Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3646 del 24/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3646 Anno 2016
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 24312-2012 proposto da:
EDITRICE IL TEMPO S.R.L. P.I. 01860331006, in persona
del legale rappresentante pro tempore, già
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLONNA
366, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ZINGONI,
che la rappresenta e difende, giusta delega in atto e
2015
4825

da ultimo dumiciliaLa presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI

Data pubblicazione: 24/02/2016

GIORNALISTI

ITALIANI

“GIOVANNI

AMENDOLA”

C.F.

01057021006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato
BRUNO DEL VECCHIO, che la rappresenta e difende

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7453/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/10/2011 r.g.n.
222/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
CAVALLARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

giusta delega in atti;

FATTO
Con sentenza depositata il 24.10.2011, la Corte d’appello di Roma
confermava, per quanto d’interesse in questa sede, la statuizione di
primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla s.r.l.
Società Editrice I! Tempo avverso il decreto ingiuntivo emesso in suo

dovuti all’INPGI dalla s.p.a. Editrice Romana in favore del giornalista
Marco Patricelli.
Rilevava in particolare la Corte che, sebbene il titolo del credito fosse
costituito da un giudicato intervenuto tra la s.p.a. Editrice Romana e
l’INPGI, la circostanza che la sentenza di condanna fosse stata
pronunciata successivamente alla cessione dell’azienda editoriale in
favore della Società Editrice n Tempo valeva a rendere quest’ultima
successore a titolo particolare nel diritto controverso e dunque
legittimato passivo della pretesa creditoria dell’Istituto previdenziale.
Per la cassazione di questa pronuncia ricorre la Società Editrice I! Tempo
con ricorso affidato a due motivi. Resiste l’INPGI con controricorso.
DIRITTO
Con il primo e secondo motivo di ricorso, che possono esaminarsi
congiuntamente in ragione della natura delle censure rivolte alla
sentenza impugnata, la società ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 111 c.p.c., 2112 e 2560 c.c., nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, per avere la Corte di merito ritenuto che a
fondare la sua responsabilità per i debiti contributivi della s.p.a. Editrice
Romana bastasse la circostanza dell’avvenuto trasferimento dell’azienda
nelle more del processo conclusosi con la sentenza che aveva
condannato la società cedente a pagare all’INPGI i contributi in
questione.
Va preliminarmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione preliminare
d’inammissibilità del ricorso sollevata dall’Istituto intimato per asserita
maturazione del termine di decadenza di cui all’art. 327, comma 1°,
c.p.c. (nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore delle
modifiche apportate dall’art. 46, comma 17, I. n. 69/2009): è sufficiente
sul punto osservare che la sentenza è stata depositata il 24.10.2011 e
che il ricorso per cassazione è stato consegnato all’ufficiale giudiziario

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danno e relativo a somme per contributi previdenziali e assicurativi

per la notifica in data 23.10.2012, vale a dire entro l’anno dalla
pubblicazione della sentenza, non potendosi all’uopo attribuire alcun
rilievo alla data successiva in cui la notificazione è stata effettuata,
giusta l’insegnamento di Corte cost. n. 477 del 2002.
Ciò posto, il ricorso è fondato. Questa Corte ha infatti affermato che, in

confronti degli istituti previdenziali per l’omesso versamento dei
contributi obbligatori ed esistenti al momento del trasferimento
costituiscono debiti inerenti all’esercizio dell’azienda e restano soggetti
alla disciplina dettata dall’art. 2560 c.c., senza che possa operare
l’automatica estensione di responsabilità all’acquirente ex art. 2112,
comma 2°, c.c., sia perché la solidarietà è limitata ai soli crediti di lavoro
del dipendente e non è estesa ai crediti di terzi, quali devono ritenersi gli
enti previdenziali, sia perché il lavoratore non ha diritti di credito verso il
datore di lavoro per l’omesso versamento dei contributi obbligatori
(salvo quello puramente eventuale relativo al risarcimento dei danni
nell’ipotesi prevista dall’art. 2116, comma 2°, c.c.), essendo estraneo al
cosiddetto rapporto contributivo, che intercorre fra l’ente previdenziale e
il datore di lavoro (Cass. nn. 8179 del 2001 e 4726 del 2002).
Di tale insegnamento non ha tenuto conto la Corte territoriale, che lungi dal condurre gli accertamenti prescritti dall’art. 2560, comma 2°,
c.c. – ha invece erroneamente ritenuto che il trasferimento d’azienda
intervenuto in corso di causa valesse ex se a rendere operante la
disciplina di cui all’art. 111 c.p.c. rispetto al credito qui in questione.
Rispetto al quale è poi appena il caso di soggiungere che la sua titolarità
dal lato passivo non potrebbe certo affermarsi in capo alla ricorrente in
virtù dell’art. 3, paragrafo 4, lett. a), della Direttiva n. 2001/23/CE,
come invece preteso dall’Istituto intimato: l’esclusione ivi prevista dal
regime di solidarietà ora trasfuso nell’art. 2112 c.c. “ai diritti […] a
prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi
complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti
al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale” non vale certamente ad
attrarre a contrario nell’ambito della tutela ex art. 2112 c.c. i diritti a
prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi legali di
sicurezza sociale, giacché – come dianzi ricordato – l’autonomia del
rapporto contributivo rispetto al rapporto di lavoro esclude che il

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caso di trasferimento di azienda, i debiti contratti dall’alienante nei

lavoratore possa vantare diritti di tal fatta nei confronti del datore di
lavoro.
Non essendosi la Corte di merito attenuta ai principi dianzi esposti, la
sentenza impugnata va cassata e rinviata per nuovo esame alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la
causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che
provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.12.2015.

spese del presente giudizio di legittimità.

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