, 4 settembre 2004 n. 17881, 13 luglio 2004 n. 12958). La stessa ricorrente richiama norme di legge e della convenzione allegata alla concessione, per cui ad essa solo compete il pagamento delle indennità dovute per le quali avrà diritto al rimborso di quanto da essa anticipato dall’amministrazione concedente, con conseguente sua legittimazione sostanziale passiva anche per tale profilo ai sensi dell’art. 81 c.p.c.. Deve quindi rigettarsi il secondo motivo di ricorso, perchè infondato, essendo irrilevante il potere del prefetto di decretare l’espropriazione e quelli attribuiti ad altre pubbliche autorità in riferimento a singoli atti della procedura ablatoria, della quale comunque è stata responsabile la concessionaria, non potendosi condividere quanto affermato da una unica sentenza di questa corte (Cass. 24 giugno 2008 n. 17084), richiamata nella memoria della ricorrente, sulla natura solo astratta della definizione “traslativa” della delega di cui alla legge, nel caso vi sia una convenzione derogatoria della stessa tra concedente e concessionario.

Nessuna convenzione allegata alla concessione può derogare alla disciplina legale del procedimento in cui è inserita e, nel caso, definire “astratta” la previsione di cui alla L. n. 219 del 1981, artt. 80 e 81 è incongruo, dovendosi ritenere che ad essa debba conformarsi ogni accordo concluso da concedente e concessionario che non può contenere clausole in contrasto con detta normativa, vincolante per entrambe tali parti e non per il solo concedente, come si giungerebbe ad affermare con il considerare fondato per tale profilo il ricorso.

3.1. Denuncia poi la s.r.l. La meridionale violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46, degli artt. 844 e 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., lamentando la inesistente motivazione della sentenza impugnata in rapporto alla liquidazione di tale indennizzo e la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 276 e 112 c.p.c., oltre che delle norme di cui sopra, essendosi violati gli artt. 1224 e 1227 c.c. lamentando il riconoscimento di un’indennità liquidata per danni permanenti ai sensi della L. n. 2359 del 1865, citato art. 46, in assenza di prova dei pregiudizi lamentati e della loro intollerabilità, ai sensi dell’art. 844 c.c.. Il diritto all’indennità della L. n. 2359 del 1865, art. 46 è dovuto solo in caso di annullamento o grave menomazione del nucleo essenziale del diritto di proprietà, che dia luogo ad una riduzione di valore di questo, non essendo indennizzabili menomazioni d’utilità solo marginali, perchè, in difetto di un qualsiasi procedimento ablativo, possono liquidarsi solo danni rilevanti provocati dalla realizzazione dell’opera pubblica a beni in proprietà di terzi.

Solo nel caso di immissioni provenienti dal traffico veicolare sul viadotto, eccedenti la normale tollerabilità, poteva chiedersi l’indennità oggetto di causa e comunque ad essa non è tenuto il costruttore dell’opera stradale, ma solo l’ente che la gestisce e per la cui utilità essa è stata realizzata. Censurata la liquidazione delle perdite ritenute sussistenti dalla Giunta speciale, essendo lievi e non incidenti sul nucleo del diritto di proprietà quelle riscontrate nel merito quali i danni connessi alle distanze orizzontali dal piano orizzontale e dei fabbricati oggetto di asservimento, alla qualificazione ambientale, alla luminosità, al soleggiamento, all’inquinamento atmosferico e alla sicurezza fisica e psicologica dei titolari dei beni asserviti, la sentenza è censurata anche per aver considerato il danno per il periodo della sospensione dei lavori e fino alla conclusione dell’opera, con chiara illogicità della decisione su tale punto e per la omessa considerazione che le lievi e non intollerabili conseguenze pregiudizievoli della costruzione del viadotto in rapporto alla funzione sociale della proprietà non vanno indennizzate, tenuto anche conto nella fattispecie che i cespiti su cui incide l’opera pubblica sono fondi agricoli e fabbricati rurali.

