Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 362 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 362 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CRISTIANO MAGDA

SENTENZA

sul ricorso 30171-2011 proposto da:
COMUNE DI ORVINIO (c.f. 00109530576), in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA AZUNI 9, presso l’avvocato DE CAMELIS

Data pubblicazione: 10/01/2014

PAOLO, che lo rappresenta e difende, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
contro

1561

PANTANO

ANTONIO

(c.f.

PNTNTN38M25L781Y),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

1

FERRARI 11, presso l’avvocato TIRONE MASSIMO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BOZZA ALESSANDRO, giusta procura speciale per
Notaio dott. FABRIZIO BISSI di ROMA – Rep.n. 12182
del 1.10.2013;

contro

PANTANO FIORELLA;
– intimata –

Nonché da:
PANTANO

FIORELLA

(c.f.

PNTFLL41A66B157B),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BASSANO DEL
GRAPPA 24, presso l’avvocato COSTA MICHELE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GRAZIANI LUCA, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controrícorrente e ricorrente incidentale
contro

COMUNE DI ORVINIO, PANTANO ANTONIO;

– controricorrente –

– intimati –

avverso la sentenza n. 4617/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 03/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 23/10/2013 dal Consigliere
Dott. MAGDA CRISTIANO;

2

udito, per il ricorrente, l’Avvocato DE CAMELIS
PAOLO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente PANTANO ANTONIO, gli
Avvocati TIRONE MASSIMO e BOZZA VENTURI (con delega
verbale) che hanno chiesto il rigetto del ricorso;
per

incidentale,

la

controricorrente e

ricorrente

l’Avvocato COSTA MICHELE che ha

chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione del
ricorso

principale,

dell’incidentale.

inammissibilità

udito,

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Orvinio propose ricorso per la cassazione della sentenza emessa
1’8.5.2000 dalla Corte d’appello di Roma che, nel giudizio promosso da Edoardo
Pantano per ottenere il pagamento di quanto ancora dovutogli, a titolo di revisione
prezzi, per l’esecuzione di lavori d’appalto che gli erano stati commissionati nel

oltre agli interessi, calcolati ai sensi degli artt. 35 e 36 del d.P.R. n. 1063/62,dal
marzo del 1997 al saldo effettivo.
Questa Corte accolse il motivo di ricorso con il quale l’ente locale aveva lamentato
che gli interessi sul capitale fossero stati riconosciuti nella misura prevista dal citato
d.P.R., la cui disciplina era stata estesa agli appalti stipulati dagli enti pubblici diversi
dallo Stato solo con l’entrata in vigore della I. n. 700/74, e cassò per tale parte la
decisione impugnata, rinviando la causa al giudice a quo.
La Corte d’appello di Roma, investita nuovamente della decisione quale giudice del
rinvio, con sentenza del 3.11.2011 ha affermato che, una volta esclusa l’applicazione
delle norme speciali, doveva essere accolta la domanda, proposta dal Pantano sin
dall’atto introduttivo del giudizio ed assorbita dalla statuizione annullata, di
riconoscimento del maggior danno di cui all’art. 1224, II comma c.c.; ha pertanto
rivalutato l’importo capitale spettante all’appaltatore in base agli indici ISTAT-costo
della vita e, detratti gli acconti già corrisposti, ha condannato il Comune al
pagamento della somma di € 237.424,82 in favore di Fiorella ed Antonio Pantano,
figli ed eredi di Edoardo, costituitisi in giudizio dopo la morte del loro genitore.
La sentenza è stata impugnata dal Comune di Orvinio con ricorso per cassazione
affidato a tre motivi, cui gli eredi Pantano hanno resistito con separati controricorsi.
Fiorella Pantano ha anche proposto ricorso incidentale condizionato.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1)Va preliminarmente respinta l’eccezione sollevata dal ricorrente di tardività, e di

