Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 366 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. I, 10/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 10/01/2011), n.366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17234/2007 proposto da:

S.A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ORAZIO 3, presso l’avvocato BRAMBILLA

CATERINA, rappresentato e difeso dall’avvocato BERTARINI Giovanni

Marco, giusta procura m calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

H.K., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. CRIVELLI

13, presso l’avvocato GRIPPIOTTI GIOVANNI ANTONIO, rappresentata e

difesa dall’avvocato HASSAN Sandro, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO depositato il

04/04/2007, n. 197/06 R.R. Vol. G;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/11/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato HASSAN che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Milano, con decreto del 4 aprile 2007 ha respinto il reclamo di S.A. contro il decreto 31 marzo 2006 del Tribunale di Milano che ne aveva respinto il ricorso per ottenere l’esonero dal versamento dell’assegno divorzile a favore dell’ex coniuge H.K., concessole in un precedente giudizio di revisione. Ha osservato al riguardo: a) che non risultavano nuove le circostanze relative al suo pensionamento ed al contributo versato per mantenere l’anziana madre presso una casa di riposo, essendo state già prospettate ed esaminate nel suddetto giudizio; b) che le spese dovute affrontare per aver subito un intervento chirurgico non erano state documentate; e che la vendita di un suo appartamento nel comune di Branzi dove risiedeva non rivestiva univoco significato,nè documentava un suo impoverimento;

c) che infine le condizioni economiche dell’ H. non erano affatto migliorate e vi era anzi la prova che si erano ulteriormente deteriorate.

Per la cassazione del provvedimento, il S. ha proposto ricorso per due motivi, cui resiste l’ex coniuge con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, S.A., deducendo violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9, censura il decreto impugnato per aver subordinato la revisione delle condizioni relative ai rapporti economici tra i coniugi al sopravvenire di fatti nuovi, senza considerare: a) che la norma richiede la sopravvenienza di giustificati motivi che non necessariamente si identificano con accadimenti esterni o con eventi non presenti nel precedente giudizio, potendo consistere in una serie di elementi in parte nuovi, nell’ambito di un quadro forte di modificazione della situazione passata, perciò da riconsiderare unitariamente; b) che anche le presunzioni devono essere confrontate con eventi successivi, idonei a modificarne il valore; con la conseguenza che nessuna preclusione ostava al riesame della sua condizione economica successiva al pensionamento ed all’obbligo di contribuire al mantenimento della madre: senza considerare l’inaffidabilità dei documenti sui quali era stato condotto l’esame ed i maggiori costi documentati e non presi in considerazione dalla Corte di appello; c) che la valutazione delle circostanze relative all’intervento chirurgico subito nonchè alla vendita della propria casa ed al peggioramento della situazione economica della controparte non era stata eseguita secondo canoni di serena logica, in quanto gli elementi al riguardo forniti contenevano tutti i requisiti previsti dall’art. 2729 cod. civ., per dimostrare il suo successivo ed effettivo impoverimento.

Con il secondo motivo,deducendo carenza di motivazione su fatti decisivi della controversia, addebita alla decisione impugnata di non aver sostanzialmente valutato e/o di aver erroneamente valutato tutti i suddetti elementi prospettati con il reclamo.

Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’ noto che la L. n. 898 del 1970, art. 9, modificato dalla L. n. 74 del 1987, art. 13, consente la revisione delle condizioni relative ai rapporti economici tra i coniugi in ogni tempo ove sopravvengano giustificati motivi, parallelamente a quanto dispongono gli artt. 155 e 156 c.c. e art. 710 c.p.c., in materia di separazione personale.

L’accertamento della novità delle circostanze fattuali dedotte rispetto alla situazione presa in esame ai fini della precedente determinazione giudiziale dell’assegno divorzile integra pertanto il proprium del giudizio di revisione (così Cass. 1995 n. 9415).

Se, infatti, la funzione della revisione è quella di “rivedere” ed attualizzare, alla luce di nuovi elementi, un precedente assetto di interessi,il conseguimento di tale risultato non può che discendere dalla sopravvenienza di determinati fatti che proiettino in stato di bisogno (ovvero specularmente, traggano fuori da un tale stato) uno dei coniugi, ovvero (nell’un senso o nell’altro) comunque alterino la pregressa situazione di equilibrio delle posizioni delle parti realizzata con la corresponsione dell’assegno divorzile: non quindi qualunque mutamento successivo delle condizioni economiche delle parti, sibbene più specificamente quello che determini una siffatta alterazione dell’equilibrio degli interessi costituisce “giustificato motivo di revisione”.

