Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3628 del 24/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3628 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 8362-2010 proposto da:
DE VIVO DOMENICO (c.f. DVVDNC34E21G942R), domiciliato
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dagli avvocati MARCO SCOTTI GALLETTA, ANTONIO SCOTTI

Data pubblicazione: 24/02/2016

GALLETTA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente-

2016

contro

192

VALENZUELA ALDO, GIORGIO VANIA;
– intimati –

Nonché da:

1

-

VALENZUELA ALDO (c.f. VLNLDA34B02F839T), GIORGIO VANIA
(c.f. GRGVNA38H67F839J), elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DELLE FORNACI, 43, presso l’avvocato
VINCENZO SCORSONE, rappresentati e difesi dagli
avvocati STEFANO MARICONDA, GIUSEPPE IZZO, giusta

incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

DE VIVO DOMENICO;
– Intimato

avverso la sentenza n. 236/2010 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 22/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi.

mandato in calce al controricorso e ricorso

2

RITENUTO IN FATTO.
1. Con ricorso depositato il 17 marzo 1992, Domenico De Vivo muovendo dal presupposto di essere creditore in via di regresso, ai
sensi dell’art. 1954 c.c., nei confronti dei coniugi Aldo Valenzuela e
di Vania Giorgio, per avere provveduto a saldare per l’intero i debiti
contratti dalla società LEN- Laboratori Elettronici Napoletani – s.r.I.,

chiedeva al Tribunale di Napoli emettersi sequestro conservativo sui
beni del Valenzuela e della Giorgio, fino a concorrenza della somma
di L. 1.000.000.000. L’istanza cautelare veniva accolta dal Presidente del Tribunale di Napoli, con decreto del 17.3.1992, trascritto il
20.3.1992. Il successivo giudizio di convalida e di merito, proposto
dal De Vivo con atto di citazione notificato il 25 marzo 1992, si concludeva, peraltro, con la sentenza n. 1239/2006, depositata il 13
novembre 2006, con la quale il Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile la domanda dell’attore, revocava il sequestro conservativo
e condannava il De Vivo al pagamento delle spese di lite.
2. Avverso tale decisione quest’ultimo proponeva appello, che veniva parzialmente accolto dalla Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 236/2010, depositata il 22 gennaio 2010. Con tale pronuncia il
giudice di seconde cure accoglieva la domanda del De Vivo, proposta in primo grado come azione di regresso ex art. 1954 cod. civ.,
sub specie della diversa azione di surrogazione legale ex art. 1203
cod. civ., avendo il medesimo modificato in tal senso, nel giudizio di
appello, la domanda originariamente proposta. La Corte limitava,
tuttavia, la condanna a favore del De Vivo al solo Valenzuela, disattendendo , invece, la domanda proposta dall’appellante nei confronti
della Giorgio.
3. Per la cassazione della sentenza n. 236/2010 ha, quindi, proposto ricorso Domenico De Vivo nei confronti di Aldo Valenzuela e Vania Giorgio, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria ex art.
378 cod. proc. civ.

della quale sia il ricorrente che i predetti coniugi erano fideiussori –

4. I resistenti hanno replicato con controricorso contenente, altresì,
ricorso incidentale affidato a tre motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, Domenico De Vivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1946 e 1203 cod. civ., nonché
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisi-

cod. proc. civ.
1.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia accolto solo in parte il gravame da lui proposto avverso la decisione di
prime cure, accertando la surrogazione legale ex art. 1203 c.c. a
suo favore – quale fideiussore per i debiti contratti dalla società LEN
s.r.l. nei confronti di alcune banche, che egli aveva provveduto a
saldare per l’intero – nei confronti del solo Aldo Valenzuela, altro
fideiussore di detta società, e non anche nei confronti della di lui
moglie Vania Giorgio, sebbene anche quest’ultima avesse prestato
fideiussione a favore del medesimo debitore principale. La Corte
territoriale avrebbe errato, a parere del ricorrente, nel ritenere carente la prova in ordine alla sussistenza di tale fideiussione ed alla
piena consapevolezza, in capo alla Giorgio, di prestare una garanzia
unitamente ad altri soggetti (il De Vivo ed il Valenzuela) e
nell’interesse comune di tutti i garanti. Ed invero, pur in difetto di
una prova scritta del contratto in questione, la prestazione della garanzia da parte di Vania Giorgio e la sussistenza di un interesse comune a tutti i fideiussori della medesima società (debitrice principale), del quale la medesima sarebbe stata consapevole, sarebbero
stati comprovati dalla documentazione versata in atti e della deposizioni dei testi escussi in prime cure.
1.2. Il motivo è fondato.
1.2.1. E’ evidente, infatti, che il ricorrente – pur censurando formalmente il mancato riconoscimento, da parte del giudice di appello, della surrogazione legale anche nei confronti della Giorgio, ai
sensi dell’art. 1203 cod. civ. – si duole, sostanzialmente, del fatto

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vi della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5

che la Corte territoriale non abbia ravvisato, nel rapporto tra i tre
soggetti garanti della LEN s.r.I., una confideiussione ex art. 1946
cod. civ., con conseguente diritto del De Vivo al regresso ex art.
1954 cod. civ. anche nei confronti della Giorgio. Tanto si evince inequivocabilmente, sia dal fatto che il ricorrente ha invocato a suo favore l’accertamento operato da questa Corte con la sentenza n.

