Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3654 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 13/02/2020), n.3654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 8635/2018 proposto da:

D.D., D.I., quali genitori naturali dei minori

D.B., P., G. e C.L., elettivamente domiciliati

in Roma, Via Piemonte 117, presso lo studio dell’avvocato Perin

Giulia, che li rappresenta e difende, con procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

N.F., quale curatore speciale dei minori D.B.,

P., G., e C.L., elettivamente domiciliata presso

l’avvocato Luigi Mughini, che la rappres. e difende, con procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Procura Generale presso la Corte d’Appello Firenze;

– intimata –

avverso la sentenza n. 331/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/11/2019 dal Consigliere, Dott. CAIAZZO ROSARIO;

udita il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione dei motivi 1 e 3, assorbiti i restanti;

udita l’Avvocato Perin Giulia per i ricorrenti, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udita l’Avvocato Francesca Nicodemi, per delega della

controricorrente, che si riporta agli atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 2016 il Tribunale per i minori di Firenze, accogliendo la domanda del Pubblico Ministero, dichiarò l’adottabilità dei minori D.B., C.P., G. e L., tutti figli di D.D. e gli ultimi tre di C.I., sospendendo la responsabilità genitoriale, interrompendo ogni incontro tra genitori e figli e confermando il collocamento dei minori presso le famiglie affidatarie. Al riguardo, il Tribunale aveva ricostruito le vicissitudini della coppia genitoriale e dei figli, trovati in stato d’indigenza, in condizioni igieniche e sanitarie intollerabili, senza una vera abitazione, abbandonati a loro stessi, mentre la madre era dedita a chiedere l’elemosina.

I sigri. C. e D. hanno proposto appello, lamentando anche che: era stato loro precluso ogni contatto con i minori, non sussistendo alcuna situazione di abbandono all’apertura della procedura; il Tribunale non aveva approntato alcun progetto di recupero della genitorialità; era stato violato il diritto al contraddittorio e non era stato valutato che entrambi i genitori lavorassero e convivessero; i bambini erano stati collocati in Romania presso i nonni, trasferiti in Italia nell’autunno del 2014 in vista della prospettiva della riunificazione familiare.

Si è costituito il curatore speciale dei minori; il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto del gravame.

Con sentenza del 4 febbraio 2018 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’appello, osservando che: le doglianze degli appellanti, più che negare lo stato di abbandono dei bambini, si riassumevano nel tentativo di discolpare i genitori stessi o di incolpare terzi; come desumibile dalla c.t.u. era stata riscontrata una situazione di sostanziale estraneità dei minori rispetto ai genitori, con conseguente esclusione di ogni possibilità di ricostruire un’affettività; i minori non conoscevano i genitori, fatta eccezione per un singolo episodio in cui la minore B. aveva incontrato la madre, riconoscendola solo per una cicatrice; non era possibile salvaguardare un rapporto tra i fratelli.

D.D. e D.I. già C. hanno proposto ricorso per cassazione nei confronti del curatore dei minori e del Procuratore Generale, affidato a otto motivi illustrati con memorie.

Resiste il curatore dei minori con controricorso illustrato da memoria cui sono state allegate relazioni aggiornate dei Servizi Sociali.

Non si è costituita la Procura generale intimata.

Con ordinanza del 14.6.2019 il collegio ha emesso ordinanza interlocutoria rinviando la causa alla pubblica udienza, alla luce della rilevanza della questione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 1, art. 12, comma 4 e art. 15 nonchè dell’art. 8 Cedu, per aver la Corte d’appello ritenuto irrilevante la mancata elaborazione di qualsiasi progetto di sostegno alla genitorialità volto all’accertamento dello stato di abbandono dei minori. Secondo i ricorrenti, a fronte di una situazione di incolpevole difficoltà del nucleo familiare ricomposto in Italia, sia sotto il profilo economico che di quello dell’inclusione sociale, il Tribunale per i Minori aveva deciso l’allontanamento dei bambini senza valutare accuratamente le capacità genitoriali e senza considerare un percorso di sostegno e di recupero.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 184, art. 8, comma 1, per non aver la Corte d’appello tenuto conto che la situazione di abbandono non sussisteva poichè era da ascrivere a causa di forza maggiore di carattere transitorio, lamentando i ricorrenti che: la situazione di precarietà familiare era stata causata dalla condotta illecita perpetrata da terza persona; nel (OMISSIS), quando i minori furono affidati alla comunità d’accoglienza essi si presentavano sereni e tranquilli, mentre dalla relazione dei Servizi sociali del (OMISSIS) emergeva che la minore B. era una bambina bene educata ed autonoma.

Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 184, art. 1, art. 8 Cedu, e art. 30 Convenzione Onu per i diritti del fanciullo, per aver la Corte d’appello considerato irrilevante la censura di mancata attivazione degli incontri tra genitori e figli, nonchè vizio del processo motivazionale nella parte in cui il giudice d’appello aveva escluso ogni progetto di recupero di un rapporto tra genitori e figli.

Con il quarto motivo è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo riguardante l’esame delle dichiarazioni rese dalla minore B. che, come da trascrizione, avrebbe dichiarato in modo esplicito di voler essere riunita alla famiglia biologica dove viveva “una vita bellissima” e di essere “molto triste” per la separazione dai genitori e dai fratelli, nonostante le cure della famiglia affidataria, evidenziando così un forte legame tra genitori e figli.

Con il quinto motivo è denunziata violazione della L. n. 184, art. 1 e art. 8 Cedu nella parte in cui la Corte d’appello aveva escluso il mantenimento dei rapporti tra genitori e figli e tra i fratelli, chiedendo che, in subordine, nel caso di conferma dell’adozione legittimante, fosse rimessa la questione di legittimità costituzionale della L. n. 184, art. 27, comma 2 (rectius 3), se la norma fosse interpretata nel senso che essa impedisca il mantenimento dei rapporti tra genitori biologici e figli.

Con il sesto motivo è denunziata la violazione dell’art. 14 Cedu per non aver la Corte territoriale riconosciuto una speciale protezione alla famiglia in questione per la sua appartenenza ad una comunità discriminata quale quella dei ROM. Al riguardo, i ricorrenti evidenziano che hanno dovuto affrontare difficoltà causate dall’ambiente sociale nel reperire un’abitazione adeguata e nell’acquisire una stabilità economica da offrire al possibile reinserimento dei figli presso la loro famiglia d’origine.

Con il settimo motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la Corte di merito omesso di pronunciarsi sull’istanza di liquidazione delle spese presentata dai ricorrenti, ammessi al gratuito patrocinio, violando altresì il D.P.R. n. 115 del 2000, art. 133.

Con l’ottavo motivo, in subordine, è denunziata violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per non aver il giudice di secondo grado ritenuto la sussistenza dei gravi ed eccezionali motivi per compensare le spese processuali, sia in ragione delle conclusioni del c.t.u. in ordine al mantenimento dei rapporti tra genitori e minori, sia considerando la dimensione umana della vicenda processuale in cui lo stato di adottabilità dei minori non era stato fondato sulla responsabilità per una specifica colpa ascritta ai genitori.

Il primo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono fondati.

I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia ritenuto sussistente lo stato d’abbandono dei minori, considerando irrilevante la mancata elaborazione di un progetto di sostegno alla genitorialità, senza attribuire alcuna rilevanza alle accertate oggettive difficoltà e traversie affrontate dai genitori che, secondo i ricorrenti, avevano compromesso ogni loro capacità nella cura degli stessi minori.

In altri termini, i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello abbia valutato lo stato d’abbandono dei minori in mancanza di una effettiva verifica della possibilità di recupero di una adeguata funzione genitoriale, anche attraverso programmati incontri tra i genitori e i minori, e ritenendo irrilevante tale omissione che, secondo la sentenza impugnata, avrebbe potuto legittimare solo azioni di rivalsa dei genitori verso i terzi responsabili delle condotte impeditive di tale recupero.

