Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3635 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. I, 14/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12853/2009 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

N.C.L.;

– intimata –

avverso il decreto n. 420/08 R.G.V.G. della CORTE D’APPELLO di

BOLOGNA del 12/12/08, depositato il 10/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- Con decreto depositato il 10.2.2009 la Corte di appello di Bologna ha accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, presentata da N.C. L. in relazione alla dedotta irragionevole durata di un processo amministrativo svoltosi dinanzi al TAR Emilia Romagna dal 19.11.2006, concluso con sentenza di rigetto del 7.4.2008, avente ad oggetto l’impugnazione di un ordine di demolizione di fabbricato abusivo, sospeso cautelarmene dal TAR. Contro il decreto il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Non ha svolto difese l’intimata.

2.1. – Con il primo motivo il Ministero ricorrente denuncia vizio di motivazione e formula il seguente quesito: “se la Corte d’Appello ha omesso, ai fini dell’accertamento del diritto all’indennizzo per irragionevole durata del processo, di far menzione e di valutare la circostanza controversa e decisiva dedotta in maniera articolata nella memoria di costituzione dell’Amministrazione, che non solo il ricorso al TAR era manifestamente infondato ma anche avviato sulla base di un presupposto di fatto non veritiero di cui la parte era perfettamente a conoscenza e che se, correttamente valutato alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., sez. 1^, ordinanza 15200 del 2008), avrebbe comportato un giudizio sulla prevalenza dell’interesse a coltivare il processo rispetto al patimento per il protrarsi della durata”.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge per falsa ed erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 2056 e 1227 c.c., della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, e art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e formula il seguente quesito: “se la Corte d’Appello riconoscendo il diritto all’indennizzo per irragionevole durata del processo – senza considerare che la parte, con il proprio comportamento ha artatamente instaurato il giudizio sulla base di false circostanze di fatto allo scopo di averne dei vantaggi – abbia fatto falsa ed erronea applicazione del combinato disposto dell’art. 2056 c.c., art. 1227 c.c., comma 2, e della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 e art. 3, dai quali emerge che l’indennizzo non è dovuto nel caso in cui il ricorrente abbia dato luogo in malafede al giudizio”.

3.- Il primo motivo di ricorso – con assorbimento del secondo – appare manifestamente fondato perchè la Corte di appello ha disatteso l’argomento difensivo del Ministero assumendo che dagli atti non era possibile stabilire “una precisa ricostruzione dello stato dei luoghi” nonchè la “natura e condizioni delle opere illegittime alla data di emanazione dei provvedimenti comunali impugnati” senza, però, precisare in alcun modo il contenuto della sentenza del TAR che aveva deciso negativamente il ricorso e senza valutare la circostanza evidenziata dall’Avvocatura – nemmeno contraddetta – secondo la quale l’impugnativa si fondava sulla pretesa esistenza di domanda di sanatoria riferita a diverso manufatto nonchè la circostanza dell’avvenuta sospensione dell’ordine di demolizione, unitamente alla mancata presentazione di istanza di prelievo.

Va ricordato, in proposito, il principio per il quale in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, il danno non patrimoniale è conseguenza normale dell’eccesso di durata del processo, ma non può essere riconosciuto automaticamente, quando esistano circostanze particolari che lo facciano escludere. Pertanto, se nel corso di un procedimento innanzi al giudice amministrativo sia stata concessa la misura cautelare della sospensione del provvedimento impugnato, e sussista quindi un interesse del ricorrente al perdurare di tale stato di sospensione, è rimesso al giudice del merito di valutare se tale interesse alla protrazione indefinita del giudizio sia prevalente rispetto a quello relativo alla ragionevole durata (Sez. 1^, Ordinanza n. 15200 del 09/06/2008).

Valutazione che, nella concreta fattispecie, è stata operata – come innanzi rilevato – in modo superficiale e senza valutazione di tutte le argomentazioni difensive addotte dal Ministero. Il ricorso, quindi, può essere deciso in Camera di consiglio”.

p. 2.- Il Collegio ritiene di non poter condividere le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano in quanto le censure appaiono versate in fatto e tendenti ad ottenere una diversa lettura degli elementi probatori, come tale inammissibile in sede di legittimità.

Invero, dal provvedimento impugnato si evince che la Corte di merito ha esaminato l’eccezione sollevata dall’Amministrazione ed ha escluso, con congrua e logica motivazione, la sussistenza della prova che la ricorrente avesse agito abusando del processo. Ciò perchè dagli atti non era possibile stabilire “una precisa ricostruzione dello stato dei luoghi” nè la “natura e condizioni delle opere illegittime alla data di emanazione dei provvedimenti comunali impugnati”.

Da quanto innanzi esposto discende l’inammissibilità del primo motivo di ricorso mentre il secondo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., essendo formulato il quesito sul presupposto dell’esistenza della prova dell’abuso del diritto (dedotta con il primo motivo) esclusa, invece, dalla Corte di merito con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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