Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3657 del 24/02/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 3657 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso 3299-2011 proposto da:
RIVIZZIGNO VINCENZO RVZVCN40A14H294L, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

PAOLO

difende

PANARITI,

unitamente

che

lo

all’avvocato

FRANCESCO ROLI;
– ricorrente –

2015
2484

contro

CONDOMINIO S CRISPINO CORSO GARIBALDI 18 FORLI’
80007640404, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
G.G.BELLI 39, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 24/02/2016

ALESSANDRO LEMBO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MAURIZIO MISIROCCHI;
– controricorrente nonché contro

ROSSI FRANCA, GUARINI MATTEUCCI GRAZIELLA, GUARINI

MATTEUCCI GUIDO, BARCIA ULISSE, ZIRPOLI ANGELO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1438/2009 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 11/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2015 dal Consigliere Dott. LORENZO
ORILIA;
udito l’Avvocato ARDIZZI Alessandro,

con delega

depositata in udienza dell’Avvocato Paolo PANARITI,
difensore del ricorrente che si è riportato agli atti
depositati;
udito l’Avvocato MISIROCCHI Maurizio, difensore del
resistente che si è riportato agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto dei primi tre motivi e per l’accoglimento del
quarto motivo, per l’assorbimento dei restanti motivi
di ricorso.

MATTEUCCI ANNA, GUARINI MATTEUCCI VIVIANA, GUARINI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 15.5.1987 Vincenzo Rivizzigno convenne davanti al
Tribunale di Forlì il Condominio San Crispino, da lui
amministratore al 1979 al 1985, per sentirlo condannare al

pagamento della somma di lire 103.045.024 da lui anticipata in
esecuzione di alcune delibere.
Il Condominio non si costituì tempestivamente, mentre
intervennero volontariamente nel giudizio i condomini Franca
Rossi, Domenico Matteucci Guarini, Ulisse Barcia e Angelo Zipoli
contestando la pretesa sia sul quantum che sotto il profilo
della regolare tenuta della contabilità. Chiesero comunque che
venisse ordinato al Condominio di ripartire le somme dovute
eventualmente tra i condomini.
Il Condominio, ricevuta la notifica di tale nuova domanda,
si costituì con atto del 22.5.1996 opponendosi alla stessa.
Con sentenza 23.8-30.9.2003 il Tribunale di Forlì rigettò
la pretesa dell’attore per mancanza di prova e la Corte
d’Appello di Bologna, adita dal soccombente, nella contumacia
dei condomini che erano intervenuti in primo grado, confermò la
decisione osservando:
– che le contestazioni del Rivizzini sulla costituzione in
giudizio del condominio – avvenuta nove anni dopo l’adozione
delle delibere 1987 – riguardavano fatti e persone diverse
rispetto al contenuto delle stesse;
– che il Tribunale non aveva accolto nessuna domanda del
3

Condominio, mentre l’esame sulla contabilità del Condominio
disposta dal Tribunale era conseguenza della domanda sollevata
dall’appellante, il quale aveva sostenuto di avere effettuato
proprie spese relative al Condominio;

– che la chiamata del Condominio, già contumace, trovava
la sua fonte nell’art. 292 cpc, essendo stata proposta una
domanda nei suoi confronti;

che la sostituzione del CTU rientra nei poteri del

giudice istruttore;
– che le nullità della consulenza tecnica hanno carattere
relativo e pertanto le relative eccezioni correttamente sono
state ritenute sanate per non essere state sollevate
tempestivamente nell’udienza immediatamente successiva al
deposito della relazione;

che nella sanatoria rientrava anche l’eccezione di

nullità relativa alla nomina del CT di parte del Condominio;
– che, come evidenziato dal CTU, l’appellante aveva omesso
di contabilizzare i pagamenti fatti dai condomini per importi
superiori a quelli asseritamente eseguiti dal Rivizzino;
Avverso la predetta sentenza, il Rivizzigno ha proposto
ricorso per Cassazione sulla base di nove motivi.
Il Condominio San Crispino resiste con controricorso.
Gli altri condomini non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1

