Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3641 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. I, 14/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19707-2009 proposto da:

L.P. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FANELLI VINCENZO, giusta mandato speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 700/2008 R.G.V. della CORTE D’APPELLO di TORINO

del 7/01/09, depositato il 05/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO BIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p.1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- L.P. ha adito la Corte d’appello di Torino allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al Tar Lazio con ricorso del 28.6.1993, definito con sentenza declinatoria della giurisdizione in data 20.2.2008, avente ad oggetto l’impugnativa di provvedimento di reiezione della domanda diretta ad ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione di psicologo.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 5.3.2 009, pronunciato nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, fissato il termine di durata ragionevole del giudizio in anni tre, ha liquidato per il danno non patrimoniale, per il ritardo di circa 12 anni e 6 mesi, la somma di Euro 8.750,00, (Euro 700,00 per anno di ritardo), tenuto conto della modestia della posta in gioco e della mancata presentazione di istanze di prelievo, dichiarando compensate, per la metà, le spese del giudizio, in relazione ai limiti di accoglimento della domanda.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso parte attrice, affidato a quattro motivi; ha resistito con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze.

2.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia vizio di motivazione lamentando che la misura dell’indennizzo sia stata illegittimamente ridotta per l’erronea valutazione della posta in gioco (in realtà di notevole rilievo perchè influente sull’attività professionale dell’istante) e per la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, in realtà presentata nel 2007.

2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 CEDU in relazione al discostamento irragionevole dai parametri Europei di liquidazione dell’indennizzo in considerazione della posta in gioco, valutata senza alcun riferimento alla specificità del procedimento presupposto.

2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., L. n. 794 del 1942, L. n. 1051 del 1957, art. 24 e art. unico per avere la Corte di merito disatteso la nota specifica presentata dal difensore senza indicare le voci escluse o ridotte e non consentendo la verifica della conformità della liquidazione in relazione all’inderogabilità dei minimi tariffari.

2.4.- Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla disposta compensazione parziale delle spese processuali senza tenere conto dell’espressa limitazione della domanda di equo indennizzo nella misura di Euro 22.500,00 o in quella diversa maggiore o minore di giustizia.

3. – I primi due motivi – esaminabili congiuntamente perchè connessi – appaiono manifestamente infondati.

Invero, relativamente alla quantificazione del danno, va ribadito che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte Europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo e, secondo la giurisprudenza di questa Corte, avendo riguardo al parametro di Euro 1.000,00/Euro 1.500,00 per anno di ritardo dopo i primi tre anni, per i quali l’indennizzo è pari a Euro 750,00 per anno.

Siffatta valutazione rientra nella ponderazione del giudice del merito, che deve rispettare il parametro sopra indicato, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entità della posta in gioco, il numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento ed il comportamento della parte istante;

per tutte, Cass. n. 1630 del 2006; n. 1631 del 2006; n. 19029 del 2005), purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte, Cass. n. 3 0064 e n. 6898 del 2008; n. 1630 e n. 1631 del 2006).

Infine, va tenuto conto della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi e, in particolare, del principio enunciato da Sez. 1, Sentenza n. 13 019 del 2010, secondo cui deve ritenersi congrua, anche in base a quanto afferma la Corte d’appello in ordine alla esiguità della posta in gioco per l’esiguità del trattamento pensionistico chiesto e denegato dalla Corte dei Conti, la riparazione per la somma indicata di meno di Euro 500,00 annui, anche maggiore di quella recentemente determinata dalla C.E.D.U. per il danno non patrimoniale di un processo amministrativo italiano (Sez. 2, 16 marzo 2010, Volta et autres c. Italie, Ric. 43674/02).

Nella concreta fattispecie il giudizio amministrativo presupposto ha avuto una durata di circa quindici anni e la Corte di merito ha liquidato la somma di Euro 8.75 0,00, sostanzialmente attenendosi ai criteri innanzi richiamati.

Peraltro, se è vero che la previsione di strumenti sollecitatori, infatti, non sospende nè differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, nondimeno resta salva la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio (Sez. U, Sentenza n. 28507 del 23/12/2005) e la Corte di merito ha espressamente valorizzato la tardiva presentazione dell’istanza di prelievo (nel 2007, ossia ben 14 anni dopo l’inizio del procedimento dinanzi al TAR). Talchè il vizio di motivazione riferito alla sola posta in gioco non assume rilievo decisivo ai fini della valutazione della correttezza del giudizio della Corte di merito.

3.1.- Quanto alle censure relative alle spese va rilevato che effettivamente parte attrice aveva limitato la domanda con la formula in quella diversa maggiore o minore di giustizia, la quale non è considerata dalla giurisprudenza di legittimità mera formula di stile. Inoltre, la somma liquidata per i diritti è inferiore a quella che la S.C. liquida in cause analoghe, tenuto conto della somma accordata, allorquando decide ex art. 3 84 c.p.c..

Il decreto impugnato, dunque, dovrebbe essere cassato limitatamente al capo concernente le spese che dovranno essere determinate, per il giudizio di merito, conformemente ai criteri seguiti dalla S.C. in sede di decisione nel merito, liquidando i diritti in Euro 600,00 e gli onorari in Euro 490,00.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio”.

Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.

p.2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso limitatamente alla censura concernente la compensazione delle spese del giudizio di merito.

Le considerazioni svolte nella memoria difensiva, invero, non possono essere condivise, posto che parte ricorrente assume a parametro delle decisioni CEDU richiamate nella relazione l’ammontare dell’indennizzo che la Corte Europea avrebbe liquidato “in assenza di vie di ricorso interne” e non l’importo concretamente liquidato (e sommato a quello già concesso dalla corte nazionale).

La causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante la liquidazione delle spese dovute per il giudizio di merito, in applicazione delle regole sopra indicate.

Le spese processuali del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza nella misura di 1/3, dovendo essere compensata la rimanente parte per il limitato accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge;

che compensa in misura di 2/3 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo 1/3 e che determina per l’intero in Euro 525,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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