Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3657 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/02/2017, (ud. 13/01/2017, dep.10/02/2017),  n. 3657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27113-2015 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E FAA’ DI

BRUNO, 15, presso lo studio dell’avvocato LUIGI COMBARIATI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.D., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE AIELLO e

domiciliato in ROMA, presso la Corte Suprema di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1310/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Premesso che:

il Tribunale di Catanzaro accolse l’opposizione proposta da M.G. avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore dell’avv. A.D. per il pagamento di un suo compenso professionale, osservando che quest’ultimo non aveva fornito la prova dell’attività svolta;

la sentenza fu integralmente riformata dalla Corte d’Appello di Catanzaro, che rilevò invece come il M. non avesse mai contestato lo svolgimento delle attività difensive da parte del professionista, essendosi limitato ad eccepire l’estinzione dell’obbligazione mediante l’effettuazione di pagamenti rateali, tuttavia anteriori al sorgere dell’obbligazione dedotta in lite e quindi ad essa non pertinenti;

avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il M. sulla base di un unico motivo e l’ A. ha depositato controricorso;

il relatore ha proposto la dichiarazione di manifesta infondatezza e le parti hanno depositato memorie;

rilevato che:

con l’unico motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1193 e 2697 c.c., assumendo che la corte avrebbe errato nel ritenere non provata la pertinenza dei pagamenti effettuati all’obbligazione dedotta in lite, facendo erronea applicazione delle norme che regolano l’imputazione dei pagamenti ed il relativo onere probatorio;

il ricorrente richiama, in particolare, la produzione di cinque quietanze sottoscritte dall’ A. nel periodo compreso fra il maggio 2000 ed il febbraio 2001, quietanze che il creditore non aveva mai ritualmente disconosciuto, la cui autenticità fa discendere anche dal contenuto di un’informazione di polizia giudiziaria prodotta in primo grado e relativa al procedimento penale scaturito dalla querela proposta dall’ A. in suo danno per la contraffazione di tali quietanze; rileva che, in ogni caso, l’ A. non aveva mai saputo indicare il diverso titolo in base al quale aveva ricevuto i pagamenti;

– il motivo è manifestamente infondato perchè, secondo l’apprezzamento della Corte d’appello – a prescindere da ogni considerazione circa la loro autenticità- le quietanze non potevano riferirsi all’obbligazione dedotta in lite, essendo state rilasciate in epoca sensibilmente anteriore alla formalizzazione dell’incarico di rappresentanza in giudizio a cui era nato il credito (ottobre 2001), sicchè il M. non aveva dimostrato il collegamento tra i pagamenti e l’incarico;

– così facendo, la corte si è attenuta al consolidato insegnamento giurisprudenziale in punto all’applicazione della regola di imputazione dei pagamenti per il caso in cui il debitore eccepisca d’averli effettuati a mezzo di assegno bancario: ove, infatti, l’assegno risulti negoziato in data significativamente anteriore a quella in cui il credito fatto valere in giudizio sia divenuto esigibile, la diversità di data fa venire meno la verosimiglianza del collegamento tra il credito azionato e il titolo di credito, restando conseguentemente a carico del debitore l’onere di dimostrare la causale dell’emissione dell’assegno e che il rilascio del titolo fosse volto ad estinguere in via anticipata il debito oggetto del processo (cfr. fra le altre Cass. n. 6217/2016; n. 24837/2014);

il principio appare applicabile al caso di specie, nel quale i pagamenti risultano effettuati mediante singole dazioni in parte di denaro contante ed in parte di assegni bancari;

per il resto il motivo non incide sulle ragioni in fatto adottate dalla corte d’appello a sostegno del proprio assunto, esente da censure sotto il dedotto profilo della violazione di legge;

ritenuto che le spese vanno poste a carico della parte soccombente;

Considerato inoltre che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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