Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 367 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 367 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 689-2007 proposto da:
BANCA ANTONIANA

POPOLARE VENETA

S.P.A.

(C.F.

02691680280), nella qualità di successore a titolo
universale del CREDITO LOMBARDO S.P.A., in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 48, presso l’avvocato
2013
1827

LEMME GIULIANO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato JANNI MARCO, giusta procura
in calce al ricorso;
ricorrente –

4

Data pubblicazione: 10/01/2014

contro

FALLIMENTO F.LLI DELFINO S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in
persona del Curatore dott. ENRICO NICOLINI,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE
MERCATI 51, presso l’avvocato LUPONIO ENNIO,

giusta procura a margine del controricorso;

controrícorrente

avverso la sentenza n. 946/2006 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 07/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ALESSANDRA DELLA
PORTA, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato LAURA
BALDELLI che ha chiesto l’inammissibilità o il
rigetto del ricorso;

rappresentato e difeso dall’avvocato BALDELLI LAURA,

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

2

Ritenuto in fatto e in diritto
1.- Il fallimento della s.p.a. F.11i Delfino convenne in
giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Banca Antoniana
Popolare Veneta s.c.ar.l. quale incorporante del Credito

Lombardo chiedendo che, previa declaratoria di inefficacia
delle rimesse affluite nell’anno anteriore alla data di
ammissione della F.11i Delfino alla procedura di concordato
preventivo sul c/c 6440/2 e sul conto anticipazioni 6441/1
intrattenuti dalla fallita presso l’Agenzia D del Credito
Lombardo nonché delle operazioni di anticipazione, di
compensazione, di cessione di credito e di giroconto
compiute nel medesimo periodo, la convenuta fosse
condannata alla restituzione del complessivo importo di
lire 1.458.923.605 oltre interessi dalla data dei singoli
atti al saldo. L’attore precisò che la F.11i Delfino non
godeva di apertura di credito opponibile alla Procedura ed
aveva dunque operato allo scoperto durante tutto l’anno
anteriore all’ammissione alla procedura concorsuale minore,
disposta con decreto del 10 maggio 1994, alla quale il
fallimento era seguito per effetto di sentenza del 16
gennaio 1996; espose, poi, che anche sul conto
anticipazioni erano state occasionalmente accreditate
rimesse effettuate direttamente in pagamento di crediti
della fallita; specificò, infine che erano da annoverarsi
3

tra gli importi suscettibili di revoca anche quelli
percepiti dalla banca a rimborso di anticipazioni ovvero in
. conseguenza dell’avvenuta cessione di crediti della
Delfino, atteso che la domanda ex art. 67 II comma L.F. era
formulata anche relativamente ai negozi suddetti. In

riferimento al presupposto soggettivo della domanda,
l’attore osservò che le operazioni di anticipazione contro
cessione di crediti avevano subito una netta
intensificazione a cavallo tra il 1993 ed il 1994,
circostanza sintomatica di una sempre più marcata mancanza
di liquidità da parte della Delfino medesima; rilevò in
particolare la circostanza che in molti casi il pagamento
del debitore ceduto non era avvenuto mediante rimesse
affluite sui conti intrattenuti presso il Credito Lombardo;
,

concluse, infine, rilevando come lo stesso andamento del
conto ordinario denotasse a partire dal 1993 un evidente
andamento al rientro nell’ambito del fido pari a lire
300.000.000 – che la banca sosteneva aver concesso alla
fallita.
Nel contraddittorio con la convenuta, con sentenza del
21.2.2002 il tribunale respinse la domanda ritenendo non
provato l’elemento soggettivo della revocatoria.
Con sentenza del 7.4.2006 la Corte di appello di Milano
accolse l’appello della curatela e, in riforma della
decisione di primo grado, dichiarò l’inefficacia delle
4

rimesse per l’importo di euro 729.621,18 condannando la
banca a restituire tale somma, con gli accessori, alla
procedura appellante.
1.1.- Contro la sentenza della Corte di appello la s.p.a.
Banca Antoniana Veneta ha proposto ricorso per cassazione

