Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3623 del 04/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 04/02/2022), n.3623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5431-2021 proposto da:

B.C.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANNA LOMBARDI BAIARDINI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

FIRENZE;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA n. cronol. 41/2021,

depositato il 22/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

16/12/2021 dal Consigliere Dott. Vella Paola.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, B.C.J., nato a Kortuhum – Bombali (Sierra Leone) il (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Perugia il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, e in subordine di protezione umanitaria, allegando di essere fuggito dal proprio Paese dopo che il padre l’aveva attirato con l’inganno nel suo villaggio d’origine, per sacrificarlo in un rituale di una setta chiamata “Bambani”.

1.1. Il tribunale adito, all’esito dell’audizione, non ha ravvisato i presupposti per il riconoscimento delle varie forme di protezione invocate, ritenendo che, pur essendo quello delle sette un fenomeno diffuso nel Paese di origine del ricorrente, la storia riportata risultasse complessivamente non credibile, sia per la vaghezza e genericità delle dichiarazioni rese in relazione a numerosi aspetti, sia perché dalle fonti acquisite non risulterebbe l’esistenza di una setta denominata “Bambani”. Esclusa dunque la credibilità della motivazione posta dal ricorrente alla base dell’espatrio, il tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), non risultando esistente in Sierra Leone una situazione definibile in termini di conflitto armato interno o internazionale. Infine, il tribunale ha escluso la tutela di cui al D.L. n. 130 del 2020 – applicabile ratione temporis trattandosi di procedimento pendente al 22 ottobre 2020 – poiché, pur risultando documentato “un buon livello di integrazione”, difetterebbe la “pre-condizione della vulnerabilità, il cui scrutinio non può concludersi positivamente in ragione dei dubbi sulla credibilità ed autenticità del racconto su cui si fonda la domanda di protezione”.

1.2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso per cassazione. Il solo Ministero intimato ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale, senza svolgere difese. Il ricorrente ha depositato memoria

2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio non partecipata del 16 dicembre 2021.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2.1. Il primo motivo, rubricato “Vizio di omesso esame e di motivazione inesistente, resa attraverso una mera apparenza argomentativa ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14, ed in particolare alla lett. c), al D.lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25 e agli artt. 2, 3, 4, 5, 9 CEDU”, censura la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del tribunale, che avrebbe reso una motivazione meramente apparente, negando l’esistenza di una situazione di conflitto interno in Sierra Leone senza riportare alcuna fonte da cui tale convincimento sarebbe stato tratto.

2.2. Con il secondo mezzo, rubricato “Vizio di omesso esame e di motivazione inesistente, resa attraverso una mera apparenza argomentativa ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 5, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, al D.Lgs. n.. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, commi 1 e 1.1., e al D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28”, il ricorrente si duole della valutazione operata dal tribunale in ordine alla protezione speciale, nella parte in cui non si conforma alle finalità perseguite dall’ordinamento con la nuova formulazione del TUI, art. 19, comma 1.1., introdotto dal D.L. n. 130 del 2020, che richiama l’art. 8 CEDU, nonché dell’erroneo collegamento tra la ritenuta non credibilità e il diniego di protezione umanitaria.

3. I motivi meritano accoglimento, nei termini di seguito indicati.

3.1. Con riguardo al primo, in punto di protezione sussidiaria sussiste la lamentata violazione del dovere di cooperazione istruttoria vigente in materia, poiché il tribunale ha completamente omesso di indicare quali siano state le “fonti” in base alle quali ha lapidariamente escluso la ricorrenza di “una situazione definibile in termini di conflitto armato interno”, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (solo implicitamente evocato); del resto, l’assoluta mancanza di indicazioni sulle C.O.I. in tesi consultate esonera lo stesso ricorrente, che voglia censurarne l’inadeguatezza, dall’onere di allegare nel ricorso le fonti alternative ritenute idonee a prospettare un diverso esito del giudizio, risultando in tal caso sufficiente la censura di carenza dei relativi elementi identificativi (ex multis Cass. 7105/2021, per cui “nel caso in cui il richiamo alle fonti sia assente, generico o deficitario nelle sue parti essenziali, è sufficiente la censura consistente nella deduzione della carenza degli elementi identificativi”).

3.2. Quanto al secondo motivo il tribunale, dopo aver affermato l’applicabilità ratione temporis della protezione speciale introdotta dal D.L. 22 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, non ha adeguatamente ponderato l’estensione del divieto di respingimento non solo alle ipotesi in cui lo straniero rischi di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti (equiparati alla tortura, con allineamento all’art. 3 CEDU) ma anche a quelle in cui vi siano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (art. 8 CEDU), dovendosi a tal fine tener conto della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1.1., che a ben vedere evoca gli approdi di Cass. Sez.U, 29459/2019, sulla scia di Cass. 4455/2018).

3.3. Invero, pur avendo dato atto della rilevante integrazione linguistica, sociale e lavorativa raggiunta dal ricorrente in Italia, il tribunale non ha valorizzato questi aspetti in relazione al diritto al rispetto della vita privata e familiare ex art. 8 CEDU, ma ha ancorato il diniego del “permesso di soggiorno per motivi umanitari” all’impossibilità di uno scrutinio positivo sulla “pre-condizione della vulnerabilità” a causa dei rilevati “dubbi sulla credibilità ed autenticità del racconto”.

3.4. Al contrario, questa Corte ha più volte affermato che il giudizio di inattendibilità espresso ai fini della protezione internazionale non preclude ex se la valutazione della protezione umanitaria (ex multis, Cass. 2960/2020, 8020/2020, 7985/2020, 10922/2019), potendo influire su quest’ultima solo ove le circostanze ritenute non credibili esauriscano il quadro fattuale sulla cui base deve effettuarsi il riscontro di una situazione di vulnerabilità individuale (Cass. 1040/2020, 23778/2019), poiché la natura residuale e atipica di tale forma di protezione comporta che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione internazionale (Cass. 21123/2019, 7622/2020).

3.5. D’altro canto, con riferimento alla stessa normativa sulla protezione umanitaria (anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018), questa Corte ha precisato che “occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia. Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese d’origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi d’origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare, sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del T.U. cit., art. 5, per riconoscere il permesso di soggiorno” (Sez. U, 24413/2021).

4. Il decreto impugnato va quindi cassato con rinvio al Tribunale di Perugia, in diversa composizione, per un riesame delle domande proposte alla luce dei principi sopra richiamati, oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2022

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