Si lamenta la liquidazione di danni permanenti, pur non essendosi annullate facoltà dei diritto di proprietà, dato il carattere marginale della ridotta luminosità dei detti beni lamentata dalle controparti e l’assenza di motivazione in ordine all’effettiva esistenza dei danni solo potenzialmente affermati. La Giunta non si è neppure occupata di accertare la legittimità delle costruzioni che si pretendono asservite non potendosi indennizzare perdite collegate a manufatti illegittimi.

3.2. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per la parte in cui chiede di riesaminare i danni già individuati nel merito e infondato nel resto, apparendo ovvio che il peso imposto dalla costruzione del viadotto sugli immobili dei privati intimati dinanzi a questa Corte, deve valutarsi non solo per i danni già riscontrabili per effetto della costruzione ma anche per quelli futuri da inquinamento acustico e atmosferico conseguente all’esercizio autostradale del manufatto.

Sono tali danni presumibili che, con quelli sicuramente già esistenti e non contestati in ricorso, determinano la riduzione di valore degli immobili degli intimati, che costituisce l’asservimento e consente di accertare in una percentuale dell’indennità anche virtuale di espropriazione quella di asservimento correttamente liquidata in sede di merito e in mancanza di migliori elementi che consentano di identificare e calcolare i danni da ridotto godimento anteriori alla costituzione della servitù, la loro liquidazione correttamente si è operata in una somma corrispondente agli interessi al tasso legale dell’indennità di asservimento, per ogni anno in cui il manufatto del viadotto, anche in corso di esecuzione o completato nel suo insieme senza rifiniture, incombendo materialmente sui luoghi, abbia in fatto determinato il ridotto godimento da indennizzare, correttamente liquidato nel merito. Irrilevante è anche la pretesa sospensione dei lavori, per la quale non risulta se il manufatto era nella sostanza già completato quando la stessa fu disposta, con conseguente non autosufficienza sul punto del motivo di ricorso, inammissibile anche per tale profilo per la parte in cui non è infondato.

4.1. Si censura poi la determinazione del valore venale del fondo del tutti apodittica e immotivata, con violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 276 e 112 c.p.c., chiedendosi di cassare la sentenza per lacune riscontrabili nella motivazione e omessa pronuncia su domande e eccezioni della ricorrente.

4.2. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile, in quanto tende a sostituire la determinazione del valore venale operata dalla Giunta speciale, anche a mezzo di indagini dei suoi componenti tecnici, in una liquidazione diversa senza specifica censura sui fatti non valutati e sui punti della questione dedotti dalla ricorrente e non esaminati dalla Giunta, a base delle ragioni della decisione contestate in questa sede.

Esso è comunque infondato per la parte in cui chiede che questa Corte in sede di legittimità si sostituisca al giudice di merito nel riesaminare la decisione su tale punto della Giunta speciale.

5.1. Infine si deduce che il viadotto, secondo quanto si rileva dalla decisione di merito, non sovrapassa i cespiti Z. – R. – E., e che tali immobili sono distanti dall’opera stradale, da un minimo di m. 7,15 ad un massimo di m. 25, con inesistenza conseguente dei danni accertati, non bastando la costruzione di un viadotto sovrastante un’area a determinare i pregiudizi riconosciuti nel merito e ancor meno potendo ciò verificarsi per la realizzazione di tale opera viaria nelle vicinanze dell’immobile e non sovrastante quest’ultimo, affermando che esso sia gravato in fatto da servitù.

Erroneamente si è riconosciuto il diminuito godimento degli immobili durante la sospensione dei lavori e per il periodo precedente alla titolarità di essi, da parte dei ricorrenti che, anche per tale profilo, non potevano pretendere alcun danno anteriore alla data in cui erano divenuti proprietari dei cespiti acquistati con compravendita del 1988.

Inoltre la valutazione della perdita di valore degli immobili delle controparti risulta avvenuta al 2008 ed, essendo l’indennità della L. n. 2859 del 1865, art. 46 debito di valuta e non di valore, la stessa non poteva essere rivalutata alla data della decisione, per cui il pregiudizio è stato reintegrato con una somma maggiore di quella spettante. Con la liquidazione dell’indennizzo per diminuito godimento temporaneo dei cespiti dei controricorrenti anteriore al momento in cui si è definitivamente liquidato il diminuito valore del cespite, s’è violato la L. n. 2359 del 1865, art. 46 e art. 12 preleggi, essendosi avuto eccesso di potere, per violazione della norma della legge sull’espropriazione sopra citata e dell’art. 100 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., anche per motivazione inesistente per violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 1227 c.c..

