Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 366 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 366 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 25707-2008 proposto da:
SENAPE DE PACE LUIGI (C.F. SNPLGU28R06D883R), in
proprio e nella qualità di procuratore generale di
SENAPE DE PACE ARTURO e SENAPE DE PACE DOMENICO;

Data pubblicazione: 10/01/2014

SENAPE DE PACE MARIA (C.F. SNPMRA33E58D883Y); DE
SIMONE MICHELE (C.F. DSMMHL53S12D883Y); AGO S.R.L.
2013
1725

(C.F. 07667220581), nella qualità di procuratrice
generale di ANTONIO VALLEBONA; VALLEBONA ALESSANDRA
(C.F. VLLLSN57D41D883Z); DE PAOLO ANNA (C.F.
DPLNNA50S56D883L);

elettivamente domiciliati in

1

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 114, presso l’avvocato
VALLEBONA ANTONIO, rappresentati e difesi
dall’avvocato DEL CUORE MICHELE, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrenti –

AZIENDA AUSL LE/1, COMUNE DI GALLIPOLI;
– intimati –

Nonché da:
COMUNE DI GALLIPOLI, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.
MANTEGAZZA 24, presso il cav. LUIGI GARDIN,
rappresentato e difeso dall’avvocato FLASCASSOVITTI
FRANCESCO, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

VALLEBONA ALESSANDRA, AZIENDA AUSL LE/1, DE SIMONE
MICHELE, SENAPE DE PACE LUIGI, AGO S.R.L., DE PAOLO

contro

ANNA;

avverso la sentenza n.

intimati –

552/2007 della CORTE

D’APPELLO di LECCE, depositata il 13/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 14/11/2013 dal Consigliere

2

Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito,

per

i

ricorrenti,

l’Avvocato

EMILIO

MANGANIELLO, con delega, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso principale, il rigetto
dell’incidentale;
per il

controricorrente

e

ricorrente

incidentale, l’Avvocato NICOLA FLASCASSOVITTI, con
delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo del

ricorso

incidentale con l’assorbimento degli altri motivi
dello stesso ricorso e del ricorso principale.

udito,

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Svolgimento del processo
1.11 Tribunale di Lecce,con sentenza del 18 dicembre 2001
condannò in solido il comune di Gallipoli e l’AUSL2 di
Maglie al risarcimento del danno in £.1.116.792.054,oltre
accessori,per l’avvenuta occupazione espropriativa di

alcuni terreni di proprietà di Luigi,Arturo,Domenico e
Maria Senape De Pace,nonché di Anna De Paolo,parte dei
quali erano stati occupati con decreto commissariale del 20
novembre 1987,onde realizzare il nuovo ospedale di
Gallipoli.
In parziale riforma della decisione, la Corte di appello di
Lecce,con sentenza del 13 settembre 2007,ritenute la
legittimazione attiva dei Senape De Pace-De Paolo,nonché la
tempestività dell’appello incidentale della AUSL: a)ha
respinto la domanda di risarcimento del danno dei
proprietari nei confronti della AUSL,ritenendola estranea
all’espropriazione,invece imputabile al solo comune,i1 cui
Commissario aveva adottato il decreto di occupazione
temporanea; b)ha ritenuto che i terreni occupati avessero
natura non edificatoria e fossero insuscettibili di
sfruttamento diverso da quello agricolo,perciò riducendone
il valore all’importo di C51.299,66; c)ha dichiarato che
titolare dell’obbligazione indennitaria per l’occupazione
temporanea degli immobili era la soppressa USL 13,che
aveva ottenuto il provvedimento e si era immessa nel

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possesso dei fondi:perciò respingendo le domande avanzate
dai proprietari nei confronti del comune.
Per la cassazione della sentenza,questi ultimi hanno
proposto ricorso per 14 motivi; cui ha resistito il comune
di Gallipoli che ha formulato altresì ricorso incidentale

per 6 motivi.
Motivi della decisione
2.11 Collegio deve anzitutto respingere il primo motivo del
ricorso del comune,avente carattere pregiudiziale,rivolto a
contestare la legittimazione attiva dei proprietari Senape
De Pace e consorti perché la titolarità degli immobili
espropriati non sarebbe stata sufficientemente documentata:
non avendo tenuto in alcun conto la giurisprudenza di
questa Corte secondo cui nel giudizio di risarcimento danni
derivanti da occupazione cd. “appropriativa”, oggetto della
pretesa azionata non è il diretto e rigoroso accertamento
del diritto di proprietà dell’istante sul fondo
(trattandosi

di

“petitum”

risarcitorio

e

non

rivendicatorio), bensì la (sola) individuazione del
titolare del bene avente diritto al risarcimento; sicché il
convincimento del giudice in ordine alla legittimazione
alla dedotta pretesa può correttamente formarsi sulla base
di qualsiasi elemento, documentale e/o presuntivo,
sufficiente

ad

escludere

una

erronea

destinazione

soggettiva del pagamento dovuto:quale il piano particellare
.