lontano 1966, lo aveva condannato al pagamento della somma di £ 148.340.431

conseguente inammissibilità, del controricorso di Antonio Pantano, spedito per la
notifica alla controparte il 21.1.2012 e dunque entro il termine di 20 giorni di cui
all’art. 370 c.p.c., che — tenuto conto che il ricorso gli era stato notificato il 12.12.011
e che il 1° gennaio è giorno festivo- scadeva il 22 gennaio.
2) Con il primo motivo di ricorso il Comune di Orvinio lamenta violazione dell’art. 394

d’appello cassata lo aveva condannato al pagamento della somma di £
148.340.431, calcolata sino al marzo del 1997, oltre agli interessi al tasso
determinato con decreti ministeriali (ai sensi degli artt. 35 e 36 del d.P.R. n. 1063/62)
dal marzo ’97 al saldo effettivo e che, in esecuzione di tale sentenza, esso ha già
versato agli eredi Pantano la somma di € 103.453,28. Deduce che il giudice del
rinvio ha gravemente errato nel condannarlo alla corresponsione dell’ulteriore,
cospicuo importo di € 237.424,82, atteso che, in assenza dell’impugnazione
incidentale della parte parzialmente vittoriosa, la decisione del giudice non può
essere più sfavorevole nei confronti dell’impugnante di quanto non sia stata la
sentenza oggetto di gravame e non può dare luogo ad una reformatio in peius della
parte della decisione non interessata dall’impugnazione.
2)Col secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 324, 394 c.p.c. e 2909 c.c,
il ricorrente deduce che la domanda ex art. 1224 II comma c.c., il cui mancato
accoglimento non era stato oggetto di impugnazione incidentale da parte degli eredi
Pantano, non poteva tornare in discussione nel giudizio di rinvio, in quanto la
statuizione di rigetto era coperta da giudicato interno.
I motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati,
sono infondati e devono essere respinti.
Va in primo luogo rilevato, che contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la
prima sentenza d’appello aveva accolto la domanda di risarcimento del maggior
danno da ritardo svolta dal Pantano.
Va in proposito ricordato che, una volta che la parte abbia enunciato i fatti costitutivi

c.p.c. e del principio generale di divieto di reformatio in peius. Rileva che la sentenza

della propria pretesa, spetta al giudice di qualificare la domanda e di verificare se
essa possa essere accolta sulla base delle circostanze allegate, anche se per
ragioni di diritto diverse da quelle illustrate.
Tanto è accaduto nel caso di specie: il primo giudice d’appello aveva infatti
riconosciuto il danno da ritardo, sia pur ritenendo, erroneamente, di doverlo

di uno dei criteri equitativi (fra cui la rivalutazione monetaria) adottabili ai sensi
dell’art. 1224 II comma c.c., attraverso l’attribuzione degli interessi moratori nella
misura prevista dalle norme (a carattere speciale e sostitutivo della disciplina
generale) di cui agli artt. 35 e 36 del d.P.R. n. 1063/62; interessi che, come
espressamente specificato dal terzo comma dell’art. 35, sono comprensivi del
risarcimento del danno contemplato dalla disposizione codicistica (Cass. nn.
19960/011, 9747/05, 6043/98).
Gli eredi Pantano, che avevano visto riconoscere il diritto azionato dal loro dante
causa e che non potevano ritenersi parti soccombenti rispetto alla domanda
risarcitoria solo perché la corte territoriale l’aveva accolta ai sensi di una disposizione
di legge diversa da quella invocata, non erano tenuti, pertanto, ad impugnare la
sentenza, in via di ricorso incidentale condizionato, per poter continuare a far valere
la pretesa da essa discendente anche nel caso, verificatosi, di annullamento della
pronuncia loro favorevole, atteso che la sua fondatezza avrebbe comunque dovuto
essere valutata dal giudice del rinvio sotto il profilo di diritto non considerato dal
primo giudice d’appello perché assorbito dalla statuizione cassata.
Ne consegue che, rispetto alla domanda di risarcimento del danno da ritardo, non
poteva operare il divieto di reformatio in peius, che, come riconosciuto dallo stesso
ricorrente, trova applicazione in fattispecie, diversa da quella in esame, in cui la
parte solo parzialmente vittoriosa abbia prestato acquiescenza alla decisione: è in
tale ipotesi, infatti, che non è consentito al giudice del rinvio di emettere una
pronuncia più sfavorevole al ricorrente per cassazione di quanto non lo sia stata la

