Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3631 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/02/2017, (ud. 02/11/2016, dep.10/02/2017),  n. 3631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5128-2014 proposto da:

S.L. C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO TRINCO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

METALSISTEM S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO

VALCANOVER, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 08/11/2013 R.G.N. 26/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/11/2016 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO;

udito l’Avvocato BOZZI CARLO per delega verbale Avvocato MARESCA

ARTURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con sentenza dell’8 novembre 2013 la Corte di Appello di Trento ha respinto l’impugnazione del 12 aprile 2013, confermando la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da S.L. nei confronti della Metalsistem Spa volta a far dichiarare l’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato alla lavoratrice in data 25 novembre 2011.

La Corte territoriale, condividendo la valutazione del primo giudice, ha ritenuto accertato che la S. avesse collocato o direttamente nel tubetto o nel tappo di una crema per le mani di una collega alcune gocce di colla istantanea utilizzata per le lavorazioni che aveva procurato alla stessa una “dermatite irritativa da contatto” refertata dal pronto soccorso; ha ritenuto pertanto i fatti, oltre che ritualmente contestati, anche gravi e tali da legittimare la massima sanzione espulsiva.

2. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Loredana S., con cinque motivi. Ha resistito con controricorso Metalsistem Spa, comunicando memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. – Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

4. – Con il primo motivo si denuncia “violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in ordine all’accertamento dei fatti circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 5”, sostenendo che la S. non avrebbe mai introdotto alcunchè nel tubetto della crema.

Con il secondo motivo si denuncia “erroneità della pronuncia sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, – insussistenza del nesso di causalità”, sostenendo che non avendo la S. introdotto colla nel tubetto della crema la causa dell’alterazione doveva essere ricercata altrove.

Con il terzo motivo si denuncia “erroneità della pronuncia sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, valutazione degli elementi legittimanti ex art. 2119 c.c. la giusta causa di licenziamento”, sostenendo che comunque si sarebbe trattato di un “mero scherzo goliardico tra colleghi, volto a rendere sereno e disteso l’ambiente di lavoro e non certo mirante ad arrecare danno ad alcuno”.

Con il quarto motivo si denuncia “erroneità della pronuncia sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 5.

– giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto all’illecito contestato”, sostenendo che il datore di lavoro avrebbe l’obbligo “di illustrare in forma persuasiva le ragioni che lo inducono a ritenere grave il comportamento illecito del dipendente, tanto da giustificare la più grave delle sanzioni”.

Con il quinto motivo si denuncia “erroneità della pronuncia sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 5.

– corrispondenza tra addebito contestato e addebito posto a fondamento del licenziamento”.

25 – I motivi possono essere valutati congiuntamente in quanto tutti affetti dai medesimi profili di radicale inammissibilità.

Essi prospettano infatti vizi della motivazione della sentenza impugnata, che sarebbe promiscuamente omessa, insufficiente o contraddittoria, trascurando di considerare che la pronuncia della Corte territoriale, emessa in data 8 novembre 2013, è sottoposta al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, art. 54, come rigorosamente interpretato da Cass. SS. UU. n. 8054 del 2014, secondo cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Inoltre tale vizio attinente al giudizio di merito, riguardando la ricostruzione dei fatti e la loro valutazione, per i giudizi di appello instaurati successivamente al trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, di conversione del d.l. n. 83 del 2012, non può essere denunciato, rispetto ad un appello proposto il 12 aprile 2013 dopo la data sopra indicata (richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che, come nella specie, conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c.). Ossia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme (v. Cass. n. 23021 del 2014).

6. – Conclusivamente il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione risulta nella specie proposto in data 20 gennaio 2014 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 2 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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