5

dei

terreni

o

le

certificazioni

ad

essi

relativi,soprattutto ove non contestate,come è avvenuto nel
caso concreto (Cass.23278/2006;10294/2002;4188/1997).
3.Con i primi quattro motivi del ricorso principale,gli
espropriati,deducendo violazione degli art.325 e 326 e 334

cod. proc.civ. insistono nel sostenere l’inammissibilità
dell’appello incidentale della ASL di Lecce perché
tardivo,in quanto: a)non era stato proposto nel termine di
30 giorni dalla notifica di

quello principale di cui

all’art.326 cod. proc.civ.; b) non poteva includersi nella
categoria delle impugnazioni incidentali tardive di cui
all’art.334 cod. proc.civ. perché non rivolto contro la
parte appellante,e perché relative ad una obbligazione

solidale passiva perciò scindibile in
rapporti

debito-credito;

c)doveva

una pluralità dì
comunque

essere

considerato meramente adesivo alle ragioni fatte valere dal
comune.
Anche queste censure sono infondate: avendo le Sezioni
Unite di questa Corte ripetutamente enunciato il principio
che l’impugnazione incidentale tardiva è sempre
ammissibile, a tutela della reale utilità della parte,
tutte le volte che l’impugnazione principale metta in
discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza
alla quale il coobbligato solidale aveva prestato
acquiescenza. Così come è avvenuto nel caso concreto in cui

6

il Tribunale aveva dichiarato il comune e la AUSL di Lecce
coobbligati in solido al risarcimento del danno nei
confronti degli espropriati;laddove il comune con l’atto di
appello ha inteso escludere siffatta obbligazione solidale
assumendo “che i terreni in questione erano stati

acquistati in proprietà dalla AUSL2….e che l’accessione
invertita si era verificata in capo alla AUSL2..” (pag.5).
E perciò non soltanto rimettendo in discussione l’intero
rapporto obbligatorio come configurato dalla sentenza di
primo grado in merito alla sussistenza stessa della propria
responsabilità,ma rivolgendo l’impugnazione anche e
soprattutto nei confronti della AUSL2 alla quale ha chiesto
che fosse attribuita l’esclusiva titolarità dell’intera
vicenda estintivo-acquisitiva (e della conseguente
obbligazione risarcitoria):solo in tal modo potendosi
escludere la responsabilità propria una volta che
l’illegittima espropriazione si era effettivamente
verificata.
Consegue che l’impugnazione (tardiva) della AUSL tendente
ad escludere siffatto addebito, ed a far ritenere,per
converso la responsabilità esclusiva del comune era
(almeno nel profilo principale) autonoma e rivolta proprio
contro la parte appellante (Cass.sez.un.7339/1996) al fine
di ricomporre l’assetto di interessi stabilito dal
Tribunale in danno di quest’ultima,o addirittura di

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modificarlo ulteriormente a proprio favore (Cass.sez.un.
18752/2013; 24627/2007).

4.Con il quinto,sesto e settimo motivo del ricorso
De Pace,deducendo violazione degli

art.5 d.lgs.502/1992 e 2043 cod. civ. si dolgono che

la

principale i Senape

sentenza impugnata abbia escluso la responsabilità della
neo costituita ASL2 nella espropriazione
illegittima,invocando i principi enunciati da questa Corte
in ordine ai debiti delle disciolte USL,senza considerare
che nel caso la irreversibile trasformazione dei loro
immobili si era verificata dopo l’entrata in vigore del
menzionato d.lgs. 502,allorquando dunque l’ASL aveva
acquistato la titolarità dell’immobile;che tale situazione
era stata riconosciuta dalla stessa controparte nelle
proprie difese,per cui ne risultava inammissibile la
successiva(tardiva) contestazione;e che d’altra parte la
stessa Corte di appello aveva accertato che l’irreversibile
trzz±EsrmawlEsn

dull’immnbile ern

dell’anno 1993,ovvero al più

4y3zriutn. nel nnr2n
tardi

dell’anno

1995:allorquando dunque il terreno era stato trasferito
nella disponibilità della ASL.
Con il quattordicesimo motivo lamentano che sia stata
invece esclusa la responsabilità del comune in ordine
all’occupazione temporanea senza considerare che la stessa

