Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3671 del 10/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 10/02/2017, (ud. 22/12/2016, dep.10/02/2017), n. 3671
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1146/2016 proposto da:
D.L.G., titolare della ditta individuale denominata “Moda e
Vita di D.L. G.”, da considerarsi domiciliata per legge in ROMA
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE BONARRIGO, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
LABOCOS SRL, in persona del suo Consigliere di Amministrazione,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 86/90, presso lo
studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato RICCARDO ROSSOTTO, giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1064/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del
5/06/2015, depositata il 22/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 22/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE
STEFANO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1.- D.L.G. – quale titolare della ditta “Moda e Vita di D.L. G.” – ricorre a questa Corte, affidandosi ad un unico indifferenziato motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stato rigettato il suo appello contro la sentenza del tribunale di Catania – sez. dist. di Acireale, di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo per Lire 5.823.191 conseguito ai suoi danni dalla Labocos spa per fornitura di prodotti cosmetici per capelli. L’intimata, oggi Labocos srl, resiste con controricorso.
2.- E’ stata formulata proposta di definizione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197; nessuna delle parti ha depositato memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, u.p..
3.- La ricorrente lamenta la “violazione del titolo 1^ del codice civile intitolato delle persone fisiche degli artt. 1 e 2 c.c. – violazione ed errata applicazione delle norme di diritto -contraddittoria cd insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”.
4.- irrimediabilmente inammissibile qualsiasi doglianza di vizio motivazionale in base ad un testo di legge, quale il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con previsione di contraddittorietà od insufficienza della motivazione, abrogato e non più applicabile ai ricorsi per cassazione avverso sentenze pubblicate dopo il giorno 11.9.12, in virtù della riforma di quella disposizione normativa.
5.- Ma risulta inammissibile anche ogni doglianza incentrata sull’intero libro primo del codice civile o sui primi due suoi articoli, perchè non coglie la ratio decidendi della qui gravata sentenza, che non sta certo nell’escludere la capacità giuridica o di agire in capo a F.N., marito dell’odierna ricorrente, quanto invece nell’articolata ricostruzione, basata sulla valutazione meticolosa delle risultanze istruttorie, dell’effettivo titolare del rapporto giuridico di fornitura di prodotti posto a base del decreto ingiuntivo ed oggetto di causa e nell’identificazione di tale titolare con l’odierna ricorrente, nonostante il ruolo pure in concreto svolto proprio dal detto F..
6.- A tanto si aggiunga che tale ricostruzione attiene alla valutazione del materiale istruttorio e, in quanto tale, resta incensurabile in sede di legittimità (per consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2015, n. 20412; Cass. 27 ottobre 2015, n. 21776 e n. 21779), a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 360 c.pc.., n. 5, già più sopra ricordato, che ha limitato al minimo costituzionale il controllo sulla motivazione da parte di questa Corte (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881).
7.- Tanto preclude ogni altra questione ed impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna della ricorrente principale, integralmente soccombente, alle spese del giudizio di legittimità e dandosi atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna D.L.G. al pagamento delle spese di legittimità in favore della Labocos srl, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017