Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3650 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 12/02/2021), n.3650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18453/2015 proposto da:

Comune di Piombino, in persona del sindaco pro tempore elettivamente

domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 2, presso lo studio della

Dott.ssa Buccellato Francesca (Studio Legale Aiello, Pastore e

Americo), rappresentato e difeso dall’avvocato Righi Luca, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via della Giuliana

n. 82, presso lo studio dell’avvocato Antonelli Patrizia (Studio

Curzi), rappresentato e difesa dall’avvocato Scatizzi Alberto,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 48/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 29/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2020 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione in opposizione alla stima proposto ai sensi della L. n. 765 del 1971, art. 19, B.A. conveniva innanzi alla Corte d’Appello di Firenze il Comune di Piombino chiedendo riconoscersi il giusto importo della indennità dovuta per l’espropriazione di un compendio immobiliare costituito da un terreno più due fabbricati condonati di cui uno adibito a civile abitazione e l’altro a rimessa-magazzino.

Precisava in narrativa l’attrice che il Comune di Piombino aveva comunicato il 12/12/2006 l’offerta di Euro 81.636,00 che esso opponente aveva dichiarato di non accettare. Riferiva quindi di voler ottenere il giusto indennizzo per tale esproprio con conseguente determinazione dell’indennità definitiva, da depositare doverosamente presso la Cassa DD.PP.. Si costituiva il Comune deducendo l’infondatezza della domanda. Con sentenza 29.12.2014 la Corte di Appello di Firenze determinò l’indennità di esproprio richiesta nella somma di Euro 152.756,00 oltre interessi legali dalla data dell’esproprio 5/4/2007 oltre spese di giudizio.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze il ricorrente Comune di Piombino ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. B.A. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente Comune di Piombino denuncia violazione e falsa applicazione del T.U. n. 327 del 2001, art. 37, comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello non ha motivato adeguatamente in ordine alla natura del vincolo.

Infatti, secondo il ricorrente Comune, la destinazione urbanistica dei beni espropriati, rilevante ai fini della valutazione del loro valore per accertare l’indennità di esproprio, da determinarsi senza tener conto dei vincoli destinati all’esproprio, doveva essere individuata in quella “residenziale” tale risultante dal PRG precedente all’approvazione della variante allo strumento generale adottata con Delib. 14 settembre 2005, n. 122 ed approvata con Delib. 26 aprile 2006, n. 38, che aveva mutato da residenziale a “ricettiva” l’area in questione inserendola all’interno dell’unità di intervento IU24 bis con destinazione turistico-alberghiera. Secondo il Comune di Piombino la Corte aveva errato nel ritenere che al momento dell’esproprio l’area espropriata avesse destinazione urbanistica ricettiva turistico-alberghiera e non invece residenziale come prevista dallo strumento urbanistico prima della variante, essendo proprio tale variante che aveva mutato la destinazione urbanistica del compendio immobiliare il motivo che ne ha determinato l’assoggettamento ad esproprio.

Il motivo è infondato. Risulta infatti dalla sentenza impugnata che il bene oggetto di espropriazione, come descritto nella CTU espletata, è costituito da due fabbricati, condonati, della superficie di 28,36 e 27,92 mq. che insistono su un terreno pertinenziale di superficie catastale di mq. 1.320 di forma irregolare disposto in terrazzamenti declinanti verso il mare.

Ciò premesso deve essere applicato alla fattispecie il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 38, recante il “testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”, secondo il quale: “Nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata (nella fattispecie i due immobili risultano condonati), l’indennità è determinata nella misura pari al valore venale della costruzione. Qualora la costruzione ovvero parte di essa sia stata realizzata in assenza della concessione edilizia o della autorizzazione paesistica, ovvero in difformità, l’indennità è calcolata tenendo conto della sola area di sedime in base all’art. 37, ovvero tenendo conto della sola parte della costruzione realizzata legittimamente.”

La diversa ipotesi prevista dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, non riguarda quindi la fattispecie in esame, ed in tal senso va corretta la motivazione, dato che anche il terreno di natura pertinenziale sul quale insistono le costruzioni, trattandosi di area edificata, deve essere valutato secondo il valore di mercato dei fabbricati D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 38.

Pertanto appare corretto il calcolo effettuato dal CTU il quale ha determinato il quantum dovuto in complessivi Euro 152.756,00 sulla base del valore di mercato degli immobili valutati rispettivamente in Euro 70.900,00 quello di mq. 28,36 ed in Euro 50.256,00 quello di mq. 27,92 più il valore del terreno assimilato ad un giardino pertinenziale calcolato in Euro 31.600,00.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 194 c.p.c., comma 2 e art. 90 disp. att. c.p.c., comma 1, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte di Appello ha determinato le indennità di esproprio in base a calcoli e parametri erronei senza adeguatamente motivare la decisione.

Il motivo è inammissibile, in quanto manca di specificità ed autosufficienza. Il ricorrente, infatti, non ha chiarito quali sarebbero gli errori del CTU nella stima del compendio espropriatolitè tantomeno ha riportato le censure già formulate in atti o documenti del giudizio di merito dai quali evincere un differente valore da attribuire agli immobili.

A tal riguardo Sez. 3, Sentenza n. 18688 del 06/09/2007 (Rv. 599400 – 01) “Il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo puntuale le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, potendo limitarsi ad un mero richiamo di esse, soltanto nel caso in cui non siano mosse alla consulenza precise censure, alle quali, pertanto, è tenuto a rispondere per non incorrere nel vizio di motivazione. Tale vizio è però denunciabile, in sede di legittimità, solo attraverso una indicazione specifica delle censure non esaminate dal medesimo giudice (e non già tramite una critica diretta della consulenza stessa), censure che, a loro volta, devono essere integralmente trascritte nel ricorso per cassazione al fine di consentire, su di esse, la valutazione di decisività).

Nella specie il CTU ha accertato il valore col metodo di stima sintetico-comparativo tenendo conto che il terreno è a picco sul mare, che gli immobili non avevano particolare pregio e si trovavano anzi in stato di pessima conservazione.

In considerazione di quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese di giudizio di legittimità.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

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