Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3623 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/02/2020, (ud. 17/01/2019, dep. 13/02/2020), n.3623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29127-2017 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. VICO 31,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO SCOCCINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO TALAMONTI;

– ricorrente –

contro

A.D.M., TITOLARE DI FARMACIA A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 108, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO SCONOCCHIA, rappresentata e difesa dagli

avvocati PIERGIORGIO PARISELLA, MAURIZIO CINELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 396/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 25/01/2017 R.G.N. 25/2016.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza pubblicata in data 25.1.2017, la Corte di Appello di Ancona riformava in parte la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 113/2015, con la quale era stata dichiarata la illegittimità del licenziamento intimato a M.S. da A.D.M., titolare della Farmacia A., con la condanna di quest’ultimo alla riassunzione della prima ed alla corresponsione, in favore della medesima, di una somma corrispondente a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, come per legge, ed altresì al risarcimento del danno per il carattere ingiurioso del licenziamento, liquidato in dieci mensilità dell’ultima retribuzione legale di fatto;

che, in specie, la Corte di merito eliminava le statuizioni di cui al capo b) della sentenza appellata, confermandola nel resto;

che avverso tale decisione M.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo;

che A.D.M. ha resistito c:on controricorso;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione degli artt. 1125, 116,421,437 c.p.c., e art. 2697 c.c. e, in sostanza, si lamenta che la Corte distrettuale erroneamente avrebbe ritenuto ammissibile la deduzione di controparte, nuova in appello e non costituente mera difesa, “volta ad esautorare il carattere ingiurioso del licenziamento sulla scorta del necessitato ricorso alla forza pubblica quale conseguenza del consumato rifiuto del lavoratore di ricevere la lettera di licenziamento”;

che il ricorso è inammissibile; ed invero, come altresì correttamente rilevato dal controricorrente, il medesimo è stato proposto tardivamente in data 29.11.2017: la sentenza oggetto del presente giudizio è stata depositata, come innanzi riferito, in data 25.1.2017, e, pertanto, il ricorso avrebbe dovuto essere proposto entro i sei mesi, cioè, entro il 25.7.2017, ai sensi dell’art. 327 codice di rito, come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, (ai sensi del quale “Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nell’art. 395, nn. 4 e 5 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”), applicabile alla fattispecie, ex art. 58, comma 1 stessa legge, (che ne stabilisce, appunto, l’applicazione ai giudizi instaurati dopo il 4.7.2009, data della sua entrata in vigore), in quanto il giudizio di cui si tratta è stato instaurato nel 2011;

che, peraltro, neppure la lettura del testo della c.d. “Legge sul Sisma”, ossia il D.L. n. 189 del 2016, art. 49 convertito in L. n. 229 del 2016, può condurre ad una diversa decisione, poichè la M. risiede – come dichiarato dalla medesima sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado -, da epoca anteriore al 24.8.2016 (data in cui si è verificato il sisma cui la legge fa riferimento), in Montottone (FM), ossia in un comune non compreso tra quelli di cui all’art. 49, commi 4 e 9-ter citato D.L. (come integrato dalla Legge di conversione n. 229 del 2016 e dal D.L. n. 8 del 2017, art. 17 convertito in L. n. 45 del 2017), che hanno previsto, tra l’altro, una dilazione dei termini processuali di cui si tratta per i residenti nei comuni interessati dal sisma;

che il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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