Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3624 del 04/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 04/02/2022, (ud. 16/12/2020, dep. 04/02/2022), n.3624
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4621-2021 proposto da:
A.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIUSEPPE GIAMMARINO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI n. R.G. 29876/2018,
depositato il 28/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non
partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Vella
Paola.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, A.L., nato a Benin City (Nigeria, Edo State) il (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Napoli il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, o in subordine di protezione umanitaria, fondata sulla allegata necessità di lasciare il suo Paese per sfuggire alle aggressioni e minacce di morte da parte di esponenti degli Ogboni i quali volevano che egli prendesse il posto del defunto padre nella confraternita.
1.1. Il tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti di tutte le forme di protezione invocate, rilevando in particolare: la non credibilità della vicenda narrata in quanto contrastante con le informazioni reperite in merito alla setta degli Ogboni e alle modalità di affiliazione alla stessa; l’insussistenza in Nigeria, e in particolare nell’Edo State, di una situazione di violenza generalizzata, sulla base delle C.O.I. consultate; l’assenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione speciale, applicabile ratione temporis, non essendo state allegate particolari situazioni di vulnerabilità né essendo stati forniti elementi di prova di un’integrazione socio-lavorativa del ricorrente in Italia, a fronte di legami familiari tuttora esistenti in Nigeria, senza che fosse stata altresì dimostrata una connessione tra l’esperienza personale vissuta nei paesi di transito, in particolare in Libia, e la domanda di protezione internazionale.
1.2. Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione, senza peraltro svolgere difese.
2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
2.1. Con il primo motivo – rubricato “Nel merito: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” – ci si duole della decisione del tribunale di non procedere all’audizione giudiziale del ricorrente nonostante la contestuale formulazione di un giudizio di inattendibilità, stante la ritenuta mancanza di allegazione di nuovi motivi tali da giustificare nuovamente l’ascolto dello stesso.
2.2. Il secondo mezzo – rubricato “Nel merito: violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, letto in combinato disposto con il Testo Unico Immigrazione (TUIM), art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1.1: violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14” – mira a fornire una diversa ricostruzione delle dinamiche affiliative alla setta degli Ogboni, mediante la contrapposizioni di stralci di alcune delle C.O.I. utilizzate dal tribunale, dalle quali risulta comunque il carattere per lo più volontario dell’adesione a tale setta.
3. Entrambi i motivi sono inammissibili.
3.1. Il primo, in particolare, risulta privo dell’indicazione degli elementi e delle circostanze che, se riferite in sede di audizione giudiziale, avrebbero consentito un esito diverso del giudizio (cfr. Cass. 20336/2020, 21584/2020), avendo peraltro il tribunale congruamente motivato la scelta di non rinnovare l’audizione in sede giudiziale in ragione della genericità della richiesta di libero interrogatorio e dell’assenza di critiche specifiche alla valutazione di non credibilità del ricorrente contenuta nel provvedimento di diniego della Commissione territoriale (v. pag. 5 del decreto impugnato).
3.2. Le censure veicolate dal secondo motivo sono invece di natura meritale, avendo il tribunale debitamente assolto il dovere di cooperazione istruttoria mediante l’acquisizione di C.O.I. aggiornate e qualificate anche (e specificamente) sul fenomeno della setta degli Ogboni, dovendosi riaffermare il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una nuova valutazione dei fatti storici o delle risultanze probatorie rispetto a quella operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019).
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.
5. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater (Cass. Sez.0 23535/2019, 4315/2020).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2022