Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3639 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/02/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 13/02/2020), n.3639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23454-2014 proposto da:

D.B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTORINO

LAZZARINI 19, presso lo studio degli avvocati ANDREA SGUEGLIA, UGO

SGUEGLIA, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9848/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/04/2014 R.G.N. 2034/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANDREA SGUEGLIA;

udito l’Avvocato ISABELLA CORSINI (Avvocatura dello Stato).

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 9848/2013, confermava il rigetto della domanda proposta da D.B.A., impiegato civile del Ministero della Difesa con qualifica di “assistente di amministrazione”, volta all’accertamento del diritto a prestare servizio presso l’Ufficio dell’Addetto per la Difesa e per l’Esercito di Berlino a tempo indeterminato e senza limite, se non quello del collocamento a riposo, oppure sino a quanto il CCNL ne regoli la materia.

2. La Corte di appello argomentava, in sintesi, come segue:

a) se è vero che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 1, ha abrogato sostanzialmente tutte le norme concernenti il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti c.d. contrattualizzati dal momento della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1998/2001, è pure vero che nessun contratto collettivo, nazionale o integrativo o di comparto disciplina l’ipotesi dell’assegnazione temporanea all’estero, a parte le diverse fattispecie del comando o distacco;

– il trasferimento è un negozio unilaterale con cui il datore di lavoro dispone il mutamento definitivo della sede di lavoro del dipendente, mentre nel caso in esame il Direttore Generale per il Personale civile del Ministero della Difesa competente per l’assegnazione all’estero aveva fatto proprio quanto stabilito nelle Delib. Comitato dei Capi di Stato Maggiore del 1999 e del 2002 (atti di macro-organizzazione D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 5), che avevano fissato specifici limiti temporali dell’incarico del personale civile inviato all’estero, contemplando la regola della turnazione e dell’avvicendamento; dunque, il caso in esame non integra un trasferimento, ma un’assegnazione all’estero per un incarico temporaneo di cinque anni, avvenuta su domanda del ricorrente (domande dell’11.11.1999 e del 6.5.2003);

– non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 2103 c.c., tanto per la dichiarata volontà del Ministero di una assegnazione del ricorrente a Berlino in via temporanea e non definitiva, quanto perchè sia l’assegnazione sia il rientro in Italia alla scadenza del quinquennio erano avvenuti su accordo delle parti e non in via unilaterale del Ministero; il ricorrente non era stato trasferito d’ufficio nè previa disponibilità, ma espressamente a domanda, a dimostrazione dell’esistenza di un accordo delle parti sulla assegnazione temporanea, conosciuta e liberamente accettata e come tale vincolante anche per il lavoratore.

b) ove poi la fattispecie non fosse valutata nel suo complesso come incarico temporaneo con scadenza predeterminata e rientro programmato, ma isolando il solo rientro, qualificandolo come trasferimento dalla Germania all’Italia, l’esistenza di una regola di macro-organizzazione stabilita dall’Amministrazione, fatta propria e richiamata nei propri provvedimenti dal Direttore Generale competente del Ministero della Difesa, costituirebbe una valida ragione organizzativa di natura generale, consistente nell’esigenza di un periodico avvicendamento dei dipendenti, anche civili, in servizio all’estero per motivi di sicurezza nazionale, per la peculiarità dell’incarico ricoperto all’estero e per il particolare trattamento economico durante la permanenza fuori sede; tale regola organizzativa renderebbe, quindi, in ogni caso giustificato il provvedimento di rientro in Italia, ove qualificato come trasferimento.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il lavoratore sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso il Ministero della Difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2, 40 e 69, della L. n. 25 del 1997, art. 6, comma 1, dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 2697 c.c.; degli artt. 112 e 115 c.p.c.; degli artt. 35 e 97 Cost..

L’ipotesi del trasferimento temporaneo non è contemplata dall’ordinamento. Non è possibile qualificare la fattispecie come distacco, mancando l’alterità tra soggetto distaccante e soggetto beneficiario del distacco. La fattispecie non è neppure qualificabile come missione o trasferta, tenuto conto del carattere oggettivamente non di breve durata e dell’assenza di esigenze transitorie. Pertanto, non può che applicarsi l’art. 2103 c.c., per cui il trasferimento può essere disposto solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, nella specie non dimostrate. Le decisioni del Comitato dei Capi di Stato Maggiore che hanno introdotto la regola della temporaneità dell’incarico non sono atti di macro-organizzazione e non sono vincolanti.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Il trasferimento presso l’Addettanza militare di Berlino era stato comunicato al ricorrente soltanto per le vie brevi, eccezion fatta per la nota prot. 49591 del 23.7.2003, mostrata per conoscenza il 6.9.2003, vale a dire pochi giorni prima della presa di servizio presso l’Ufficio estero. Era stata contestata in giudizio la circostanza della ricezione della nota n. 42178 del 19.6.2003 e della nota prot. 80033215 del 14.5.2005 relative all’assegnazione all’Ufficio estero. La sentenza aveva omesso di considerare ed esaminare tale contestazione. Neppure il Ministero aveva mai dedotto in primo e in secondo grado che il ricorrente avesse liberamente accettato un trasferimento solo temporaneo e che si fosse così vincolato alla turnazione e alla temporaneità.

3. E’ preliminare il rilievo per cui, con il primo motivo di ricorso, non è stata specificamente censurata la distinta ratio decidendi secondo cui, ove pure si fosse in presenza di un trasferimento (dalla Germania all’Italia) regolato dall’art. 2103 c.c. (soluzione che la Corte di appello con la prima ratio decidendi ha escluso), lo stesso sarebbe giustificato dalle ragioni di interesse pubblico, specificamente indicate in sentenza, ossia dall’esigenza del periodico avvicendamento dei dipendenti per motivi di sicurezza nazionale, per la peculiarità dell’incarico ricoperto all’estero e per il particolare trattamento economico percepito dal dipendente durante la permanenza fuori sede.

3.1. La sentenza ha così motivato la ricorrenza in concreto delle “comprovate ragioni tecnico-organizzative” di cui all’art. 2103 c.c.. Tale ratio decidendi, ossia quella della legittimità del provvedimento di rientro in Italia, ove pure qualificato trasferimento, non è stata oggetto di uno specifico motivo di censura.

3.2. Qualora la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione secondo l’iter logico-giuridico seguito sul punto in questione nella sentenza impugnata, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, di taluna (o anche di una soltanto) di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulle rationes decidendi non censurate (o sulla ratio decidendi non censurata), con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di esse (Cass. n. 2273 del 2005, n. 13325 del 2005, n. 18090 del 2005, n. 1526 del 2006, n. 2127 del 2006).

4. Il secondo motivo si incentra su contestazioni tutte relative alla prima ratio decidendi, in quanto tese a negare la consapevolezza da parte del D.B. della temporaneità dell’assegnazione a motivo dell’inesistenza di formali comunicazioni relative all’assegnazione alla sede estera.

4.1. Tali contestazioni non solo vertono sull’interpretazione e valutazione delle risultanze di causa, per cui sia l’error in procedendo sia l’error in iudicando di cui alla rubrica del motivo sono mediati da una inammissibile diversa valutazione del merito, ma vi è difetto di interesse a proporle, una volta accertato (come sopra rilevato) che non è stata impugnata l’autonoma ratio decidendi che verte sulla legittimità del provvedimento pure se qualificato come trasferimento, in quanto assistito da una ragione idonea a giustificarlo ex art. 2103 c.c..

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. La novità in sede di legittimità delle questioni oggetto del presente giudizio giustifica la compensazione delle spese del’intero processo.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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