Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3637 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 12/02/2021), n.3637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10767/2019 proposto da:

A.M.B., difeso dall’Avv.to Roberto Denti, del foro di

Como, Via Borsieri 21;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4235/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/10/2020 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Milano con sentenza in data 25/09/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Milano in ordine alle istanze avanzate da A.B.M. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal Pakistan aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano di essere fuggito dal proprio paese in quanto temeva per la propria vita a causa dell’elevata conflittualità esistente tra il gruppo di (OMISSIS) e quello dei musulmani sciiti; in particolare il fratello minore era stato ucciso ed il negozio di famiglia era stato dato alle fiamme e lui stesso era stato oggetto di un attacco con armi da fuoco.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. A), B) e C), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare la situazione sociale e politica generale del Pakistan ed il rischio di subire un danno grave in caso di rientro.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Milano, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è inammissibile.

I motivi di merito proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La Corte infatti ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili e in riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva con uso di informazioni aggiornate e precise sulla situazione del paese di origine l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludendo così il diritto alla protezione sussidiaria.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Inoltre, diversamente dà quanto affermato dal ricorrente, la Corte ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti da numerosi siti internet tutti elencati nella sentenza da cui ha evinto che non vi sono situazioni critiche di sicurezza e di ordine pubblico in Pakistan.

In ordine al secondo motivo di ricorso ed in particolare alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rivela inammissibile, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dalla Corte di Appello in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente alla luce della valutazione comparativa espressa dal giudice di merito con esaustiva indagine circa le condizioni rispettivamente descritte dello straniero con riguardo al suo paese di origine ed all’integrazione in Italia acquisita, valutazione in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede.

Le circostanze della avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. sez. 1 n. 4455/2018 e S. Unite 29459/2019). Nella fattispecie la Corte di merito ha escluso di possibilità di effettuare tale valutazione stante la non credibilità del ricorrente.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

 

 

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