In primo luogo, il collegio ritiene che la Corte territoriale abbia errato nell’argomentare l’insussistenza dei presupposti di ogni possibilità di recupero dei rapporti tra i genitori biologici e i minori per l’inadeguatezza degli stessi genitori.

Al riguardo, occorre premettere che a tenore della giurisprudenza di questa Corte, lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non siano in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, di calore affettivo e di aiuto psicologico indispensabili allo sviluppo e alla formazione della sua personalità, senza che tale situazione sia dovuta a motivi di carattere transitorio, considerati in base ad una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito (Cass., n. 11171/19). In tema di adozione, il prioritario diritto fondamentale del figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i suoi genitori e di essere allevato nell’ambito della propria famiglia, sancito dalla L. n. 184 del 1983, art. 1 impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, ai fini del perseguimento del suo superiore interesse, potendo quel diritto essere limitato solo ove si configuri un endemico e radicale stato di abbandono – la cui dichiarazione va reputata, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, della Corte Europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia, come extrema ratio – a causa dell’irreversibile incapacità dei genitori di allevarlo e curarlo per loro totale inadeguatezza (Cass., n. 13435/16; n. 19735/15).

Tale orientamento interpretativo muove dunque dall’esigenza prioritaria di garantire la realizzazione del migliore interesse del minore nelle ipotesi in cui quest’ultimo versi in stato d’assoluto ed irreversibile abbandono con riguardo all’incapacità dei genitori di allevarlo e curarlo.

Ora, la sentenza impugnata ha escluso ogni possibilità di recupero delle capacità genitoriali dei minori sulla base di una duplice argomentazione: la mancanza di un apprezzabile legame affettivo di base tra i genitori e i minori, in quanto tra questi, P., G. e L. non avevano conosciuto i genitori, mentre la maggiore B. aveva riconosciuto la madre in una sola occasione, a causa di una cicatrice di cui aveva conservato memoria; il fatto che gli affidatari avessero instaurato con i bambini una relazione proficua che sarebbe stata compromessa dalla ricomparsa delle figure genitoriali (considerate inadeguate), con inevitabile nocumento dell’interesse dei minori.

Le ragioni espresse dal giudice d’appello sono pertanto fondate sul convincimento per cui il tempo decorso avrebbe ormai compromesso ogni possibilità per i genitori di intraprendere un percorso di recupero delle capacità genitoriali e che il superiore interesse dei minori possa essere realizzato solo attraverso la procedura d’adozione.

Ad avviso di questo collegio, tale pronuncia non è però conforme ai principi elaborati dalla Corte di cassazione, inseriti nel contesto della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo la quale, al di là della protezione contro le ingerenze arbitrarie, l’art. 8 della Convenzione CEDU pone a carico dello Stato degli obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita familiare. In tal modo, laddove è accertata l’esistenza di un legame familiare, lo Stato deve in linea di principio agire in modo tale da permettere a tale legame di svilupparsi. La Corte Europea, rilevando altresì che lo Stato gode di un certo margine di apprezzamento che varia a seconda della natura delle questioni oggetto di controversia e della gravità degli interessi in gioco, esige in particolare che le misure che conducono alla rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia siano applicate solo in circostanze eccezionali, ossia solo nei casi in cui i genitori si siano dimostrati particolarmente indegni o quando siano giustificate da un’esigenza primaria che riguarda l’interesse superiore del minore (CEDU, sentenza 13.10.2015, ricorso n. 52557/14; sentenza 16 febbraio 2016, ricorso n. 72850/14).

Pertanto, il collegio ritiene che la questione decisiva nella fattispecie consista nell’accertare se, prima di sopprimere il legame di filiazione biologica, le Autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure necessarie e appropriate che si potevano ragionevolmente esigere dalle stesse affinchè i minori potessero condurre una vita familiare normale all’interno della propria famiglia.

