Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3649 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 3649 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: MARULLI MARCO

sul ricorso 17103/2016 proposto da:
Comune di Stornara, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, Via Panaro n.25, presso lo studio
dell’avvocato \fisco Francesco, rdppresentato e difese) dall’avvocato
De Michele Vincenzo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
Schieder Carmen, Petroni Antonio, Petroni Emma Luisa, Petroni

,

Pietro, elettivamente domiciliati in Roma, Via Laura Mantegazza
n.24, presso lo studio del dott. Gardin Marco, rappresentati e difesi
dall’avvocato Ventura Costantino, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

(7%

Data pubblicazione: 14/02/2018

Comune di Stornara, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, Via Panaro n.25, presso lo studio
dell’avvocato Visco Francesco, rappresentato e difeso dall’avvocato
De Michele Vincenzo, giusta procura in calce al ricorso principale;

avverso la sentenza n. 1857/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 17/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/10/2017 dal cons. MARULLI MARCO.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza in atti, la Corte d’Appello di Bari, definendo gli
appelli di entrambe la parti avverso la decisione di primo grado – che
aveva liquidato in favore degli attori Petroni il danno loro cagionato
dall’occupazione appropriativa e dall’occupazione usurpativa di terreni
di loro proprietà inclusi in un intervento PEEP attuato dal Comune di
Stornara – ha rigettato perché nuova ed infondata l’eccezione
sollevata da quest’ultimo circa l’avvenuta espunzione
dall’ordinamento dell’istituto dell’accessione invertita ed ha
provveduto a liquidare ex novo le somme dovute ai Petroni in base
alle risultanze della c.t.u. da essa disposta, determinando gli interessi
nella metà di quelli legali.
Avverso detta decisione insorgono, in via principale, il Comune sulla
base di un solo motivo di ricorso ed, in via incidentale, i Petroni sulla
base di due motivi.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-

bis1 cod. proc. civ.

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– controricorrente al ricorso incidentale-

RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo di ricorso, il Comune deducente censura
l’impugnata decisione nella parte in cui questa ha giudicato
inammissibile, perché nuova e comunque infondata, ritenendola
contraria al senso comune, l’eccezione sollevata da esso deducente

espunzione dall’ordinamento dell’istituto dell’accessione invertita assunta dal diritto pretorio a presupposto di legittimazione
dell’occupazione appropriativa – ad opera dell’art.

42-bis d.P.R. 8

giugno 2001, n. 327, in guisa del quale il deducente aveva di seguito
al giudizio d’appello dato corso all’adozione dei provvedimenti intesi
ad acquisire i beni interessati al proprio patrimonio indisponibile.
2.2. Il motivo, quantunque non privo di fondatezza laddove
argomenta l’inapplicabilità della preclusione opposta dal decidente
d’appello allorché la domanda o l’eccezione sia intesa a rendere
applicabile lo ius superveniens, quale nella specie è da riconoscersi
nell’introduzione dell’art. 42-bis anzicitato – a cui il legislatore, di
seguito alla declaratoria di incostituzionalità dell’omologo istituto
regolato dall’art. 43 d.P.R. 8 giugno 2011, n. 327, ha, infatti,
proceduto, pendente iudicio, con l’art. 34, comma 1, d.l. 6 luglio
2011, n. 98 convertito in I. 15 luglio 2011, n. 111 – non è tuttavia
decisivo.
Questa Corte, investita della questione proprio con riferimento ad
una fattispecie in cui il Comune ricorrente aveva fatto notificare agli
intimati in prossimità dell’udienza pubblica gli atti relativi
all’acquisizione sanante di beni illecitamente occupati, misurandosi
con gli effetti della nuova norma riguardo ai giudizi pendenti, ha
infatti avuto modo di affermare che, sebbene l’emanazione da parte
della P.A. di un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis
del d.P.R. n. 327 del 2001 delle aree oggetto di occupazigiì

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nella comparsa conclusionale depositata il 7.6.2013 circa l’avvenuta

illegittima determini l’improcedibilità delle domande di restituzione e
di risarcimento del danno proposte in relazione ad esse, un siffatto
effetto deve invece essere escluso in presenza della «formazione del
giudicato non solo sul diritto del privato alla restituzione del bene,
ma anche sulla illiceità del comportamento della P.A. e sul

provvedimento ex art. 42-bis è volto a ripristinare (con effetto “ex
nunc”) la legalità amministrativa violata – costituendo, pertanto, una
“extrema ratio” per la soddisfazione di attuali ed eccezionali ragioni
di interesse pubblico e non già il rimedio rispetto ad un illecito -,
sicché è necessario che venga adottato tempestivamente e,
comunque, prima che si formi un giudicato anche solo
sull’acquisizione del bene o sul risarcimento del danno, venendo
altrimenti meno il potere attribuito dalla norma all’Amministrazione»
(Cass., Sez. I, 31/05/2016, n. 11258).
2.3. Ora, poiché nella specie nella sentenza in esame si legge
testualmente che «come indicato nelle ordinanze collegiali sopra
richiamate della sentenza di primo grado non sono contestate,
facendo così parte del giudicato interno le statuizioni concernenti …
b) il formarsi del fenomeno appropriativo in data 23.4.1994 per i
suoli oggetto dell’ordinanza di occupazione 2/89 e in data
11.10.1996 per i suoli oggetto dell’ordinanza n. 15/89» e poiché nel
dichiarare «il formarsi del fenomeno appropriativo» è implicitamente
racchiusa pura la statuizione in ordine all’illiceità della condotta della
RA. avendo questa proceduto all’occupazione dei suoli e alla loro
trasformazione, lasciandone decadere gli effetti senza procedere al
loro formale esproprio, ne discende che lo ius superveniens invocato
dal deducente in funzione cassatoria dell’impugnata decisione non
esplica alcun effetto nella vicenda de qua, in quanto la sua efficacia
trova ostacolo insormontabile nell’intervenuta formazione del

