Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3639 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 12/02/2021), n.3639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6359/2019 proposto da:

N.G.O., elettivamente domiciliato presso l’avv. Anna

Proserpio, dalla quale è rappres. e difesa, con procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, in via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3462/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/10/2020 dal Cons. rel. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

G.O., cittadino del (OMISSIS), propose ricorso, innanzi al Tribunale di Milano, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di rigetto dell’istanza di protezione internazionale ed umanitaria, assumendo: di aver provocato, nel (OMISSIS), involontariamente, mentre puliva il proprio campo, un incendio che si era propagato nel terreno del vicino; che fu rifiutata ogni trattativa per risarcire i danni ai vicini i quali la notte seguente s’introdussero nel suo campo minacciandolo; che a seguito di tali minacce, e sapendo della denuncia sporta nei suoi confronti, era fuggito dal luogo in cui viveva per recarsi prima in Libia e poi in Italia.

Il Tribunale, con ordinanza emessa il 30.6.17, respinse il ricorso, osservando che: non erano stati allegati fatti espressivi di persecuzione legittimanti lo status di rifugiato; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

N.G.O. propose appello avverso tale ordinanza, che la Corte territoriale, con sentenza emessa il 15.6.16, rigettò, rilevando che: non ricorrevano i presupposti della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex lett. c), emergendo dalle fonti internazionali che in Ghana non vi era un conflitto armato derivante da una situazione di violenza generalizzata; circa la protezione umanitaria non erano stati dedotti aspetti di particolare vulnerabilità e fragilità del richiedente, nè allegato un percorso d’integrazione sociale.

L’ O. ricorre in cassazione con tre motivi.

Resiste il Ministero con controricorso, eccependo l’inammissibilità dei motivi di ricorso perchè diretti al riesame dei fatti.

Diritto

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 4, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 7, non avendo la Corte d’appello esaminato la domanda di protezione sussidiaria, di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), sussistendo il concreto rischio di subire una condanna penale per il reato d’incendio contestatogli, con conseguente rischio di trattamento inumano per le condizioni dure della detenzione, per il sovraffollamento e le inadeguate condizioni sanitarie dei carceri del paese d’origine.

Il motivo deduce altresì l’omesso esame di un fatto decisivo, con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, non avendo la Corte territoriale valutato le reazioni violente dei membri della comunità del ricorrente e l’avvenuta integrazione di quest’ultimo in Italia attraverso un rapporto di lavoro e la conoscenza della lingua. Pertanto, il ricorrente lamenta la mancata comparazione tra la situazione personale attuale e quella in cui verserebbe in caso di rimpatrio.

Il secondo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e art. 4, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, non avendo il giudice di secondo grado acquisito informazioni sulla situazione generale del Ghana, specie riguardo alla situazione delle carceri e all’efficacia dell’operato delle autorità locali in ordine al fenomeno delle vendette private.

I due motivi – esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi -sono fondati. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non ha acquisito informazioni sulla situazione delle carceri in Ghana e delle condizioni di vita dei detenuti, ai fini della valutazione della condizione di vulnerabilità del ricorrente, come allegata e dedotta nella domanda introduttiva, circa le conseguenze di una sua condanna per l’incendio che aveva appiccato sul fondo del vicino, fatto che era stato ritenuto veritiero dal giudice d’appello che ha dunque considerato attendibile il racconto del ricorrente. Pertanto, il ricorrente si duole che la Corte territoriale non gli abbia riconosciuto la protezione sussidiaria, di cui alla lett. b) del suddetto art. 14, oppure il permesso umanitario, sussistendo in Ghana una situazione di particolare gravità della situazione carceraria che, in caso di rimpatrio, lo avrebbero esposto al concreto rischio di espiare la eventuale condanna detentiva, per il reato d’incendio a lui ascritto, in condizioni carcerarie inumani o degradanti.

Invero, il giudice di secondo grado ha genericamente escluso la sussistenza, in Ghana, di una situazione di violenza indiscriminata, ma senza acquisire informazioni specifiche sulla situazione carceraria e sulle condizioni dei detenuti, fatti allegati dal ricorrente a sostegno del timore di subire un trattamento degradante, se condannato in sede penale, in caso di rientro in patria.

Ora, va osservato che l’accertamento della suddetta situazione in cui versano le carceri in Ghana rileva sia ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), sia ai fini della protezione umanitaria.

Tale omissione determina, in sostanza, un violazione dell’onere di cooperazione istruttoria gravante sul giudice di merito, a fronte delle allegazioni del ricorrente concernenti il timore espresso di trattamenti inumani nelle carceri del paese di provenienza nell’eventualità di una sua condanna nel procedimento oggetto del suo racconto considerato attendibile – innanzi alla Commissione territoriale (cfr. Cass., n. 3016/19; n. 11097/19).

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

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