Resiste

con controricorso

la

curatela

affidato a quattro motivi.
fallimentare

intimata.
Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno
depositato memoria.
2.1.- Con il primo motivo di ricorso la banca ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 67 1.
fall., 2727 e 2729 c.c. nonché vizio di motivazione.
Formula – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis – i seguenti quesiti: a) «se l’art. 67,
Il comma, 1. fall. dispone che il fallimento attore debba
provare l’effettiva conoscenza da parte della banca dello
stato di insolvenza del correntista nel corso del periodo
sospetto; b) se nell’effettuare la valutazione della
effettiva conoscenza dello stato di insolvenza il Giudice
di merito possa utilizzare anche elementi presuntivi
traendo da fatti noti la conoscenza del fatto ignoto; c) se
gli elementi presuntivi debbano essere valutati nel loro
complesso, senza un giudizio a posteriori, e se gli stessi
debbano avere la natura di gravità, precisione e
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concordanza; d) se possa il Giudice di merito attribuire la
natura di gravità, precisione e concordanza alle
presunzioni che non trovano adeguato supporto nella
documentazione probatoria agli atti.
2.1.1.- Il motivo è inammissibile per violazione dell’art.

366 bis c.p.c. perché i quesiti formulati sono del tutto
generici ed avulsi dalla fattispecie concreta di cui non
evidenziano le particolarità né – quanto al vizio di
motivazione – contengono la sintesi del fatto controverso e
le ragioni che rendono inadeguata la motivazione della
sentenza impugnata.
2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 67 l. fall. e
2697 c.c. nonché vizio di motivazione. Formula, ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c. il seguente quesito: a) «se
l’art. 67, II comma, 1. fall. dispone che il fallimento
attore debba provare l’effettiva conoscenza da parte della
banca dello stato di insolvenza della correntista nel corso
del periodo sospetto, nel pieno rispetto del principio
generale di cui all’art. 2697 c.c.»; b) «se l’art. 2697
c.c. in materia di onere della prova debba intendersi
rispettato anche quando siano stati sottoposti al
giudicante elementi ambigui e contraddittori tra loro, tali
da non assurgere né separatamente né complessivamente a
prova».
6

2.2.1.- Il motivo è inammissibile per violazione dell’art.
366 bis c.p.c., sia per l’astrattezza dei quesiti, mancando
qualsiasi riferimento alla concreta fattispecie, sia perché
le stesse SSUU hanno da tempo chiarito che <<è ammissibile
il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un

unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione
di legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso si
concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali
contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su
quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto
di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica
del fatto» (Sez. U, Sentenza n. 7770/2009). In altri
termini, <<è inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3) e 5) dell’art. 360 cod. proc. civ., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ. (applicabile “ratione temporis” alla fattispecie, sebbene abrogato dall’art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69)>> (Sez. 3, Sentenza n. 12248/2013).
La ricorrente, per contro, non ha formulato alcuna sintesi
del fatto controverso.
2.3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. nonché vizio di
7

motivazione e formula il seguente quesito: < di proporre in sede di appello nel rito ordinario nuovi
mezzi di prova sancito dall’art. 345, comma 3, c.p.c. si
applichi anche ai documenti».
2.3.1.- Il motivo è inammissibile sia per violazione

dell’art. 366 bis c.p.c. – mancando la formulazione della
sintesi del fatto controverso sia per difetto di
specificazione della decisività dei documenti di cui (nel
motivo ma non nel quesito) è lamentata la irrituale
produzione.
2.4.- Con il quarto motivo la ricorrente denuncia vizio di
motivazione in ordine al quantum delle rimesse revocabili
ma omette di formulare la sintesi del fatto controverso.
2.4.1.- Il motivo è inammissibile per violazione dell’art.
366 bis c.p.c. perché nel caso previsto dall’art. 360 n. 5
cod. proc. civ., la giurisprudenza di questa Corte ha
sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione deve contenere un momento di
sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di
diritto per i motivi di cui ai nn. l, 2, 3 e 4 dell’art.
360 cod. proc. civ.) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e S.U. nn.
25117/2008 e n. 26014/2008). In altri termini, si richiede
8

che l’illustrazione del motivo venga corredata da un
momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter
cogliere la fondatezza della censura (S.U., n. 16528/2008).
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità liquidate in euro 11.200,00 di cui euro 200,00
per esborsi oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il giorno 27 novembre 2013, nella
camera di consiglio della prima sezione civile della Corte
Suprema di cassazione.

dispositivo – vanno poste a carico della banca soccombente.

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