Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3662 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. III, 14/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MANFREDI 17, presso lo studio dell’avvocato CONTI CLAUDIO,

che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL TEPIO DI GIOVE N. 21, presso

l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dall’avvocato BARONI

MASSIMO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11756/2009 del TRIBUNALE di ROMA del 26/05/09,

depositata il 27/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Conti Claudio, difensore del ricorrente che si

riporta gli scritti;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA IN FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata, la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 12 gennaio 2010 F.M. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 27 maggio 2009 dal Tribunale di Roma, confermativa della sentenza del Giudice di Pace, che aveva rigettato la domanda di condanna del Comune di Roma al pagamento del compenso per il deposito di autovetture rimosse.

Il Comune intimato ha resistito con controricorso.

2 – Il ricorso risulta inammissibile per due ordini di ragioni. In primo luogo, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3. Infatti (confronta Cass. n. 15808 del 2008) ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto, a pena d’inammissibilita’, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perche’ il giudice di legittimita’ possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, cosi’ da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate.

3. – In secondo luogo, la formulazione dell’unico motivo di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Il ricorrente denuncia violazione di norma di diritto (non specificata) e contraddittoria motivazione circa il giudicato formatosi con la rinuncia agli atti dell’appello. Formula un duplice quesito (il giudicato formatosi su una sentenza avente ad oggetto una domanda proposta sul presupposto di un vincolo contrattuale non pregiudica la riproposizione della domanda sotto forma di indebito arricchimento; tra una domanda proposta sulla base di un preteso vincolo contrattuale e quella ex art. 2041 c.c. non sussiste “sostanziale identita’ di petitum” come affermato dalla sentenza impugnata) di carattere astratto. Manca del tutto il momento di sintesi necessario a specificare l’asserita contraddittorieta’ della motivazione.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria e ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria nulla obiettano circa una delle rationes decidendi evidenziate nella relazione, cioe’ la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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