La lettera dell’art. 46 della legge generale sulle espropriazioni del 1865 impedisce di tenere conto dei danni anteriori alla costruzione, per una pretesa perdita del godimento; il viadotto non sovrasta l’immobile e la Giunta speciale, erroneamente valutando l’indennità virtuale d’esproprio al 2008, illegittimamente collega a questa l’altra da ridotto godimento precedente alla conclusione dei lavori.

5.2. In rapporto ai quesiti di diritto che concludono l’ultimo motivo di ricorso anche questo deve ritenersi infondato per la parte in cui non è inammissibile.

Si censura la liquidazione dei danni da diminuito godimento degli immobili degli intimati dall’inizio dei lavori fino alla loro conclusione, negandosi che esso possa riconoscersi durante la sospensione dei lavori, non potendosi comunque indennizzare i danni da inquinamento ambientale successivo; si è già detto nell’esame dei motivi che precedono della irrilevanza di tale censura, non deducendosi che alla data di sospensione non vi fosse già la struttura materiale del viadotto anche non rifinito che limitava il godimento del bene.

In rapporto ai danni potenziali e futuri, di essi deve tenersi conto per liquidare l’asservimento che è il peso rimasto all’esito della costruzione del viadotto, dovendosi quindi, sull’indennità di servitù che precede, liquidarsi pure quella da mancato godimento del cespite asservito prima dell’indennizzo per tale asservimento, in una misura convenzionale fissata negli interessi legali per ciascun anno di riduzione della fruizione del bene, data la mancanza di elementi di fatto idonei ad escludere tale riduzione di fruizione degli immobili degli intimati privati; per tale profilo il motivo di ricorso è privo di autosufficienza e quindi inammissibile.

Il danno liquidato attiene all’immobile indipendentemente da chi abbia fruito di esso e in rapporto all’obbligazione indennitaria è irrilevante l’eventuale mancato godimento del bene da parte dei titolari durante la realizzazione dell’opera e prima dell’asservimento, essendo criteri convenzionali ed equitativi gli unici utilizzabili per liquidare il dedotto mancato godimento.

In ordine poi alla censurata liquidazione del diminuito godimento anche per i periodi anteriori all’acquisto da parte dei Z., R. e E. del bene danneggiato, la ricorrente non tiene conto che nel caso non si liquida un risarcimento del danno, dovuto quindi solo a coloro che sono stati effettivamente danneggiati per i periodi in cui essi erano in rapporto di fatto con il bene (così S.U. 23 maggio 2008 n. 13358), ma un’indennità da comportamento legittimo lesivo di diritti su beni di terzi, alla cui liquidazione hanno diritto i proprietari di tali beni alla data della domanda, perchè la stessa sia depositata con facoltà di ogni altro avente diritto (compreso i danti causa di chi agisce) di rifarsi su quanto depositato presso la Cassa Depositi e prestiti, e conseguente legittimazione degli attori in primo grado quali titolari dei beni, al momento della richiesta, di pretendere la liquidazione dovuta anche per i periodi anteriori al loro acquisto, potendosi rifare sulle somme depositate presso la Cassa depositi e prestiti i terzi aventi diritto a quote dell’indennità anche se non hanno proposto opposizione alla stima (Cass. 8 marzo 2007 n. 5352). Comunque, in rapporto alla erronea deduzione che l’indennità liquidata sarebbe stata debito di valuta e non di valore, come afferma invece la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 3 luglio 2008 n. 18226 e 23 novembre 2000 n. 15130), anche tale profilo dell’ultimo motivo di ricorso va considerato infondato. In conclusione il ricorso deve complessivamente rigettarsi e le spese del presente giudizio di cassazione restano a carico della ricorrente, non essendosi gli intimati in questa sede difesi con controricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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