liquidare, anziché – secondo quanto era stato richiesto dall’appaltatore- sulla scorta

sentenza impugnata.
Va aggiunto che la doglianza avanzata a riguardo dal Comune si fonda
sull’assiomatico assunto che il giudice del rinvio, rivalutando alla data della decisione
(ottobre 2011) la somma capitale ancora spettante all’appaltatore, abbia liquidato il
danno da ritardo in misura superiore a quella stabilita nella prima sentenza d’appello,

lunga durata del giudizio conseguita alla cassazione della predetta sentenza né,
tantomeno, del mancato integrale pagamento, medio tempore, di quanto loro dovuto)
per poter giungere a tale conclusione si sarebbe dovuto dimostrare che, calcolando
sulla somma di £ 148.340.431 gli interessi, nella misura stabilita dagli artt. 35 e 36
del d.P.R. n. 1063/62, dal marzo del ’97 alla medesima data (owero per ulteriori 14
anni e cinque mesi), con detrazione degli acconti ricevuti dai creditori secondo le
imputazioni previste dagli artt. 1193/94 c.c., si sarebbe pervenuti ad un importo
globale del credito residuo inferiore a quello di € 237.424,82 riconosciuto nella
sentenza impugnata.
3)Con il terzo motivo il ricorrente lamenta che la domanda svolta ai sensi dell’art.
1224 II comma c.c. sia stata ritenuta fondata dalla corte territoriale, in via presuntiva,
in base alla mera considerazione della qualità di imprenditore commerciale di
Edoardo Pantano, senza tener conto che gli eredi di questi non avevano provato di
svolgere attività di impresa né avevano allegato ulteriori elementi di fatto idonei a
dimostrare l’esistenza e l’entità del pregiudizio subito.
Deduce, sotto altro profilo, che il giudice ha liquidato il danno in base ad astrusi
conteggi, effettuati d’ufficio ed enunciati per la prima volta nella sentenza, con palese
violazione del principio del contraddittorio.
Entrambe le censure nelle quali si articola il motivo vanno dichiarate inammissibili.
La prima attiene ad una questione, implicante accertamenti in fatto, che non é stata
sollevata dal Comune nel corso del giudizio di rinvio e che risulterebbe, peraltro,
preclusa dal giudicato interno formatosi in ordine al diritto degli eredi Pantano ad

laddove risulta evidente che (non potendo farsi carico agli eredi Pantano della più

ottenere il ristoro del danno da ritardo nell’identica misura in cui questo sarebbe stato
riconosciuto al loro dante causa qualora non fosse deceduto: diritto già accertato dal
primo giudice d’appello (allorché aveva condannato l’ente committente al pagamento
degli interessi di cui agli artt. 35 e 36 del Capitolato generale 00.PP. da una data
successiva a quella della morte di Edoardo Pantano e sino al saldo effettivo), con

cassazione.
La seconda è invece palesemente generica, in quanto non precisa a quali diversi
criteri la corte del merito avrebbe dovuto attenersi per calcolare il danno, non
chiarisce perché detti criteri avrebbero dovuto essere previamente illustrati alle parti
né specifica in qual modo il diritto di difesa del ricorrente sia stato pregiudicato dalla
supposta omissione del giudice.
Il rigetto del ricorso comporta l’assorbimento della (peraltro inammissibile) domanda
restitutoria svolta dal Comune e del ricorso incidentale condizionato di Fiorella
Pantano.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e
condanna il Comune di Orvinio al pagamento delle spese processuali, che liquida in
€ 15.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna
delle parti controricorrenti.
Roma, 23 ottobre 2013.

statuizione non impugnata sullo specifico punto dal Comune con il ricorso per

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