Nel caso concreto, la Corte d’appello, nell’affermare lo stato di abbandono dei minori, ha disatteso i suddetti principi, ritenendo che “..poco importa la genesi della situazione abbandonica accertata, quel che importa è prenderne atto e confermare nell’esclusivo interesse dei minori la dichiarazione di adottabilità. Se i genitori avessero avuto miglior fortuna, forse avrebbero accudito i figli decentemente.. ma ora sarebbe imperdonabile rovinare il cammino dei figli per concedere un’altra opportunità ai genitori, nella speranza che questi abbiano tardivamente recuperato condizioni di vita migliori..”.

Invero, la Corte territoriale ha pronunciato aderendo- seppure con qualche dissenso di cui si dirà- ai rilievi del c.t.u. il quale ha escluso che i due genitori avessero adeguate capacità, ritenendo da un lato irrilevante che la situazione di precarietà dei genitori fosse stata causata dall’illecito di terzo soggetto, e ponendo piuttosto in evidenza, dall’altro lato, il fatto che gli stessi genitori non hanno accettato il sostegno dei Servizi Sociali, e non hanno mai chiesto aiuto alle autorità, prediligendo l’accattonaggio o situazioni incerte o pericolose.

Il c.t.u. ha però soggiunto che i bambini mostravano il bisogno di ricongiungersi, in qualche modo, alla loro storia e ai fratelli, ritenendo auspicabile, in quanto utile e necessaria, una frequentazione tra fratelli e tra loro e i genitori naturali. Su tale punto, la Corte d’appello si è invece discostata dalla c.t.u., ritenendo che l’auspicata frequentazione potesse pregiudicare la creazione di un impianto familiare alternativo sul quale basare, attraverso l’adozione, un futuro migliore per i minori stessi.

Ora, la decisione impugnata è censurabile appunto nella parte in cui elide ogni rilievo alla genesi della condotta dei genitori, svalutando l’incidenza delle concrete difficoltà che si sono frapposte ai genitori sul cammino di un adeguato percorso educativo e di cura. Invero, così argomentando, la Corte territoriale ha attribuito valenza dirimente al fatto oggettivo della gravità dell’abbandono, svuotando di contenuto l’omessa adozione di ogni iniziativa di recupero delle capacità genitoriali e ritenendo, dunque, del tutto irrilevante anche chiedersi se tale omissione avesse, in qualche modo, potuto sortire effetti positivi sul ripristino di adeguati rapporti con i minori, con conseguente preclusione di una valutazione prognostica sulla recuperabilità delle funzioni genitoriali, seppure da parametrarsi ad un tempo ragionevole.

Al riguardo, la pronuncia impugnata è censurabile anche alla luce del rilievo, evidenziato nella giurisprudenza della Corte Europea, secondo cui il fatto che il minore possa essere accolto in un contesto più favorevole alla sua educazione non può, di per sè, giustificare che egli venga sottratto alle cure dei suoi genitori biologici; una tale ingerenza nel diritto dei genitori, sulla base dell’art. 8 CEDU, deve altresì rivelarsi necessaria a causa di altre circostanze (v. CEDU, sentenza 13.10.2015, ricorso n. 52557/14).

Peraltro, giova evidenziare che dalla c.t.u. si desume che l’assistenza sociale prestata al fine di preservare i rapporti tra i genitori e i minori, e tra quest’ultimi, attraverso gli incontri alla presenza dello stesso c.t.u., non si è protratta per un periodo significativo, proprio perchè è emerso il convincimento che ciò fosse inutile alla luce delle difficoltà incontrate che, però, avrebbero richiesto una maggior impegno da parte degli assistenti sociali e dello stesso c.t.u. proprio in considerazione delle suddette problematiche che avevano coinvolto i genitori.

Per quanto esposto, in accoglimento del primo e terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte territoriale che dovrà attenersi ai principi di diritto sopra affermati e provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Gli altri motivi devono ritenersi assorbiti dall’accoglimento del primo e terzo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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