Rileva il Collegio che gran parte dell’atto di
4

impugnazione (le prime 40 pagine) è dedicata alla trascrizione
integrale di tutti gli atti processuali dei giudizi di primo e
secondo grado, talvolta anche mediante la tecnica informatica
del

“copia e incolla”

(foglio di conclusioni nel giudizio di

di Farli, integrale trascrizione di tutti i motivi di appello e
della motivazione della sentenza della Corte bolognese).
Trattasi, come si vede, di un vero e proprio assemblaggio di
atti processuali che ha comportato un enorme appesantimento del
ricorso in dispregio del principio di sommarietà
dell’esposizione dei fatti dei fatti della causa (art. 366 n. 3
cpc).
Ebbene, come più volte sostenuto da questa Corte, anche a
sezioni unite, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del
requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale,
contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto
superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso
conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è
articolata, mentre, per altro verso, è inidonea a soddisfare la
necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto
equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere
tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta
di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi del ricorso
(v. tra le tante, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26277 del 22/11/2013

primo grado, integrale riproduzione della sentenza del Tribunale

Rv. 628973; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17002 del 09/07/2013 (Rv.
627181; Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012 (Rv. 621813).
E’ stato tuttavia di recente precisato che tale difetto di
autosufficienza è sanzionabile con l’inammissibilità, a meno che

il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, essendo
facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed
espunto dall’atto processuale, la cui autosufficienza, una volta
resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le
dimensioni globali, dovrà essere valutata in base agli ordinari
criteri ed in relazione ai singoli motivi (v. Sez. 5, Sentenza
n. 18363 del 18/09/2015 Rv. 636551).
Nel caso di specie, tale attività è possibile e dunque,
resta da valutare se i motivi di ricorso, una volta reso l’atto
conforme al principio di sinteticità, rispondano a loro volta al
requisito dell’autosufficienza.
1.2

Col primo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi

dell’art. 360 n. 3 e 5 cpc, la violazione degli artt. 115 e 116
cpc, 1362 cc e insufficienza o contraddittorietà della
motivazione: la Corte d’Appello, a suo dire, avrebbe
erroneamente interpretato le delibere dell’11.6.1987 e 24.7.1987
relative alla eccezione di difetto di autorizzazione alla
costituzione in giudizio del Condominio per resistere alla
domanda. Le delibere in questione riguardavano i poteri di
qualsiasi amministratore, indipendentemente dalla persona.
Rileva di avere contestato, contrariamente a quanto affermato
6

dai giudici di merito, la possibilità di costituzione di
qualsiasi amministratore e quindi anche della Pieri. Richiama
altresì la censura – a suo tempo sollevata – sul difetto di
procura del nuovo ammnistratore, su cui la Corte d’Appello non

avrebbe motivato sufficientemente
Il motivo è infondato.
Partendo dalla dedotta violazione dell’art. 1362 cc, va
rilevato che in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento
della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio
si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di
merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi
di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali
di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e
seguenti cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una
violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per
cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole
legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle
norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma
è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali
considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai
canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia
applicati sulla base di argomentazioni illogiche od
insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in
sede di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 31/05/2010
Rv. 613151; Sez. L, Sentenza n. 17168 del 09/10/2012 Rv.
7

624346).
Nella fattispecie all’esame della Corte manca una
specifica censura sulla violazione dei canoni di

ermeneutica in

relazione al contenuto delle due delibere assembleari,

erroneamente interpretato
perché esse

/e

“ha

limitandosi in sostanza la critica a segnalare che la Corte

de/ibere 11.6.1987 e 24.7.1987”