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ulli

conseguente diritto del primo al risarcimento del danno. Invero, il

giudicato circa la natura illecita dell’operato della P.A. E dunque,
poiché il motivo, così come anche illustrato dalla memoria, si
giustifica solo in funzione del fatto che l’illecito perpetrato dal
Comune non sia coperto dal giudicato, l’opposta circostanza che al
contrario la formazione del giudicato non sia in discussione, tanto da

decidente, priva il motivo di ogni base razionale e rende perciò del
tutto inefficace ai fini sperati dal deducente l’argomento che in esso
vi è sviluppato.
3.1. Quanto al ricorso incidentale, con il primo motivo i Petroni si
dolgono dell’omesso esame in cui il decidente d’appello è incorso
circa la prova dei diversi valori da loro allegata ai fini della
liquidazione del credito risarcitorio, in ciò ravvisandosi motivo per
ricorrere a questa Corte ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod.
proc. civ., nonché, per il riflesso di detti valori nella determinazione
del giusto ristoro, pure per invocarne l’intervento correttivo ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in relazione agli artt.
2043 e 2051.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Eppur vero che questa Corte non ha inteso escludere dal perimetro
della ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5
cod. proc. civ. novellato le risultanze peritali, ritenendo che esse
possano costituire fatto decisivo in tal guisa rilevante se oggetto di
discussione tra le parti (Cass., Sez. III, 7/07/2016, n. 13922),
intendendo in questo modo pure richiamare l’attenzione sull’obbligo
specifico di motivazione che sovrasta il giudicante quando da esse
intenda discostarsi.
Ma va pur detto che intanto, le risultanze in questione sono solo
quelle scaturenti dalla consulenza tecnica d’ufficio, solo questa infatti
potendo, in talune evenienze, adiuvare il giudice nell’offrirgli la prova
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costituire oggetto di specifica declaratoria preliminare da parte del

di un fatto decisivo per la cui dimostrazione si renda necessario
ricorrere ad uno o più consulenti tecnici di particolare competenza,
giacché è solo in tale contesto che si apprezza esattamente la
funzione ausiliatrice dell’ufficio giurisdizionale che l’ordinamento
assegna alla figura del ctu e della quale, per riflesso non può essere

trascurarsi che le risultanze peritali devono tradursi nella
dimostrazione di un fatto – e sono noti i limiti che la giurisprudenza
di questa Corte assegna al termine in rapporto alla previsione del
nuovo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. – di talché è escluso che
possano integrare il presupposto richiesto dalla norma per la loro
scrutinabilità in questa sede le risultanze che costituiscono
espressioni di giudizi e di valutazioni del consulente. E nella specie le
allegazioni operate dai Petroni a sostegno della censura traggono
fonte soltanto dalle conclusioni del loro perito, onde esse, al cui
fondo è ben riconoscibile l’intento di provocare una rivisitazione del
giudizio fattuale enunciato dal giudice d’appello, esulano
manifestamente dal vizio motivazionale denunciabile ai sensi della
norma novellata, assorbendo conseguentemente anche la doglianza
fatta valere in punto di diritto.
4.1. Il secondo motivo del ricorso Petroni denuncia invece l’erroneità
in diritto dell’impugnata decisione nella liquidazione degli interessi
operata non già in base ad un indice medio, ma ad un indice
dimezzato.
4.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Esso non consente invero di individuare l’interesse processuale che
ne sorregge la proposizione, dal momento che limitandosi alla sola
denuncia della pretesa violazione, senza offrire alcun ragguaglio in
ordine alla discordanza per loro pregiudizievole tra indice medio ed
indice dimezzato, i ricorrenti incidentali vengono meno all’onere lor

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invece interprete il consulente tecnico della parte. Né può poi

rimesso dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., poiché
astenendosi dall’illustrare le ragioni sostanziali del gravame,
conferiscono alla declinata doglianza una veste meramente
esplorativa, impendendo segnatamente a questa Corte di poter
valutare ex actis la sussistenza del prescritto presupposto di rito

5. Respingendosi i ricorsi di entrambe le parti le spese del presente
giudizio possono essere integralmente compensate.
Ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge entrambi i ricorsi e compensa integralmente le spese del
presente giudizio.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
di entrambe le parti dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il
giorno 3.10.2017
Il Funzioria
Dott.ssa Fabra

Dott. F

onde poter dar seguito allo scrutinio richiesto.

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