Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3629 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. II, 14/02/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 14/02/2011), n.3629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.B., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dagli Avv. PANSERA Maria e Felice

Cecchi, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’Avv.

Francesco Pappalardo, Viale Eleonora Duse, n. 35;

– ricorrente –

contro

B.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del controricorso, dall’Avv. DI TURSI Paolo,

elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Marco Ferraro in

Roma, viale Regina Margherita, n. 278;

– controricorrente –

e contro

G.M. e L.C.S.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1348 in data

29 settembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentiti l’Avv. Stefano Pantaloni, per delega dell’Avv. Felice Cecchi,

e l’Avv. Alessandro Massarelli, per delega dell’Avv. Paolo Di Tursi;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso: “concordo con il

relatore”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 2 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Si discute a chi appartenga la proprietà della copertura a terrazza di un corpo di fabbrica del complesso Villaggio (OMISSIS), sito nel Comune di (OMISSIS).

Il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Piombino, ha rigettato la domanda di M.B. ed ha dichiarato che la copertura in questione appartiene, in comproprietà per la quota di metà ciascuno, a B.G. e a L.C.S..

Questa decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza depositata in data 29 settembre 2008.

La Corte territoriale ha rilevato che:

originariamente l’intero complesso residenziale apparteneva per intero ad D.A.; con tre atti pubblici redatti nello stesso giorno (il 16 dicembre 1991) dallo stesso notaio (Dott. TODISCO Sergio) e distinti al progressivo numero di repertorio (n. 90969, n. 90970 e n. 90971) e di raccolta (n. 12796, n. 12797 e n. 12798), la D. alienò l’intero complesso residenziale a C. F., suddividendolo in tre parti, ciascuna a-lienata con uno dei tre contratti di compravendita;

la circostanza che i tre beni facessero parte di un unico complesso immobiliare e che la venditrice li avesse suddivisi e separatamente ma contestualmente venduti allo stesso soggetto fa si che, per interpretare la volontà dei contraenti e stabilire se una porzione immobiliare sia stata inserita nell’uno o nell’altro contratto di compravendita, i tre rogiti debbano essere esaminati congiuntamente;

dalla relazione del c.t.u. e dagli elaborati planimetrici risulta che la terrazza oggetto di causa è inclusa nella particella n. 23;

la comproprietà della particella n. 23 risulta espressamente tra le porzioni immobiliari oggetto degli atti di compravendita indicati dai nn. 90970 e 90971 di repertorio;

l’attribuzione della proprietà della terrazza ai proprietari dell’edificio limitrofo, piuttosto che al proprietario del fabbricato sottostante, risponde anche ad una esigenza funzionale, perchè questa terrazza si trova quasi a livello con l’ingresso dell’altro edificio, sicchè è certamente più agevole accedervi dal fabbricato accanto piuttosto che da quello sottostante;

– neppure nel successivo atto del 21 dicembre 1996 – con il quale il C. ha venduto alla M. l’appartamento acquistato con l’atto n. 90969, redatto anche questo dallo stesso notaio Todisco – viene compresa nell’oggetto di compravendita la particella n. 23.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la M. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Il B. ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo (violazione dell’art. 2644 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3) si conclude con il seguente quesito di diritto: “Accerti la Corte se con la motivazione e la conseguente decisione, con la quale è stato, dalla Corte d’appello di Firenze, respinto l’appello proposto dalla Signora M. avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Livorno, vi sia stata violazione o falsa applicazione delle norme concernenti gli effetti della trascrizione degli atti di cui all’art. 2644 cod. civ.”.

Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito. Esso, infatti, si limita a riportare la rubrica della disposizione di cui si lamenta la violazione o la falsa applicazione, ma non individua nè il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, nè, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata (Cass., Sez. 1^, 22 giugno 2007, n. 14682; Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153).

Il secondo mezzo denuncia “violazione dell’art. 2644 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5”. Esso è affidato alla seguente sintesi conclusiva: “Accerti la Corte se la decisione della Corte d’appello di dichiarare l’estensione della particella n. 23 fino ad includere il tetto/terrazzo del piccolo corpo distaccato acquistato dalla signora M., sia o meno supportata da sufficiente e non contraddittoria motivazione, in presenza dell’esplicita descrizione del bene oggetto della compravendita D. – C. nel rogito del notaio Todisco n. 90969/12796 del 16 dicembre 1991, richiamata nell’atto di compravendita C. – M., dove si parla di piccolo corpo distaccato in coerenza, e cioè confinante, con la citata part. 23, e ciò anche senza fare esplicito riferimento alla interpretazione del notaio rogante, ma considerando invece quanto dichiarato dal sig. C.F. nel corso del procedimento citato nella sentenza della Corte d’appello come precedente giudicato, (relatore lo stesso Dott. P.), e cioè, come dettagliatamente riportato a pag. 4 del presente ricorso, che era suo convincimento che si trattasse di atti distinti tra di loro aventi distinti destinatari diversi tra di loro, per cui il contratto trascritto per primo è l’unico al quale fare riferimento per stabilire la titolarità delle aree in contestazione”.

Il motivo è inammissibile.

Occorre premettere che l’interpretazione del contratto, per ricavarne quale sia l’oggetto, costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (tra le tante, Cass., Sez. I, 22 febbraio 2007, n. 4178).

Ora, la ricorrente non deduce quali canoni ermeneutici sarebbero stati violati dal giudice di merito, e la denuncia del vizio di motivazione è prospettata senza la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità di cui sarebbero affetto il ragionamento decisorio svolto dal giudice di merito. La ricorrente lamenta bensì che la Corte territoriale non abbia tenuto conto della lettera a firma del notaio rogante, riportata nella memoria per l’udienza del 18 dicembre 2007, che ricostruirebbe quale era l’intenzione delle parti a proposito del subalterno 23 e del lastrico solare, ma non riporta, trascrivendone il contenuto in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, il testo integrale di detta missiva.

Ancora, il ricorso non trascrive, come era suo onere (Cass., Sez. 2^, 1 aprile 2003, n. 4905), il testo integrale della regolamentazione pattizia dell’oggetto dei tre originari atti di compravendita, dei quali il giudice a quo ha ritenuto necessaria una lettura congiunta, ma si limita a riportarne alcuni stralci frammentari. Quanto, poi, alla dichiarazione resa dal C. in altra controversia, di cui la ricorrente lamenta l’omessa valutazione, trattasi di una risultanza non decisiva per l’accertamento della volontà contrattuale, che va ricostruita sulla base della intenzione comune delle parti, in relazione ai criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 cod. civ., e segg..

Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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