“riguardavano proprio l’autorizzazione_ del

condomini all’amministratore a costituirsi nel giudizio del
Rivizzigno introdotto con atto di citazione del 15.5.1987” (v.
pag. 44 e 47), ma non si chiarisce neppure, sotto il profilo del
vizio motivazionale, perché mai i passaggi argomentativi sul
contenuto delle delibere debbano ritenersi illogici.
In ogni caso, le sezioni unite, dirimendo un contrasto
giurisprudenziale sulla legittimazione passiva e sui poteri ex
art. 1131, secondo e terzo comma cod. cív., hanno affermato che
l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei
giudizi relativi alle parti comuni, ma essendo tenuto a dare
senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del
provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art.
1131 secondo e terzo coma cod. civ., può costituirsi in
giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva
autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi,
ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte
dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di
inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione
8

(v.

Sez. U, Sentenza n.

614419; Sez. 3, Sentenza n.

18331 del 06/08/2010 Rv.
12972 del 24/05/2013 Rv.

626693).
Nel caso che ci occupa, la delibera del 24.7.1987 che la

Corte d’Appello avrebbe – a dire del ricorrente – erroneamente
interpretato revocava quella precedente del 11.6.1987 ma, in
base all’esposto principio, non impediva all’amministratore
(peraltro in persona di un soggetto diverso) di costituirsi
quasi dieci anni dopo (il 22.5.1996) senza una preventiva
autorizzazione dell’assemblea. Il problema si sposta allora
sulla eventuale ratifica successiva, ma il tema non forma
oggetto del presente ricorso, incentrato – lo si ripete – sulla
necessità di una preventiva delibera autorizzativa della
costituzione in giudizio.
La censura si risolve piuttosto in una alternativa
ricostruzione del contenuto delle delibere, attività certamente
preclusa nel giudizio di legittimità e pertanto non vale a
demolire il percorso argomentativo utilizzato dalla Corte
d’Appello laddove, del tutto congruamente, ha circoscritto
temporalmente la portata della seconda delibera evidenziando il
dato di fatto rappresentato dal lungo tempo trascorso tra
l’adozione della stessa e la costituzione del Condominio,
peraltro in persona di un diverso amministratore (la signora
Pieri).
2 Con il secondo motivo, sviluppato in una plurima
9

articolazione, deduce la violazione dell’art. 112 cpc e il vizio
di motivazione (per insufficienza e contraddittorietà): sostiene
innanzitutto il ricorrente che la Corte d’Appello non si sarebbe
pronunciata sulle eccezioni di inammissibilità delle domande

nuove proposte dal Condominio e accolte dal primo giudice.
Il motivo è inammissibile.
Come affermato anche dalle sezioni unite, il ricorso per
cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e
tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc.
civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili
in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque
ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur
senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta
indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto,
nel caso in cui il ricorrente lamenti l’ omessa pronuncia, da
parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o
eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita
menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4
del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo
all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco
riferimento alla nullità della decisione derivante dalla
relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile
il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o
insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di
legge (v. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013 (Rv. 627268;
10

v. altresì. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19124 del 28/09/2015 (Rv.
636722).
Nel caso in esame, non solo manca il riferimento all’art.
360 n. 4 cpc ma – soprattutto – nessun riferimento si rinviene

alla nullità della decisione, essendosi la parte limitata ad
argomentare solo sulla omessa pronuncia sulla censura. La Corte
ha comunque rilevato che nessuna domanda nuova era stata accolta
dal primo giudice e, dal dispositivo pure riportato in ricorso
(v. pag. 18) si trae conferma della correttezza
dell’affermazione.
Neppure si ravvisa la violazione degli artt. 115, 116,
1362 e 1137 cc perché la censura si risolve in una rivisitazione
di circostanze fattuali, senza evidenziare alcuna specifica
violazione di norme di legge. Inoltre, la censura non trascrive
neppure il contenuto delle delibere che, a suo dire, avrebbero
dato ragione alla sua tesi sotto questo profilo, la censura è
priva di specificità.

