Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3660 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, (ud. 29/11/2019, dep. 13/02/2020), n.3660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8882/2018 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in Roma, Largo dei

Lombardi n. 4, presso lo studio dell’avvocato Pascazi Paolo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Marziano Flavio, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Bologna, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Antonio Bertoloni n. 35, presso lo studio

dell’avvocato Cappella Federico, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati Carestia Giulia, Montuoro Maria, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Azienda Usl di Bologna;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2117/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

pubblicata il 20/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/11/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

RILEVATO

che:

I coniugi signori B.G. e Pasquale M. convenivano in giudizio il Sindaco e l’Azienda Usl di Bologna per proporre opposizione al decreto del Sindaco della stessa città in data (OMISSIS), che aveva disposto nei confronti della B. il trattamento sanitario obbligatorio (d’ora in avanti, TSO), con scadenza il 12 aprile 2012, convalidato dal Giudice tutelare presso il Tribunale della stessa città in data 6 aprile 2012.

Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Sindaco e dell’Azienda Asl e rigettava il ricorso.

La Corte d’appello di Bologna, con ordinanza del 20 settembre 2017, rigettava il gravame, rilevando che il Sindaco non era legittimato passivo, essendo stato convenuto nella qualità di rappresentante dell’ente comunale, anzichè quale ufficiale di governo, e che neppure l’Azienda Usl era legittimata a partecipare al procedimento.

Avverso questa sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dal Comune di Bologna. L’Asl non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 144 c.p.c., sostiene la validità della notifica del ricorso effettuata non al “Comune di Bologna in persona del Sindaco” ma al “Sindaco di Bologna presso il Comune di Bologna” e la non necessità di un’autonoma notifica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, indipendentemente dal fatto che nel procedimento il Sindaco abbia agito quale rappresentante del governo.

Il motivo è fondato nei seguenti termini.

Il ricorso di chi è sottoposto al TSO, e di chiunque vi ha interesse, avverso il provvedimento che lo dispone dev’essere proposto nei confronti del Sindaco non già nella qualità di rappresentante del Comune, il quale è estraneo alla procedura, ma di ufficiale di governo (“autorità sanitaria locale”, a norma della L. n. 180 del 1978, art. 1, u.c.) e cioè di organo diretto dello Stato (Cass. n. 25713 del 2011) e, di conseguenza, la notifica dev’essere effettuata presso l’Avvocatura generale dello Stato (cfr., in altre materie, Cass. n. 19025 del 2003, n. 5970 del 2019).

Tanto premesso, nella specie, il ricorso al Tribunale di Bologna evocava in giudizio il Sindaco di Bologna come rappresentante dell’ente comunale, anzichè nella qualità di ufficiale di governo. Ciò, diversamente da quanto sostenuto dal signor M., è causa di un vizio relativo non solo alla notifica del ricorso (effettuata presso la sede comunale) ma all’editio actionis, cioè al contenuto dell’atto introduttivo, riguardando l’individuazione del soggetto passivo e, quindi, l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a sostegno della domanda (cfr. Cass. n. 7244 del 2004).

Viene in rilievo l’ipotesi di nullità dell’atto introduttivo (“se è

omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel n. 3 dell’art. 163, n. 3, ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al n. 4 dello stesso articolo”) prevista dall’art. 164 c.p.c., comma 4 – non sanata dalla costituzione in giudizio del Comune di Bologna (privo di legittimazione passiva) -, cui è applicabile la sanatoria prevista dell’art. 164 c.p.c., comma 5, che il giudice doveva doverosamente attivare, ordinandone la rinnovazione mediante evocazione in giudizio del Sindaco quale organo della Presidenza del consiglio dei ministri.

La sentenza impugnata ha errato a ravvisare nella chiamata in giudizio del Sindaco quale organo del Comune di Bologna una nullità insanabile dell’atto introduttivo del giudizio.

Ne consegue che, essendosi verificata una nullità del giudizio di primo grado per la quale la Corte d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, la sentenza impugnata è cassata con rinvio al Tribunale di Bologna, a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 3.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 180 del 1978, art. 5, per avere erroneamente dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Azienda Usl, senza tenere conto che al procedimento di cui alla L. n. 180 del 1983, partecipa anche il personale sanitario dell’Asl, che quindi può essere convenuta in giudizio, al fine di farne accertare la responsabilità nella valutazione della sussistenza dei presupposti per la disposizione e l’esecuzione del TSO.

Il motivo è fondato.

Il ricorrente aveva impugnato l’ordinanza del Sindaco che aveva disposto il TSO e il provvedimento di convalida del Giudice tutelare, al fine di ottenerne l’annullamento, in vista di una domanda di risarcimento dei danni consequenziali al comportamento, reputato illegittimo, dei medici dell’Azienda Asl che avevano partecipato al procedimento, all’esito del quale il trattamento è stato disposto ed attuato.

Sebbene nel sistema della tutela giurisdizionale avverso la convalida del provvedimento che dispone il TSO non sia prevista la partecipazione necessaria dell’Azienda Usl (cfr. della L. n. 180 del 1978, art. 5), non si può escludere l’interesse di colui che è sottoposto alla procedura, e di chiunque vi ha interesse, di convenire in giudizio anche l’Azienda per farne accertare eventuali profili di responsabilità connessi all’attività compiuta dai medici della struttura sanitaria pubblica nel promovimento, nel compimento e nella conclusione del procedimento.

La sentenza impugnata non tiene conto, infatti, del ruolo svolto dai medici della struttura sanitaria pubblica nel procedimento in discorso secondo la L. n. 180 del 1978 (cfr. art. 2, u.c.), che rende l’Azienda legittimata passivamente nell’ipotesi in cui sia titolare di un interesse qualificato a partecipare al giudizio per difendere la legittimità del proprio operato.

In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio al Tribunale di Bologna, anche per le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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