Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3635 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3635 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: DI PAOLA LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 9504-2016 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA 80185250588, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente contro
LEONE GAETANA, D’ANTONIO ANNALISA, ALICINO ANNALISA,
elettivamente domiciliate in ROMA, V. GERMANICO 172, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO GALLEANO, rappresentate e difese dagli avvocati
SILVIA CLARICE FABBRONI, MAURIZIO RIOMMI;
– con troricorrenti –

Data pubblicazione: 14/02/2018

avverso la sentenza n. 566/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 23/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata
del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.
Rilevato che:

accertato l’illegittimità della reiterazione dei contratti a termine e condannato il
Ministero al pagamento, in favore delle lavoratrici indicate in epigrafe, a titolo
risarcitorio, di una somma pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale
di fatto, nonché alla corresponsione delle differenze retributive derivanti dal
calcolo dell’anzianità e della progressione stipendiale maturata nel corso
dell’intero periodo lavorativo;
per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Ministero, affidato a
quattro motivi;
le lavoratrici hanno resistito con controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.,
ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio
Considerato che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
il Ministero – denunciando violazione e falsa applicazione della direttiva
1999/70/CE del 28.6.1999 e dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES allegato alla citata
direttiva: clausola 5, dell’art. 4 della 1. n. 124 del 1999, dell’art. 36 del d.lgs. n.
165 del 2001, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c. – ha censurato la statuizione di accertamento della illegittimità dei
contratti a termine, assumendo la legittimità degli incarichi per supplenze su
organico di fatto e brevi e rilevando che “anche a voler applicare il limite

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la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione del primo giudice, ha

temporale del triennio, oltre il quale potrebbe, in ipotesi, configurarsi
un’asserita condotta abusiva da parte dell’Amministrazione, certo è che,
secondo quanto risulta in atti e non contestato tra le parti, i ricorrenti hanno
svolto le supplenze su organico di fatto (…) nei limiti del predetto triennio”;
inoltre – denunciando violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2697 c.c.,

condanna al risarcimento, in difetto di prova dei danni ipoteticamente subiti
dai lavoratori;
ancora – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 5,
della 1. n. 300 del 1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha
censurato la ritenuta operatività della citata disposizione ai fini della
quantificazione del danno;
infine – denunciando violazione e falsa applicazione della direttiva
1999/70/CE e dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo deteiminato ivi
allegato, degli artt. 485, 489 e 526 del d.lgs. n. 297 del 1994, degli artt. 6 e 10
del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio
2011, n. 70, come convertito dall’art. 1, comma 2, della 1. 12 luglio 2011, n.
106, dell’art. 4 della 1. 3 maggio 1999, n. 124, degli artt. 36 e 45 del d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165, degli artt. 77, 79 e 106 del c.c.n.l. comparto scuola del 29
novembre 2007, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha censurato la
statuizione di accertamento della lamentata discriminazione nel trattamento
retributivo, inferiore rispetto a quello riservato ai lavoratori titolari di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, conseguente al meccanismo di
calcolo della retribuzione tabellare, che prevede aumenti corrispondenti al
crescere dell’anzianità di servizio, assumendo che i rapporti di lavoro a tempo
determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale,
sicché agli stessi non si applica la disciplina dettata dal d.lgs. n. 368/2001,
mentre sussisterebbero ragioni obiettive determinanti un trattamento

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in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha censurato la statuizione di

differente con riguardo alla progressione economica legata all’anzianità di
servizio.
Ritenuto che:
non risulta, nel caso, la reiterazione dei contratti su “organico di diritto” per un
periodo superiore a trentasei mesi, quale fatto costitutivo da dedursi, pur

n. 18923/2017, ove è affermata la necessità che i contratti siano trascritti con
riferimento alla loro tipologia e durata) -, ad opera del lavoratore, nel ricorso o,
anche, nel controricorso (ove il lavoratore medesimo sia risultato vincitore in
appello), qualora la sussistenza dei presupposti del diritto sia negata
dall’amministrazione e non emerga neppure, come nella fattispecie, dalla
sentenza impugnata;
la pronunzia della Corte territoriale non risulta pertanto conforme al principio
di diritto rinvenibile in Cass. n. 22552/2016, ove è affermato che “In tema di
reclutamento del personale a termine nel settore scolastico, per effetto della
dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 11, della 1. n. 124
del 1999 (Corte cost. sentenza n. 187 del 2016), e in applicazione della direttiva n.
1999/70/CE, è illegittima, a far tempo dal 10 luglio 2001, la reiterazione dei
contratti a termine, stipulati ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 11, della detta legge
prima dell’entrata in vigore della 1. n. 107 del 2015, rispettivamente con il
personale docente e con quello ATA, per la copertura di cattedre e posti
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto
durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi,
parametro idoneo in quanto riferibile al termine triennale previsto per
l’indizione delle procedure concorsuali per i docenti dall’art. 400 del d.lgs. n.
297 del 1994 e successive modificazioni”;
il ricorso, pertanto, deve essere, quanto al primo motivo (assorbiti il secondo e
il terzo), accolto e la sentenza cassata; che non essendo necessari ulteriori

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sinteticamente – ma in modo comunque chiaro e specifico (cfr., sul punto, Cass.

accertamenti in fatto, a norma dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., la causa va
decisa nel merito con il rigetto delle domande – volte al conseguimento della
declaratoria di illegittimità della reiterazione dei contratti a tetmine – delle
lavoratrici;
la quarta censura non è invece fondata, in quanto la sentenza impugnata è

22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la
clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito
dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere
la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con
contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione
stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l.
succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati
c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso
la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico
iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”;
la novità e la complessità delle questioni, diversamente risolte dalle Corti
territoriali, nonché la soccombenza reciproca, giustificano la compensazione
delle spese del giudizio di legittimità

PQM
accoglie il primo motivo di ricorso (assorbiti il secondo e il terzo); cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande – aventi ad
oggetto la declaratoria di illegittimità della reiterazione dei contratti a termine dei lavoratori; rigetta il quarto motivo di ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2017.

conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn.

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