Da qui i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte,anche a sezioni unite,cui il Collegio intende dare continuità: 1) che ai fini della revisione dell’assegno di divorzio è necessaria la duplice condizione della sussistenza di una modificazione delle condizioni economiche degli ex coniugi e della idoneità di tale modificazione ad immutare il pregresso assetto realizzato dal precedente provvedimento sull’assegno; 2) che detto procedimento non censente alcuna rivalutazione degli elementi che sono stati tenuti presenti all’atto della determinazione originaria dell’assegno, che si assume non più adeguato: essendo rivolto non a rideterminarne la misura attraverso un rinnovato accertamento del diritto del coniuge beneficiario alla luce di tutti i temperamenti, che debbono essere tenuti presenti ai fini del calcolo concreto dell’importo dell’assegno da porsi carico dell’altro coniuge, ma, unicamente, a valutare se siano sopraggiunte circostanze di tale portata da rendere giustificato l’adeguamento dell’assegno, in aumento o in diminuzione, ovvero la sua radicale abolizione, o per converso la sua attribuzione. Ne consegue che il giudice del procedimento di revisione,dopo avere assunto a parametro il pregresso assetto dei contrapposti interessi, deve, in logica progressione:

– accertare la sopravvenienza di fatti o circostanze perturbatrici, di eventi cioè idonei a provare una alterazione evidente dell’equilibrio prima (convenzionalmente o giudizialmente) raggiunto;

– verificare la sussistenza di un nesso di causalità tra queste circostanze e l’instaurazione di una nuova (ovvero il superamento della precedente) situazione di bisogno (Cass. 6/2008; 22249/2007;

10733/2007; 5378/2006; 3038/2006; sez. un. 9415/1995).

A questi principi si è sostanzialmente attenuto il provvedimento impugnato,il quale ha accertato che il pregresso assetto dei contrapposti interessi era stato composto dal precedente giudizio di revisione proprio in base alla valutazione del pensionamento del ricorrente e delle sue nuove condizioni economiche, nonchè del contributo dallo stesso versato, unitamente al fratello, per il mantenimento della madre presso una casa di riposo (comunque inidoneo a determinare l’esonero dagli obblighi posti a suo carico rispettivamente dagli art. 156 cod. civ. e della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, a favore dell’ex coniuge), ed al risultato che nessuna di dette circostanze aveva influito sulla sua ampia e solida situazione economica, nè gli impediva di far fronte all’impegno di spesa a suo carico nei confronti dell’ H.: perciò concludendo che, in sede di revisione, non era possibile procedere ad una nuova ed autonoma valutazione di dette condizioni già preesistenti ed opportunamente apprezzate nel giudizio suddetto per confermare l’assegno.

D’altra parte, neppure era possibile inserirle in una rinnovata valutazione comparativa della situazione economica del ricorrente quale determinata dagli ulteriori elementi dallo stesso prospettati onde ritenere modificato, sotto questo profilo, il pregresso quadro di riferimento, avendo la Corte territoriale escluso in radice l’idoneità di questi ultimi a costituire giustificati motivi di revisione,in quanto: a) il dedotto sopravvenire di nuove spese in conseguenza dell’intervento chirurgico, subito, specificamente contestato dalla controparte, che ne ha prospettato la gratuità, in quanto posto a carico del servizio sanitario nazionale,non era stato documentato neppure con approssimazione dal S.; b) così come non era stato dimostrato il miglioramento della situazione economica dell’ex coniuge, di cui semmai vi era in atti la prova di un progressivo impoverimento anche per le condizioni di salute in cui versava; c) la volontaria vendita della casa di Branzi e la sua sostituzione con una locazione, in mancanza di prova sulle ragioni che l’avevano provocata,non costituiva circostanza di univoco significato, e dimostrando soltanto la sostituzione di un cespite immobiliare con il suo equivalente valore in denaro, non poteva costituire “giustificato motivo di revisione”, tale comunque da determinare una alterazione dell’equilibrio degli interessi in precedenza costituito.

Trattasi, all’evidenza, di una congrua e coerente motivazione che,da un lato, esclude la ricorrenza dei vizi di motivazione denunciati. E dall’altro comporta l’inammissibilità delle censure rivolte nei confronti di dette valutazioni, le quali: a) non indicano carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la menzionata motivazione, ovvero la specificazione d’illogicità in cui sarebbe incorsa, ma si limitano a prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante apprezzamento delle presunzioni ricavabili dai fatti prospettati, peraltro postulato in termini generici di maggiore equità; b) rinviano per contestarne la valenza attribuita dalla Corte di appello, ad asserita documentazione in atti, senza indicarne la provenienza e trascriverne il contenuto contestato; e perciò senza consentire il controllo della rilevanza e della decisività di detta documentazione in relazione ai fatti da provare, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di legittimità sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del soccombente S. al pagamento delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della H. in complessivi Euro 1.800,00 di cui Euro 1.600,00 per onorari di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

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