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era stata disposta con delibera 39/87 del Commissario
prefettizio del comune di Gallipoli che aveva posto il
pagamento dell’indennità proprio a carico
dell’espropriante.
Per converso,i1 comune,con i restanti motivi del ricorso

incidentale,deducendo a sua volta violazione dell’art.2043
cod. civ. censura la sentenza impugnata per averlo
dichiarato unico responsabile dell’occupazione
espropriativa senza considerare: a)che esso ente era stato
soltanto il soggetto munito ex lege della potestà di
emettere il decreto di occupazione d’urgenza;laddove il
procedimento di espropriazione era stato compiuto dapprima
dalla USL13 e poi dalla ASL2; b)che quest’ultima a seguito
del d.lgs.502/1992 aveva acquistato la proprietà esclusiva
dell’immobile; c) che la stessa Corte di appello aveva
accertato che la sua irreversibile trasformazione si era
verificata nel corso dell’anno 1995,allorchè dunque il
fondo era in possesso della ASL che l’aveva
realizzata,acquistandone, anche sotto questo profilo,la
proprietà; d)che in ogni caso la stessa decisione impugnata
aveva premesso la sussistenza di una corresponsabilità
della ASL:invece poi contraddittoriamente dimenticata al
momento di pronunciare la condanna (nei confronti soltanto
di esso comune).

9

5.11 Collegio deve anzitutto dichiarare inammissibili il
quinto e sesto motivo del ricorso incidentale del
comune,perché non muniti di quesito di diritto (o del
momento di sintesi) invece richiesti dall’art.366

Per il resto le censure

risultano fondate nei limiti

appresso precisati,ad eccezione dell’ultimo motivo del
ricorso principale,che va invece respinto.
Come ha infatti osservato il comune, questa Corte ha
ripetutamente avvertito che non devono confondersi le
funzioni proprie dell’espropriante, con lo specifico potere
autoritativo conferito dalla legge a determinate autorità
amministrative – quali il Prefetto, il Presidente della
Giunta regionale, il Commissario straordinario o il Sindaco
– di emettere sia il decreto di occupazione temporanea, che
quello di espropriofle quali sono assegnatarie in via
esclusiva di tale competenza funzionale, non sono
identificabili con l’espropriante e non è possibile
riferirne l’attività all’amministrazione di appartenenza in
base al rapporto di immedesimazione organica. Ed anzi, per
costante giurisprudenza di questa Corte devono restare
estranee tanto al giudizio di opposizione alla stima dei
relativi indennizzi, che a quello per ottenere il
risarcimento

del

danno

da

occupazione

acquisitiva

cod.proc.civ.

(Cass.sez.un.6769/2009;nonchè

10354/2005;15687/2001;

1991/2000; 6957/1996).
In conformità a questi principi la sentenza impugnata ha
escluso la titolarità passiva da parte del comune
dell’obbligazione indennitaria,correttamente osservando che

il decreto 20 novembre 1987 era stato conseguito dalla USL
13 che si era immessa in possesso del fondo con verbale del
3 febbraio 1988 e che era tenuta al pagamento
dell’indennità,effettivamente versata in data 20 dicembre
1989 (pag.12 e 21):perciò a nulla rilevando l’autorità
munita del potere di adottare il provvedimento
ablatorio,che nel caso era il Commissario straordinario,cui
l’art.12 della legge 865 del 1971 ha altresì imposto
l’obbligo di ordinare il deposito dell’indennità offerta e
non accettata dall’espropriando. Con la conseguenza che
soltanto la USL 13 -ed estinta la stessa,la Gestione
Liquidatoria ovvero la Regione Puglia- dovevano
considerarsi i titolari passivi della relativa
obbligazione.
6.Sennonchè,contraddicendo a queste premesse,allorquando si
è trattato di individuare l’ente tenuto a corrispondere
l’indennizzo per l’avvenuta occupazione espropriativa,la
sentenza impugnata le ha illogicamente mutate,accollandone
l’onere al comune proprio per il fatto che detto
Commissario aveva emesso il decreto di occupazione

