Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3642 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. I, 14/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SRL CERRONE LEGNAMI ((OMISSIS)) in persona dell’amministratore

unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIPRO 16, presso lo

studio dell’avvocato NOSCHESE VINCENZO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DE FELICE ARTURO, giusta procura a margine della terza

pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.V. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 109, presso lo studio dell’avvocato

GAGLIARDO Salvatore, rappresentato e difeso dagli avvocati DI RIENZO

GIUSEPPE, CLAUDIO MASTROLIA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.P. ((OMISSIS));

– intimato –

avverso la sentenza n. 1529/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

18.3.09, depositata il 7.5.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore: “1.- Il Tribunale di Napoli ha – per quanto ancora interessa – rigettato la domanda di pagamento proposta dalla s.r.l.

Cerrone Legnami nei confronti di F.P. e G. V. e ha accolto la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata dai convenuti. La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata in data 7.5.2009 ha parzialmente accolto l’appello della societa’ attrice, riducendo l’importo del risarcimento.

Contro la sentenza di appello la s.r.l. Cerrone Legnami ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso G.V. mentre non ha svolto difese l’intimato F.P..

2. – Va preliminarmente osservato che in relazione a ciascun motivo del ricorso – con i quali e’ denunciata violazione di norme di diritto e vizio di motivazione – non risultano formulati i quesiti di diritto previsti a pena di inammissibilita’ dall’art. 366 bis c.p.c., la cui abrogazione opera soltanto per i provvedimenti depositati o pubblicati successivamente al 4.7.2009, ne’ risulta formulata la sintesi del fatto controverso in relazione al vizio di motivazione prevista dalla menzionata disposizione.

Va ricordato, invero, che il principio di diritto che, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., la parte ha l’onere di formulare espressamente nel ricorso per cassazione a pena di inammissibilita’, deve consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame. Ne consegue che e’ inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione;

dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, si’ da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice;

od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto; od, infine, sia formulato in modo del tutto generico (Sez. U, Sentenza n. 20360 del 28/09/2007).

Sussistono, pertanto, i presupposti per trattare, previa riunione, i ricorsi in camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art 375 c.p.c., apparendo entrambi inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.”. I difensori delle parti costituite hanno depositato memoria.

2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

Parte ricorrente, nella memoria, sostiene che il quesito ex art. 366 bis non sia richiesto in relazione alle censure formulate perche’ denuncianti vizi di motivazione. Per contro, va ricordato che, quanto alla formulazione dei motivi nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, la giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (v. S.U. sent. n. 20603/2007;

S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008): per questo il relativo requisito deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e’ possibile ritenerlo rispettato quando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e’ conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (ord., sez. 3, n. 16002/2007; ord., sez. 3, nn. 4309/2008, 4311/2008 e 8897/2008, cit., nonche’ sent. S.U. n. 11652/2008). In altri termini, si richiede che l’illustrazione del motivo venga corredata da un momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere la fondatezza della censura (v.

sentenza, S.U., n. 16528/2008). Requisito che, nella concreta fattispecie, manca del tutto e cio’ rende inammissibili le censure.

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la societa’ ricorrente a rimborsare al resistente le spese processuali che liquida in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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