sussistenza di una confideiussione tra il De Vivo, il Valenzuela e la
Giorgio, in relazione ai debiti contratti dalla LEN s.r.l. nei confronti
delle banche, sia – e soprattutto – dal fatto che il medesimo ha particolarmente insistito, nel motivo in esame, nel dedurre la sussistenza di un “interesse comune” tra tutti i predetti soggetti. Siffatto
interesse costituirebbe, invero, il minimo comune denominatore
dell’intera vicenda” e, quindi, sarebbe tale da consentire di configurare, nel caso di specie, una confideiussione ex art. 1946 cod. civ.,
dalla quale conseguirebbe il diritto del De Vivo, che aveva saldato i
debiti bancari della LEN s.r.I., di ottenere dai confideiussori il rimborso della quota di loro pertinenza, ai sensi dell’art. 1954 cod. civ.
1.2.2. Premesso quanto precede, va osservato che l’istituto della
“confideiussione” di cui all’art. 1946 cod. civ. è caratterizzato, nei
suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni
assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente, anche se
non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso
debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell’obbligazione nei
rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, a norma dell’art.
1954 cod. civ., spetta a colui che ha pagato l’intero (cfr. Cass.
3575/1998; 8605/2004; 16561/2010; 18650/2011).
1.2.3. Ebbene, la sussistenza, nel caso concreto, di una fideiussione
rilasciata dalla Giorgio a favore della debitrice principale società
LEN, nella piena consapevolezza di prestarla con altri soggetti, non
può essere esclusa – come ha fatto la Corte di Appello (p. 10) – sulla base dell’assunto che “la prova dei contratti va fornita per iscritto”. Ed infatti, ai sensi dell’art. 2725 cod. civ., un contratto deve

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3908/2010, emessa in un diverso giudizio tra le stesse parti, circa la

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-4

essere provato per iscritto – con esclusione della prova per testimoni (fatta eccezione per il caso di cui all’art. 2724, n. 3 cod. civ.) e
per presunzioni – solo nei casi in cui tale forma sia prescritta dalla
legge (come nei contratti di assicurazione e riassicurazione, agenzia, transazione, cessione di azienda, ecc.), o sia stata stabilita dalle
parti. Nell’ipotesi della fideiussione – non essendo stata neppure

forma ad probationem convenzionale – va, per contro, rilevato che
l’art 1937 cod. civ., laddove prescrive che la volontà di prestare la
fideiussione deve essere espressa, deve essere interpretato nel
senso che non è necessaria la forma scritta o l’adozione di formule
sacramentali, purchè la volontà sia manifestata in modo inequivocabile; e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto,
essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche
con presunzioni (cfr. Cass. 150/1976; 11413/1992).
Nel caso concreto, la Corte territoriale – pur dando atto
dell’esistenza di documentazione in atti dalla quale avrebbe potuto
trarre elementi presuntivi, indicati della stessa sentenza (qualità di
coniuge in comunione di beni dell’altro fideiussore Aldo Valenzuela,
qualità di socia della LEN, richiesta delle banche di escussione di
tutte e tre le fideiussioni), in ordine alla sussistenza di una fideiussione da parte della Giorgio e all’interesse comune agli altri garanti,
che muoveva la medesima nel rilasciare la garanzia a favore della
società LEN, elementi corroborati, altresì, dalle deposizioni testimoniali rese in tal senso – ha, per contro, respinto la censura del De
Vivo, avverso la decisione di primo grado, ritenendo erroneamente
siffatti elementi irrilevanti in mancanza della prova scritta della fideiussione (p. 10).
1.2.4. Il motivo in esame deve, di conseguenza, reputarsi fondato,
sia il profilo della violazione delle disposizioni succitate, sia sotto il
profilo del vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5
cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis).

adombrata dalla Corte di Appello l’esistenza, nella specie, di una

:

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.-

2. Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso risultano assorbiti il
secondo ed il terzo, con i quali – denunciando la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1946, 1203, 1298, 2736 cod. civ. e 112 cod.
proc. civ., nonché il vizio di motivazione – il De Vivo si duole della
mancata ammissione del giuramento decisorio, volto a provare la
sussistenza di una confideiussione tra i tre garanti, nonché del fatto

in favore del De Vivo, solo di un terzo della somma pagata da
quest’ultimo alle banche, sebbene avesse escluso la sussistenza di
una confideiussione tra tutti e tre i garanti della debitrice principale
LEN s.r.I., dalla quale soltanto sarebbe potuta conseguire una divisione del debito in tre parti uguali.
3. Deve ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo motivo del
ricorso principale anche il ricorso incidentale, con il quale – denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1203, 1946 e
1954 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., nonché il vizio di motivazione il Valenzuela e la Giorgio si dolgono dell’extrapetizione nella quale
sarebbe incorsa la Corte territoriale, nel ritenere che non costituisca

!

domanda nuova nel giudizio di appello la domanda di surrogazione
legale proposta dal De Vivo, a fronte della domanda di regresso ex
art. 1954 c.c., proposta dall’odierno ricorrente in prime cure, e lamentano la compensazione delle spese del giudizio effettuata nei
confronti della Giorgio, sebbene la medesima fosse risultata totalmente vincitrice in primo ed in secondo grado.
4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli
in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della
controversia, motivando adeguatamente in relazione alle singole
questioni suindicate e facendo applicazione dei seguenti principi di
diritto: “l’istituto della “confideiussione” di cui all’art. 1946 cod. civ.
è caratterizzato da un collegamento necessario tra le obbligazioni
assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente, anche se
non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso

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che la Corte di Appello abbia condannato il Valenzuela al rimborso,

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debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell’obbligazione nei
rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, a norma dell’art.
1954 cod. civ., spetta a colui che ha pagato l’intero; l’art 1937 cod.
civ., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria
la forma scritta o l’adozione di formule sacramentali, purchè la vo-

stenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni”.
5. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle
spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbiti gli altri; cassa
l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio alla
Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà
anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio; dichiara
i

assorbito il ricorso incidentale.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione
Civile, il 27.1.2016.

lontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussi-

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