3 Col terzo motivo, deduce la violazione dell’art. 112,
184 e 292 cpc nonché il vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione: la Corte d’Appello non si sarebbe
compiutamente pronunciata sull’eccezione di nullità
dell’ordinanza 6.7.1994 che aveva autorizzato la notifica

al

Condominio della domanda proposta dagli interventori volontari.
Quanto alla censura sull’omessa pronuncia (violazione dell’art.
112 cpc), ne va dichiarata l’inammissibilità per le ragioni
11

indicate nella trattazione del motivo che precede a cui si
rimanda per evidenti ragioni di sintesi espositiva.
Sul vizio di motivazione con riferimento alle altre
ipotesi (art. 292 e 184 cpc), è sufficiente osservare che

secondo la Corte d’Appello la notifica è stata disposta ai sensi
dell’art. 292 cpc il quale disciplina la notificazione di
determinati atti al contumace. La motivazione dunque esiste ed è
tutt’altro che contraddittoria.
4 Col quarto motivo, deduce la violazione degli artt. 115,

116, 198 cpc, 92 att. cpc e 1362 cc nonché l’insufficienza e
contraddittorietà della motivazione sul rigetto dell’eccezione
di nullità della consulenza tecnica di ufficio (per essere stati
utilizzati dall’ausiliare documenti non prodotti in causa): la
Corte d’Appello, a dire del ricorrente, avrebbe errato nel
ritenere tardiva l’eccezione e, conseguentemente maturata la
sanatoria della nullità relativa.
Anche questa doglianza è priva di fondamento.
E’ noto che la nullità della consulenza tecnica d’ufficio
ivi compresa quella dovuta all’eventuale allargamento
dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o
consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – ha
carattere relativo e deve, pertanto, essere fatta valere nella
prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione,
restando altrimenti sanata (v. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n.
2251 del 31/01/2013 Rv. 624974; Sez. 2, Sentenza n. 5422 del
12

15/04/2002 Rv. 553738; Sez. 1, Sentenza n. 10870 del 01/10/1999
Rv. 530395).
Nel caso di specie il ricorrente avrebbe dovuto proporre
la relativa eccezione all’udienza del 9.5.1997 in cui venne

comunque a conoscenza dell’avvenuto deposito della relazione del
consulente sulla cui correttezza aveva già manifestato
contestazioni tant’è che aveva precedentemente proposto anche
un ricorso ai sensi dell’art. 92 disp. att. cpc, dolendosi della
richiesta di documenti e della esiguità del termine concesso per
le osservazioni.
La Corte d’Appello ha dunque correttamente rilevato la
tardiva proposizione dell’eccezione di nullità della consulenza
tecnica.
5 Col quinto motivo, deduce la violazione dell’art. 158 e

201 cpc e il vizio di motivazione: la Corte, secondo il
ricorrente, avrebbe dovuto dichiarare la nullità della nomina
del CT di parte del Condominio, per essere avvenuta oltre il
termine fissato dal CTU.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità (art.
366 cpc). Il termine per la nomina del consulente tecnico di
parte ex art. 201 cod. proc. civ. ha natura ordinatoria e può
essere prorogato dal giudice non solo a seguito di istanza di
parte depositata prima della sua scadenza, ma anche laddove tale
istanza sia stata depositata dopo la sua scadenza, sempre che,
secondo la previsione dell’art. 154 cod. proc. civ., ricorrano
13

motivi particolarmente gravi e il provvedimento sia motivato
(cfr. Sez. 1, Sentenza n. 25662 del 04/12/2014 Rv. 633721).
Sulla scorta di tale principio di diritto – , che il
Collegio ribadisce – non bastava al ricorrente dedurre che la

nomina del consulente di parte era avvenuta un giorno dopo la
scadenza del termine fissato dal giudice, occorrendo invece
dedurre che non vi era stata nessuna istanza di proroga.
In ogni caso, trattandosi di questione attinente alla
regolarità delle operazioni peritali, vale il principio di
diritto sopra riportato sulla sanatoria della nullità in caso di
mancata tempestiva proposizione dell’eccezione, che la Corte di
merito del tutto correttamente ha richiamato.
6 Col sesto motivo, deduce la violazione degli artt. 115 e

