Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3642 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, (ud. 13/09/2019, dep. 13/02/2020), n.3642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2617/2015 proposto da:

Comune Taranto, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Cesare Baronio n. 54/a, presso lo studio

dell’avvocato Barberio Roberto, che lo rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via Po n.

16/b, presso lo studio dell’avvocato Pizzicaria Sabrina,

rappresentata e difesa dall’avvocato Ostillio Giuseppe Adeo, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 204/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. di

TARANTO, depositata il 05/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 204/2014 depositata il 5-5-2014 la Corte d’appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto – determinava in Euro 196.820,03 l’indennità di espropriazione e in Euro 88.756,95 quella di occupazione temporanea dovute dal Comune di Taranto a S.A.L. per l’espropriazione e l’occupazione dei terreni di cui al decreto di esproprio in data 17 maggio 2007 e riteneva altresì spettanti all’attrice le somme dovute per il mancato ricavo della produzione di foraggio, quantificata, in base ai calcoli del consulente tecnico d’ufficio, in Euro 16.196,73, e per il valore dell’impianto irriguo, pari a Euro 61.036,50. La Corte territoriale, richiamati i principi di cui alla sentenza numero 181 del 2011 della Corte Costituzionale, nel determinare il valore dei beni ablati, ha dato atto che dalla C.T.U. era emerso che i fondi ricadevano in zona agricola in base al piano regolatore del comune di Taranto e in tale zona l’edificazione era da intendersi finalizzata alle esigenze di conduzione dei fondi con possibilità di realizzazione di iniziative agricole a carattere industriale, destinate alla trasformazione dei prodotti agricoli. Avuto riguardo alle caratteristiche essenziali dei beni ablati, fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso, secondo legge, la Corte d’appello ha ritenuto pertanto più congruo ed adeguato alla situazione concreta il valore di mercato indicato dal consulente tecnico di parte dell’attrice nella sua relazione, pari ad Euro 4.73 per metro quadro per un totale di Euro 196.820,03, in luogo del valore stabilito dal consulente tecnico d’ufficio, pari a Euro 180.657,49.

2. Avverso questa sentenza, il Comune di Taranto ha proposto ricorso, affidato a due motivi, a cui resiste con controricorso S.A.L..

3. In data 6 settembre 2019 il Comune di Taranto ha depositato rinuncia ex art. 390 c.p.c. con adesione dell’altra parte costituita in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Comune ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione di legge: art. 360 c.p.c. n. 3 in relazione a tutti i principi in materia di espropriazione per pubblica utilità, nonchè all’art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione Europea nell’interpretazione offerta dalla CEDU, alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 e al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 1”. Il ricorrente, nel richiamare i principi enunciati dalla Consulta con la sentenza n. 181/2011, assume che la Corte territoriale abbia violato il quadro normativo indicato in rubrica, garantendo alla parte espropriata un ristoro eccedente il limite del giusto equilibrio tra l’interesse generale (governato dalla declaratoria di pubblica utilità) e la salvaguardia del diritto dell’espropriato. Richiama il disposto del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 1 benchè non applicabile al caso di specie, e sostiene che sia stato violato il limite del “giusto equilibrio”, avendo dato la Corte territoriale ingiustificata preferenza, seppure di trascurabile differenza, al valore di mercato indicato dal consulente tecnico di parte dell’attrice, in luogo di quello stabilito dal consulente tecnico d’ufficio, che aveva utilizzato per il calcolo il parametro del metro quadrato.

2. Con il secondo motivo il Comune ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione di legge: art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli arti. 115 e 116 c.p.c.”. Deduce che la Corte di merito, nel determinare l’importo liquidato a titolo di indennità di espropriazione e, di riflesso, l’indennità di occupazione temporanea, è incorsa in una erronea duplicazione valutativa, in quanto il valore dei fondi irrigui espropriati è stato incrementato aggiungendovi quello dell’impianto irriguo, pari ad Euro 61.036,50. Deduce che oggetto della censura non è la valutazione dell’impianto irriguo effettuata dal C.T.U., ma “l’uso erroneo della prova nell’ambito della esclusiva sfera valutativa del giudice”, afferente, secondo il ricorrente, non a questioni di merito, nè a vizi di motivazione. Circa il mancato ricavo della produzione di foraggio, determinato nella misura di Euro 16.196,73, deduce il ricorrente che il soggetto espropriato non aveva dimostrato, nè allegato di aver prodotto foraggio per le connesse esigenze del bestiame in dotazione dell’azienda agricola.

3. Con atto pervenuto in Cancelleria il 6-9-2019, parte ricorrente ha rinunciato al ricorso. La rinuncia è formalmente perfetta, in quanto sottoscritta dalla parte ricorrente e dal suo difensore, ed è stata accettata, con le medesime modalità.

Consegue l’estinzione del processo di cassazione per rinuncia al ricorso (art. 391 c.p.c., comma 1), senza nessun provvedimento sulle spese, atteso che l’adesione alla rinuncia preclude alla Corte la possibilità di compensare le spese di lite.

La declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 19560 del 2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il processo di cassazione per rinuncia al ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima Civile, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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