Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3636 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 12/02/2021), n.3636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7525/2019 proposto da:

N.L.N., elettivamente domiciliato in Roma V.le

Angelico 38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5754/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/10/2020 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Milano con sentenza in data 24/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Milano in ordine alle istanze avanzate da N.L.N. nato in (OMISSIS) volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano di essere fuggito dal proprio paese in quanto temeva per la propria vita dopo la scomparsa il (OMISSIS) della madre e del fratello in seguito ad un attentato commesso da (OMISSIS) presso il mercato di (OMISSIS) dove lavorava la madre.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. A), B) e C) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare la situazione sociale e politica generale della Nigeria ed il rischio di subire un danno grave in caso di rientro.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Milano, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il Giudice Territoriale non aveva esaminato la circostanza che la madre ed il fratello erano morti in seguito ad un attentato commesso da (OMISSIS) presso il mercato di (OMISSIS) dove lavorava la madre.

Il ricorso è inammissibile.

I motivi di merito proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La Corte infatti ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili e in riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva con uso di informazioni aggiornate e precise sulla situazione del paese di origine l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludendo così il diritto alla protezione sussidiaria.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Inoltre, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la Corte ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti da numerosi siti internet tutti elencati nella sentenza da cui ha evinto che non vi sono situazioni critiche di sicurezza e di ordine pubblico in Nigeria.

In ordine al secondo motivo di ricorso ed in particolare alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rivela inammissibile, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dalla Corte di Appello in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente alla luce della valutazione comparativa espressa dal giudice di merito con esaustiva indagine circa le condizioni rispettivamente descritte dello straniero con riguardo al suo paese di origine ed all’integrazione in Italia acquisita, valutazione in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede.

Le circostanze della avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. (Cass. sez. 1 n. 4455/2018 e S. Unite 29459/2019).

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

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