Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3644 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 3644 Anno 2018
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: FALABELLA MASSIMO

ORDINANZA
sul ricorso 14260/2013 proposto da:
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
Via Nazionale n.204, presso lo studio dell’avvocato Zitiello Luca,
che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
Cantarelli Fernando, in proprio e quale procuratore generale di
Cantarelli Sandra, elettivamente domiciliato in Roma, Via
Avezzana n.6, presso lo studio dell’avvocato Acciari Matteo,
rappresentato e difeso dagli avvocati Cedrini Giovanni, Colella

C.

Data pubblicazione: 14/02/2018

Antonio, Mammone Patrizia, giusta procura in calce al
controricorso;
– con troricorrente avverso la sentenza n. 582/2012 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/09/2017 dal cons. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA
1. — Cantarelli Fernando, in proprio e quale procuratore
della sorella Cantarelli Sandra, evocava in giudizio avanti al
Tribunale di Parma la Banca Agricola Mantovana esponendo di
avere acquistato in nome e per conto della stessa Cantarelli titoli
obbligazionari emessi dallo Stato argentino per un controvalore
di £ 296.645.654; deduceva, per quanto qui rileva, che il
contratto di acquisto, concluso presso la propria abitazione, e
quindi fuori dalla sede della banca, era nullo ai sensi dell’art. 30,
comma 6 e comma 7, t.u.f.. Svolgeva quindi plurime domande,
tra cui quella avente ad oggetto la declaratoria di nullità del
contratto di negoziazione dei titoli e di risarcimento del danno.
Nella resistenza della banca, il Tribunale respingeva le
domande attrici.
2. — Proposto gravame, la Corte di appello di Bologna, in
riforma della sentenza impugnata, dichiarava la nullità, a norma
dell’art. 30, comma 7, t.u.f., dell’ordine di investimento oggetto
di causa e condannava la banca al pagamento, in favore di
Cantarelli, della somma di C 153.204,70, oltre interessi.
3. — Contro la pronuncia suddetta, resa il 13 aprile 2012,
ricorre per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena,
subentrata nei diritti della Banca Agricola Mantovana in forza di
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BOLOGNA, depositata il 13/04/2012;

una fusione per incorporazione. Resiste con controricorso
Fernando Cantarelli. Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

— Il ricorso si basa su di un unico motivo che è così

n. 3, c.p.c., dell’art. 30, comma 6, t.u.f.. La ricorrente censura
la sentenza impugnata nell’assunto secondo cui il presunto
conferimento dell’ordine di acquisto presso l’abitazione
dell’odierno controricorrente doveva ritenersi un fatto pacifico,
visto che la comparsa di risposta della banca non conteneva
alcuna specifica ed esplicita contestazione della circostanza,
relativa alla conclusione del contratto fuori sede, allegata
dall’attore a fondamento della domanda di accertamento della
nullità del negozio. Sul punto l’istante richiama l’ordine di
acquisto recante la data del 2 dicembre 1998 e rileva come,
avendo specifico riguardo al momento in cui esso era stato
posto in esecuzione, dovesse escludersi che l’ordine medesimo
fosse stato conferito all’intermediario presso l’abitazione di
Cantarelli. La ricorrente assume, poi, essere manifestamente
errato il capo della sentenza che ha ritenuto applicabile l’art. 30,
comma 6, cit. anche agli ordini impartiti nell’ambito del servizio
di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini. Sostiene,
infatti, che il diritto di recesso spettante all’investitore trovi
applicazione solo ove l’offerta fuori sede abbia ad oggetto il
collocamento di strumenti finanziari o la gestione di portafogli
individuali.
2. — Il motivo contiene, dunque, due censure. Entrambe
sono infondate.
2.1. — La prima delle doglianze sollevate dalla banca
istante si basa, in sintesi, sull’assunto per cui la contestazione
dell’allegazione di Cantarelli — secondo cui la disposizione circa
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rubricato: violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1,

l’acquisto dei titoli argentini era stato impartito fuori sede —
avrebbe dovuto desumersi dalla produzione in giudizio, da parte
dell’odierna ricorrente, della copia dell’ordine; quest’ultimo,
infatti, documenterebbe una tempistica, quanto all’esecuzione

