Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3633 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/02/2017, (ud. 16/11/2016, dep.10/02/2017),  n. 3633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5667-2014 proposto da:

M.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA XX SETTEMBRE 15, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

MUSCELLA, rappresentata e difesa dagli avvocati AMEDEO SORGE,

SALVATORE DI BIASE, ALFREDO SORGE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO MARAZZA,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5607/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/09/2013 R.G.N. 1370/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO;

udito l’Avvocato MARAZZA MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del 12 settembre 2013 la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto le domande proposte da M.F. nei confronti di Poste Italiane Spa volte all’accertamento dell’illegittimità della sua mancata assunzione a seguito di inserimento nella graduatoria nazionale prevista dagli accordi sindacali del 13 gennaio 2006 e del 10 luglio 2007 – in adesione al primo dei quali aveva sottoscritto verbale di conciliazione sindacale del 13 luglio 2006 – motivata dalle Poste con il mancato superamento della prova di guida del motomezzo aziendale.

In primo luogo, secondo la Corte territoriale, “nella sequenza negoziale rappresentata dai due accordi sindacali e dalla conciliazione tra le parti… nessun canone interpretativo ex art. 1362 c.c. porta a ritenere che l’assunzione dovesse avvenire a prescindere da qualsiasi verifica preliminare della idoneità dell’aspirante allo svolgimento delle mansioni previste, purchè ovviamente attinenti alla posizione lavorativa e conformi ai fondamentali canoni di correttezza e buona fede”.

In secondo luogo, argomenta ancora la Corte, anche a ritenere che detti accordi configurassero un diritto all’assunzione senza previa verifica di alcun tipo, “appare evidente che a fronte di quanto anticipato dalle Poste in merito alla lettera di convocazione dell’1/12/2009 e della sottoscrizione da parte della ricorrente del “Format” in data 21/12/2009, ove appunto nuovamente ed esplicitamente si prevedevano… la effettuazione della prova di guida e il suo superamento perchè potesse aver luogo l’assunzione, tra le parti sarebbe comunque stato stipulato un patto aggiuntivo avente tali oggetti, come confermato d’altronde sul piano interpretativo dall’esecuzione della previsione, essendosi la ricorrente… effettivamente sottoposta alla prova nel giorno e nel luogo indicati, solo successivamente all’esito negativo contestando la legittimità dell’operato di Poste”.

2. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.F. con quattro motivi. Ha resistito con controricorso Poste Italiane Spa, che ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. – Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

4. – I motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito.

Con il primo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., ed “erronea applicazione dell’accordo sindacale intercorso tra l’ente convenuto e le OO.SS. del 13 gennaio 2006 esclusione dell’art. 23, comma 3, del vigente CCNL”.

Con il secondo motivo si denuncia erronea e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dei principi generali circa l’onere della prova, per avere la Corte territoriale ritenuto ininfluente la circostanza che gli accordi citati prevedessero o meno l’offerta di più posizioni lavorative.

Con il terzo motivo si denuncia erronea e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., nonchè erroneo giudizio di irrilevanza del fatto che la M. avesse già lavorato con contratto a termine presso le Poste ma con diverse mansioni di addetta allo sportello.

Con il quarto motivo si denuncia erronea e falsa interpretazione del “patto aggiuntivo” che sarebbe intervenuto tra le parti secondo la Corte di Appello nonchè erronea e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c.; si lamenta inoltre omesso esame della natura e dell’invalidità della condizione apposta sia per difetto di forma sia perchè avente valore di clausola meramente potestativa.

4. – Il ricorso non può essere accolto.

Preliminarmente occorre evidenziare che la sentenza impugnata risulta ancorata, come riportato nello storico della lite, a due distinte rationes decidendi, autonome l’una dalla altra, e ciascuna, da sola, sufficiente a sorreggerne il dictum: in base alla prima ragione la Corte di Appello ha escluso che gli accordi sindacali e la conciliazione sindacale configurassero un diritto all’assunzione della M. senza alcuna previa verifica; per altro verso quel Collegio ha comunque ritenuto che tra le parti fosse stato stipulato “un patto aggiuntivo”, con cui si prevedeva l’effettuazione della prova di guida ed il suo superamento perchè potesse avere luogo l’assunzione.

L’unico motivo che censura la seconda ragione della decisione è appunto il quarto, che può essere esaminato preliminarmente e risulta non meritevole di accoglimento.

Con esso infatti si impugna la sentenza con un motivo inammissibilmente promiscuo che contiene la contemporanea deduzione di violazioni di legge e di vizi di motivazione, senza alcuna adeguata indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, così non consentendo una corretta identificazione del devolutum e dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, “di censure caratterizzate da… irredimibile eterogeneità” (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf., da ultimo, Cass. n. 14317 del 2016).

Inoltre, quanto all’omesso esame di un fatto decisivo, con esso si contesta l’accertamento di una volontà negoziale riservato al giudice di merito e non sindacabile oltre i limiti del novellato dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che nella specie il Collegio non reputa travalicati alla stregua della rigorosa interpretazione offerta da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014.

Il patto aggiuntivo risulta di poi comunque sottoscritto dalle parti – secondo la ricostruzione fattuale della Corte territoriale non censurabile in questa sede- in forma espressa, nè risulta, dal corpo del motivo, quando e come sarebbe stato impugnato ai sensi dell’art. 2113 c.c.. Nè tanto meno, in disparte del carattere di novità delle doglianze, appare meramente potestativa una condizione che subordina l’assunzione al superamento della prova della guida del motomezzo necessario per lo svolgimento delle mansioni per le quali la M. avrebbe dovuto essere assunta, non essendo altresì mossa alcuna contestazione in ordine al fatto che la prova non era stata superata, nè che la stessa fosse stata correttamente espletata.

Il rigetto di tale motivo rende immediatamente inammissibili gli altri, riguardanti l’altra ratto decidendi. Invero – sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, qualora la sentenza impugnata sia basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sè solo, idoneo a supportare il relativo dictum, la resistenza di una di queste rationes agli appunti mossigli con l’impugnazione comporta che la decisione deve essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratto non, o mal, censurato privando in tal modo l’impugnazione dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (cfr., in merito, ex multis, Cass. n. 4349 del 2001, Cass. n. 4424 del 2001; Cass. n. 24540 del 2009) – può altresì ritenersi nel caso di specie che se l’indicata seconda ragione della decisione “resiste” all’impugnazione proposta dalla ricorrente è del tutto ultronea la verifica di ogni ulteriore censura, perchè l’eventuale accoglimento di tutte o di una di esse non condurrebbe mai alla cassazione della sentenza gravata.

5. – Conclusivamente il ricorso va respinto. Le spese seguono secondo legge la soccombenza liquidate come da dispositivo. Occorre dare atto altresì della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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