Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3636 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3636 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: DI PAOLA LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 10248-2016 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA 80185250588, in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO
SCOLASTICO REGIONALE PER LA TOSCANA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

-ricorrentecontro
CAMPANINI MICI TELE, MELIZZI 9ERICA;
– intimati avverso la sentenza n. 688/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 22/10/2015;

Data pubblicazione: 14/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata
del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.
Rilevato che:
la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione del primo giudice, ha
accertato l’illegittimità della reiterazione dei contratti a termine e condannato il

risarcitorio, di una somma pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale
di fatto, nonché alla corresponsione delle differenze retributive derivanti dal
calcolo dell’anzianità e della progressione stipendiale da determinarsi come se i
periodi lavorati fossero stati a tempo indeterminato e continuativi;
per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Ministero, affidato a
quattro motivi;
i lavoratori non si sono costituiti;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.,
ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio
Considerato che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
il Ministero – denunciando violazione e falsa applicazione della direttiva
1999/70/CE del 28.6.1999 e dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES allegato alla citata
direttiva: clausola 5, dell’art. 4 della 1. n. 124 del 1999, dell’art. 36 del d.lgs. n.
165 del 2001, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c. – ha censurato la statuizione di accertamento della nullità dei contratti
a termine, assumendo la legittimità degli incarichi per supplenze su organico di
fatto e brevi;
inoltre – denunciando violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2697 c.c.,
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha censurato la statuizione di

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Ministero al pagamento, in favore dei lavoratori indicati in epigrafe, a titolo

condanna al risarcimento, in difetto di prova dei danni ipoteticamente subiti
dai lavoratori;
ancora – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 5,
della 1. n. 300 del 1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha
censurato la ritenuta operatività della citata disposizione ai fini della

infine – denunciando violazione e falsa applicazione della direttiva
1999/70/CE e dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ivi
allegato, degli artt. 485, 489 e 526 del d.lgs. n. 297 del 1994, degli artt. 6 e 10
del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio
2011, n. 70, come convertito dall’art. 1, comma 2, della 1. 12 luglio 2011, n.
106, dell’art. 4 della 1. 3 maggio 1999, n. 124, degli artt. 36 e 45 del d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165, degli artt. 77, 79 e 106 del c.c.n.l. comparto scuola del 29
novembre 2007, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha censurato la
statuizione di accertamento della lamentata discriminazione nel trattamento
retributivo, inferiore rispetto a quello riservato ai lavoratori titolari di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, conseguente al meccanismo di
calcolo della retribuzione tabellare, che prevede aumenti corrispondenti al
crescere dell’anzianità di servizio, assumendo che i rapporti di lavoro a tempo
determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale,
sicché agli stessi non si applica la disciplina dettata dal d.lgs. n. 368/2001.
Ritenuto che:
non risulta, nel caso, l’avvenuta notifica del ricorso alle controparti, non
essendovi agli atti l’avviso di ricevimento del plico spedito a mezzo posta;
tale situazione determina l’inammissibilità del ricorso (cfr., sul punto, Cass. n.
26108/2015: “In tema di ricorso per cassazione, la prova dell’avvenuto
perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua
ammissibilità, deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, la
cui assenza non può essere superata con la rinnovazione, atteso che, pur non

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quantificazione del danno;

traducendosi in un caso d’inesistenza, non determina neppure la mera nullità, ma
solo con la costituzione della controparte, che dimostra l’avvenuto
completamento del procedimento, ovvero con la richiesta di rimessione in
termini della parte stessa in funzione del deposito dell’avviso che affermi non
aver ricevuto, che presuppone, però, la prova della tempestiva richiesta

1982, di un duplicato dell’avviso stesso ovvero dell’impossibilità, nonostante la
normale diligenza, di tale attività)”;
non vi è luogo per una pronuncia di condanna alle spese, attesa la mancata

costituzione delle controparti;
non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato l’art.
13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, atteso che le stesse,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal
pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.
14/03/2014, n. 5955; Cass. 29/01/2016, n. 1778)

PQM
dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2017.

Il Presi ente

all’amministrazione postale, a norma dell’art. 6, comma 1, della legge n. 890 del

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