controparte.
La contestazione è, però, attività che deve risultare dalle
difese svolte negli atti processuali di parte, e non dai documenti
prodotti in giudizio. In particolare, l’onere di contestazione dei
fatti dedotti in citazione, nel c.d. rito societario, trova
fondamento nella disposizione di cui all’art. 4, comma 1, d.lgs.
n. 5/2003, secondo cui il convenuto, nella comparsa di risposta,
deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti
posti dall’altra parte a fondamento della domanda. E’, questa,
una disposizione che replica la previsione di cui all’art. 167,
comma 1, prima parte, c.p.c. (nel testo novellato dalla I. n.
353/1990): norma dalla quale la giurisprudenza di questa Corte
ha per l’appunto desunto che il convenuto, anche prima della
modificazione dell’art. 115 c.p.c., fosse tenuto, in quell’atto, a
sollevare contestazioni chiare e specifiche (Cass. 6 ottobre
2015, n. 19896; in tema pure: Cass. 20 novembre 2008, n.
27596; Cass. 25 maggio 2007, n. 12231).
D’altro canto, la Corte di appello non si è neppure sottratta
all’apprezzamento della risultanza documentale indicata dalla
ricorrente: profilo di cui avrebbe potuto in realtà pure
disinteressarsi, visto che era mancata una contestazione nel
senso che si è sopra indicato. Fla infatti sottolineato — e il punto
è ovviamente non censurabile nella presente sede, in quanto
inerisce a un accertamento di fatto demandato al giudice del
merito — che l’ordine in questione documentava che lo stesso
fosse stato inserito nel sistema informatico della banca a una
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dell’ordine stesso, non compatibile con l’affermazione di

certa data e a una certa ora, non anche che lo stesso fosse stato
conferito e sottoscritto presso i locali dell’istituto di credito.
2.2. — Nemmeno la seconda censura è accoglibile.
E’ sufficiente rilevare, in argomento, che il diritto di

dell’estensione applicativa fatta propria dalla Corte di Bologna.
Come è stato sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte «è
la circostanza che l’operazione d’investimento si sia perfezionata
al di fuori dalle sede dell’intermediario a rendere necessaria una
speciale tutela per l’investitore al dettaglio (la normativa non si
applica agli investitori professionali, come chiarisce il secondo
comma del citato art. 30), perché ciò significa che, di regola,
l’iniziativa non proviene da lui». In altri termini, in simili ipotesi
si deve presumere che «l’investimento non sia conseguenza di
una premeditata decisione dello stesso investitore, il quale a tale
scopo si sia recato presso la sede dell’intermediario, ma
costituisca invece il frutto di una sollecitazione, proveniente da
promotori della cui opera l’intermediario si avvale; sollecitazione
che, perciò stesso, potrebbe aver colto l’investitore impreparato
ed averlo indotto ad una scelta negoziale non sufficientemente
meditata» In tal senso, è stato spiegato che il differimento
dell’efficacia del contratto, con la possibilità di recedere nel
frattempo senza oneri per il cliente, valga appunto a ripristinare,
a posteriori, quella mancanza di adeguata riflessione preventiva
che la descritta situazione potrebbe aver causato. Alla luce di
tale esigenza di tutela, dunque, trova fondamento il principio
per cui il diritto di recesso accordato all’investitore dal sesto
comma dell’art. 30 t.u.f. e la previsione di nullità dei contratti in
cui quel diritto non sia contemplato, contenuta nel successivo
settimo comma, trovano applicazione non soltanto nel caso in
cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte
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recesso di cui all’art. 30, comma 6, t.u.f. è suscettibile

dell’intermediario sia intervenuta nell’ambito di un servizio di
collocamento prestato dall’intermediario medesimo in favore
dell’emittente o dell’offerente di tali strumenti, ma anche
quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in

l’effettuazione di ordini impartiti dal cliente in esecuzione di un
contratto quadro, ove ricorra la stessa esigenza di tutela (Cass.
Sez. U. 3 giugno 2013, n. 13905; in senso conforme: Cass. 3
aprile 2014, n. 7776; Cass. 26 gennaio 2016, n. 1368; Cass. 6
maggio 2016, n. 9134).
3. — Il ricorso è dunque respinto.
4. — Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento
delle spese processuali, liquidandole in C 7.000,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in C 200,00, ed agli accessori di
legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della la
Sezione Civile, in data 29 settembre 2017.
I residente
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esecuzione di un servizio d’investimento diverso, ivi compresa

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