11

temporanea,perciò senza considerare che il comune era
totalmente estraneo alla vicenda ablativa sia con riguardo
al momento dell’occupazione prima legittima e poi abusiva,
sia con riguardo alla costruzione dell’opera pubblica con
violazione delle norme che fissano i casi ed i modi per il

sacrificio della proprietà privata ai fini pubblici, sia
con riguardo all’attività materiale medio tempore espletata
nel corso dell’occupazione (Cass. sez. un. 761/1998;
12546/1992; nonché 10840/1997).
Non si trattava,infatti di stabilire quale soggetto dovesse
essere chiamato a rispondere dell’occupazione
appropriativa, posta in essere da un ente ospedaliero per
la realizzazione di opere inerenti alle proprie attività
istituzionali, soppresso in conseguenza dell’art. 66 della
legge 23 dicembre 1978 n. 833 e succ. modifiche per
l’istituzione del servizio sanitario nazionale)risolta
dalla giurisprudenza di legittimità con l’attribuzione
della relativa obbligazione al comune nel cui territorio
era ubicato l’ospedale per il fatto che i relativi beni
venivano ex lege trasferiti nel patrimonio di detta
amministrazione (Cass.4548 e 5845/1992)

Nyu

di

individuare l’illecito comportamento dell’ente al quale
erano riconducibili sia l’occupazione (divenuta)
illegittima dell’immobile sia l’impossibilità della sua

12

restituzione (cui era seguito l’effetto acquisitivo del
suolo).
Pertanto, siccome la stessa sentenza impugnata ha accertato
che per i terreni soggetti a regolare occupazione
temporanea,la loro irreversibile trasformazione si era

realizzata nell’ambito di detto periodo sì da dover essere
spostata alla sua scadenza (3 febbraio 1995),laddove per
quelli occupati senza titolo la vicenda estintivoacquisitiva era avvenuta il 15 luglio 1996 (pag.11 e 18),la
questione si riduceva nell’accertare se a tali date gli
immobili,come ritenuto dal Tribunale (e non smentito né dai
giudici di appello,né dalle parti), erano in possesso e
nella disponibilità della neo costituita AUSL2,a
prescindere dalla avvenuta attuazione della normativa
contenuta nell’art.5 d.lgs.502/1992;ovvero erano detenuti
da altro ente che ne aveva eseguito la radicale
trasformazione,dovendo anche nella fattispecie trovare
applicazione i seguenti principi: a) siccome nello schema
dell’occupazione espropriativa l’illecito si perfeziona con
effetto estintivo della proprietà privata al momento della
radicale ed irreversibile trasformazione del fondo, se
avvenuta in periodo di occupazione illegittima o alla
scadenza dell’occupazione legittima (se avvenuta
nell’ambito di detto periodo), la responsabilità grava
sempre e comunque sull’ente che ha consumato l’illecita

13

apprensione in danno del proprietario e/o posto in essere
il mutamento del suo regime di appartenenza dell’immobile
(Cass.

11890/2006;

6591/2003;

14192/2002;

15687/2001;

1814/2000); b) che all’ente suddetto non è consentito
invocare la non imputabilità in ordine alla mancata o

ritardata pronuncia del decreto ablativo, anche quando sia
dipesa da omissione o inerzia di altra amministrazione, in
quanto nel comportamento di chi ha appreso l’immobile
altrui senza titolo e/o ne conserva abusivamente la
detenzione ed infine persevera nell’esecuzione dell’opera,
pur essendo a conoscenza della illegittimità (originaria o
sopravvenuta) dell’occupazione, possono individuarsi tutti
• gli elementi della responsabilità aquiliana ex art.2043
cod.civ.: la condotta attiva od omissiva, l’elemento
psicologico della colpa, il danno, il nesso di causalità
tra condotta e pregiudizio (Cass.sez.un. 24397/2007;
6769/2009).
Ai relativi accertamenti dovrà dunque provvedere il giudice
del rinvio.
7.Assorbiti i restanti motivi del ricorso principale la
Corte deve cassare la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e rinviare alla medesima Corte di appello di
Lecce,che si atterrà ai principi esposti e provvederà alla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

14

La Corte,riunisce i ricorsi,rigetta i primi quattro
motivi,nonchè il 14 ° del ricorso principale, accoglie il
quinto sesto e settimo nonché il secondo, terzo e quarto
dell’incidentale del comune,dichiara inammissibili il
primo,quinto e sesto di detto ricorso;ed assorbiti tutti
gli altri del ricorso principale cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese
del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Lecce
in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2013.

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