116 cpc nonché 1362, 2697, 2709 cc e il vizio di motivazione: la
Corte d’Appello non ha esaminato la rilevanza dei 123 documenti
prodotti dall’attore dopo il deposito della CTU né la loro
decisività sul quantum.
Anche tale motivo è inammissibile per difetto di
specificità (art. 366 n. 6 cpc) perché il ricorrente omette di
precisare la natura e la decisività dei 123 documenti del cui
omesso esame si duole.
7 Col settimo motivo, deduce la violazione dell’art. artt.
115 e 116 cpc nonché 1362 cc e il vizio di motivazione: la Corte
avrebbe errato nel ritenere incensurabile la decisione del primo
giudice di sostituire il CTU benché vi fosse stata opposizione.
14

La censura è infondata perché la sostituzione del
consulente tecnico d’ufficio rientra nel novero delle facoltà
discrezionali del giudice del merito, il cui esercizio – tanto
in senso positivo che negativo – non è soggetto al Sindacato di

ne sia data adeguata motivazione, immune da

legittimità, ove

vizi logici e giuridici (Sez. 3, Sentenza n. 537 del 27/01/1982
Rv. 418249; Conf 2257/70, mass n 348420; Conf 3078/74, mass. n
371544).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto
corretta la sostituzione argomentando sulla carenza della
relazione: motivazione, certamente succinta, ma priva di vizi
logici o giuridici perché effettivamente il primo giudice, come
sei evince dalla sentenza di primo grado (v. pag. 13), aveva
motivato la sostituzione sulla incompletezza della
documentazione esaminata dalla dott.ssa Tramonti.
La critica mossa dal ricorrente è tipicamente fattuale,
tendendo ad una alternativa valutazione dell’operato
della’ausiliare sostituito, e pertanto ancora una volta non
coglie nel segno.
8-9 Con l’ottavo e nono motivo, il ricorrente deduce la
violazione dell’art. 112 cpc e il vizio di omessa motivazione:
la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi sulle censure mosse
all’operato del consulente tecnico (ottavo motivo) e sulla
valenza probatoria dei bilanci regolarmente approvati (nono
motivo).
15

I motivi – che per la sostanziale identità delle censure ben si prestano a trattazione unitaria – sono inammissibili
laddove denunziano la violazione dell’art. 112 cpc e per il
resto, privi di fondamento.

Sotto il primo profilo, si rinvia a quanto osservato nella
trattazione del secondo motivo (mancanza di una precisa censura
sulla nullità della decisione derivante dalla relativa
omissione).
Sul vizio motivazionale, la mancata indicazione, da parte
del ricorrente, di quali fossero i macroscopici errori commessi
dalla dott.ssa Castagnoli rende la censura priva di specificità.
In ogni caso, la Corte d’Appello, sul tema della
approvazione dei bilanci ha motivato del tutto congruamente
laddove ha considerato l’omessa contabilizzazione dei pagamenti
fatti dai condomini per importi superiori ai pagamenti che egli
sosteneva fatti a sue spese, rilevando altresì che una corretta
contabilizzazione avrebbe evidenziato l’assenza di importi
apparentemente pagati dall’amministratore posto che, come emerge
dalla CTU, i pagamenti di tal genere erano per importi inferiori
alle omesse contabilizzazioni (v. pag. 11 sentenza impugnata).
La critica si rivela dunque tipicamente fattuale e
pertanto, ancora una volta, non coglie nel segno.
In conclusione, il ricorso va rigettato e il ricorrente,
soccombente va condannato al rimborso delle spese di questo
grado di giudizio liquidate come in dispositivo.
16

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle
spese del giudizio di cassazione che liquida in E. 5.200,00 di
cui E. 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 18.12.2015.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA